Si può specificare in dettaglio il divieto di avvicinamento al condominio per lo stalker
Precisare le modalità avvantaggia lo stesso condannato perchè rende certa l'estensione del divieto a cui è stato assoggettato
La giurisprudenza (Cassazione 13433/2022) riconosce il reato di stalking (articolo 612 bis Codice penale) nella condotta del condòmino che , con il suo atteggiamento persecutorio , provoca nei vicini uno stato di ansia, di paura e di grave timore, per l'incolumità propria e dei familiari, di tale entità da fare cambiare loro lo stile di vita. Le conseguenze per il reo della commissione del reato sono particolarmente gravi perché il giudice , al fine di interrompere la progressione criminosa e per evitare la reiterazione del reato, può comminargli una misura cautelare specifica.
La stessa (articolo 282 bis e 282 ter Codice procedura penale) può consistere nell'allontanamento dal condominio e nel divieto di avvicinarsi ad una certa distanza dallo stesso o dalle persone offese . Se il soggetto attinto da tale misura cautelare la viola , il giudice, a seguito della richiesta del pubblico ministero, può aggravarla (articolo 299 Codice procedura penale) con quella degli arresti domiciliari o , nei casi più gravi, della custodia cautelare in carcere. Si adotta tale procedura per evitare che alla denuncia segua la vendetta del soggetto denunciato , mediante il compimento di efferati delitti nei confronti della persona offesa.
Il caso trattato
Un condòmino era stato attinto dalla ordinanza del Tribunale di riesame dalle due misure cautelari dell'allontanamento dal condominio e del divieto di avvicinarsi ad una certa distanza dallo stesso o dalle persone offese , in riferimento al reato di atti persecutori commesso in danno dei condòmini. Il Tribunale limitava il divieto imposto all'imputato di avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati dalle persone offese ad un solo condominio, determinando in metri 500 la distanza che il medesimo doveva tenere dal sito e dalle persone offese.
Il soggetto ricorreva in Cassazione lamentando l'ingiustizia dell'ordinanza, perché aveva riformato in senso peggiorativo l'ordinanza del giudice, in quanto aveva aumentato la distanza che lo stesso doveva tenere dal condominio e dalle persone offese e perché affermava la cessazione del pericolo di turbare la vita condominale.
La sentenza della Cassazione
La Suprema corte (sentenza 13452/2022) rigettava il ricorso e condannava il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Il giudice di legittimità affermava la piena cognizione del Tribunale , quale giudice di appello, a conoscere la vicenda sottoposta al suo giudizio. Pertanto il Tribunale , quale giudice del fatto, non ha contravvenuto al divieto di peggioramento della decisione: se è vero che l'ordinanza del giudice non ha indicato una distanza di rispetto, non significa che il giudice di appello , nel determinarla , abbia agito in detrimento dell'imputato, rendendola più gravosa.
Per la Corte , invece, il Tribunale ha favorito il ricorrente, perché ha determinato la misura a cui doveva attenersi. Invece il giudice , nel non averla indicata, aveva reso la prescrizione impossibile da eseguire , poiché per il violatore non era consentito esercitare la sua libertà di movimento, senza violarla. L'ordinanza del Tribunale ha avvantaggiato il ricorrente, poiché ha modificato l'ordinanza in senso più favorevole , rendendo certa l'estensione del divieto a cui il ricorrente è stato assoggettato. La Cassazione riteneva sussistente la permanenza del pericolo di reiterazione del reato , in quanto le osservazioni del ricorrente erano generiche e riguardavano solo aspetti marginali della sua condotta persecutoria.
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