I temi di NT+Le ultime sentenze

Servizio idrico: per gli importi contestati l’onere della prova è ripartito tra gestore e utente

Ribadito che il canone di depurazione è dovuto solo ove sia prestato il servizio e il termine prescrizionale è breve nel caso di fatturazione periodica

immagine non disponibile

di Fabrizio Plagenza

Con la sentenza 1321 depositata il 5 luglio 2022, il Tribunale di Cosenza si è pronunciato su una questione che assume sempre rilevanza in ambito condominiale ed, in generale, in materia consumeristica. Il Codice del Consumo (Dlgs 205/2006) e la tutela di maggior favore in capo al consumatore, presentano, anche in questo caso, effetti dirimenti per la controversia definita dalla sentenza 1321/22. Torna in auge il principio ormai di applicazione ultra decennale, secondo cui il canone di depurazione, quale costo/corrispettivo, è dovuto solo ove sia prestato il servizio e viene ribadito il termine prescrizionale breve nel caso di fatturazione periodica.

I fatti di causa

Un condomino citava in giudizio il Comune, chiedendo che fosse accertata la nullità del sollecito di pagamento ricevuto, con cui era stato richiesto il pagamento della somma di euro 7.750,68 per canoni idrici relativi agli anni 2013, 2014, 2015 e 2016. A fondamento della domanda deduceva che, prima di tale sollecito, non era pervenuta al condominio alcuna richiesta di pagamento; che i «consumi riportati nell'atto apparivano esagerati e sproporzionati» rispetto all'utilizzo delle singole unità immobiliari, gravando sul somministrante l’onere di provare che il s istema di rilevazione dei consumi ed il contatore fossero perfettamente funzionanti; eccepiva, inoltre, la genericità della richiesta di pagamento, al punto da non poter comprendersi se le somme richieste contenessero anche «costi relativi alla fognatura e alla depurazione, non dovuti, in quanto l'amministrazione era sprovvista di impianti centralizzati».

Si costituiva in giudizio il Comune il quale rilevava che le richieste di pagamento precedenti il sollecito erano state inviate tramite il servizio postale. Che, tuttavia, tali bollettini di pagamento non sarebbero mai stati recapitati ma che, in ogni caso, fosse onere del condominio attivarsi per accertare le ragioni del mancato recapito annuale delle fatture del consumo idrico. Insisteva sostenendo che «gravava sul somministrante solo l'onere di provare che il sistema di rilevazione fosse perfettamente funzionante, mentre il somministrato aveva l'onere di provare l'eccessività dei consumi; che le somme richieste in forza del sollecito corrispondevano ai consumi effettivi riferiti al condominio».

Il pagamento dei soli consumi idrici

Effettivamente, nel corso del giudizio, il Comune, «a seguito della contestazione sollevata dall'opponente circa la mancanza di allaccio alla rete centralizzata degli impianti di fognature e depurazione, produceva provvedimento di discarico, in forza del quale veniva stornata dal sollecito di pagamento la somma di 4.297,06, relativa a tali competenze». Chiedeva, quindi, la condanna del condominio al pagamento dei soli consumi idrici, per l'importo di 3.453,62.La causa, pertanto, aveva ad oggetto una domanda di accertamento negativo del credito proposta dal condominio.

In materia, si osserva che, secondo la più recente e condivisibile giurisprudenza di legittimità, il prezzo della somministrazione da parte di un ente fornitore del servizio, che venga pagato annualmente o a scadenze inferiori all’anno, in relazione ai consumi verificatisi per ciascun periodo, configura una prestazione periodica e deve pertanto ritenersi incluso nella previsione dell’articolo 2948 n. 4 Codice civile, con la conseguenza dell’assoggettamento alla prescrizione breve quinquennale del corrispondente credito (Cassazione 6209/1999).

La prescrizione quinquennale

Con specifico riferimento al canone per l'acqua, si legge nella sentenza 1321/2022, le Sezioni unite della Cassazione hanno espresso il principio secondo cui il diritto dell’amministrazione concedente ad ottenere il pagamento del relativo canone trova il proprio fondamento nel legittimo prelievo dell’acqua, di cui il canone costituisce il corrispettivo. Pertanto, poiché quest’ultimo integra una prestazione periodica, il diritto al relativo pagamento è soggetto a prescrizione quinquennale ai sensi dell’articolo 2948, n. 4), decorrente singolarmente da ogni scadenza del periodo di commisurazione del canone stesso.

Il riparto dell’onere della prova

Passando all'esame del merito, il giudice calabrese, preso atto che, a seguito della contestazione sollevata dal condominio circa la mancanza di allaccio alla rete centralizzata degli impianti di fognature e depurazione, il Comune aveva prodotto il provvedimento di discarico parziale, in forza del quale era stata stornata dal sollecito di pagamento la somma relativa a fognatura e depurazione, si soffermava sulle ulteriori contestazioni.

Il giudice ribadiva il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, secondo cui, «in tema di contratti di somministrazione, la rilevazione dei consumi mediante contatore è assistita da una mera presunzione semplice di veridicità sicché, in caso di contestazione, grava sul somministrante, anche se convenuto in giudizio con azione di accertamento negativo del credito, l’onere di provare che il contatore era perfettamente funzionante, mentre il fruitore deve dimostrare che l’eccessività dei consumi è dovuta a fattori esterni al suo controllo e che non avrebbe potuto evitare con un’attenta custodia dell’impianto, ovvero di aver diligentemente vigilato affinché eventuali intrusioni di terzi non potessero alterare il normale funzionamento del misuratore o determinare un incremento dei consumi» (tra le altre Cassazione 19154/2018).

Inoltre, in forza del principio di vicinanza della prova, «spetta all’utente contestare il malfunzionamento del contatore - richiedendone la verifica - e dimostrare l’entità dei consumi effettuati nel periodo» (avuto riguardo al dato statistico di consumo normalmente rilevato in precedenti bollette e corrispondente agli ordinari impieghi di energia); «incombe, invece, sul gestore l’onere di provare che lo strumento di misurazione è regolarmente funzionante e, in questo caso, l’utente è tenuto a dimostrare che l’eccessività dei consumi è imputabile a terzi e, altresì, che l’impiego abusivo non è stato agevolato da sue condotte negligenti nell’adozione di misure di controllo idonee ad impedire altrui condotte illecite» (Cassazione 297 /2020).