Condominio

Stalking condominiale, il termine finale di consumazione è la sentenza di primo grado

Nel caso trattato le minacce erano avvenute anche durante il dibattimento

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di Giulio Benedetti

La convivenza all'interno dei condòmini a volte è minacciata da condotte criminose che superano i normali limiti dell'intollerabilità , tanto è vero che la dottrina e la giurisprudenza trattano il problema dello stalking condominiale , previsto dall'articolo 612 bis Codice penale. La Cassazione nella sentenza 7768/2022 ha riassunto i termini della questione elaborando dei principi giuridici.

Il caso trattato
Un condòmino ricorreva avverso la sentenza che lo aveva condannato, anche al risarcimento dei danni, per il reato di atti persecutori commesso in danno di due vicini. Il condòmino era stato ritenuto responsabile del reato in quanto aveva ripetutamente molestato , minacciato , aggredito verbalmente e fisicamente le vittime, tentando di investirne una con l'automobile, in ragione di dissidi sorti per liti condominiali e poiché aveva cagionato ai vicini un grave e perdurante stato di ansia e di timore per la loro incolumità ed una significativa mutazione delle abitudini di vita. Il ricorrente lamentava l'ingiustizia della sentenza per l'omessa motivazione e perché il reato era prescritto.

La sentenza della Cassazione
Il giudice di legittimità dichiarava inammissibile il ricorso e condannava il ricorrente a pagare le spese di giudizio alla parte civile e euro 3.000 alla cassa delle ammende. In primo luogo la Corte suprema affermava che le è preclusa la rilettura dei fatti posti a fondamento della sentenza e l'autonoma valutazione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione dei fatti e non ravvisava alcuna manifesta illogicità nella motivazione della sentenza impugnata in quanto :
- il clima persecutorio instaurato dal ricorrente nel condominio , con riguardo alle minacce gravi subite dalle persone offese, era avvalorato dalla circostanza che lo stesso si aggirava nelle aree condominiali brandendo una mazza da baseball, come attestato delle fotografie acquisite nel giudizio;
- la dimostrazione dello stato di ansia e di paura era ricavabile dalle dichiarazioni delle persone offese e dai loro comportamenti tenuti a seguito delle minacce del ricorrente e dai referti medici e dalla consulenza medico legale;
- l'idoneità del comportamento del ricorrente a cagionare lo stato di ansia dei vicini era sufficientemente descritta dalle loro deposizioni , senza che fosse necessaria una sua accurata descrizione .

Nessuna prescrizione
La Cassazione ha escluso che il reato sia prescritto per le seguenti ragioni :
- l'abitualità del delitto di atti persecutori , quando la condotta è contestata con struttura aperta, determina il termine finale di consumazione in quello della pronuncia della sentenza di primo grado;
- fino alla pronuncia della sentenza di primo grado è consentita l'estensione dell'imputazione delle condotte, frutto della reiterazione criminosa , realizzate dopo l'esercizio dell'azione penale (Cassazione 17100/2019);
- l'articolo 612 bis Codice penale ha natura abituale di evento che è il risultato della condotta persecutoria nel suo complesso;
- le condotte persecutorie diverse e ulteriori rispetto a quelle descritte nell'imputazione devono formare oggetto di specifica contestazione (sentenza 45776/20210) nel corso del dibattimento.

Conclusioni
Nel caso trattato il Pubblico ministero, nel corso del giudizio di primo grado, sulla base di quanto dichiarato dalle vittime, contestava al ricorrente ulteriori condotte minacciose e persecutorie commesse durante il dibattimento. Tali dichiarazioni , oltre a spostare l'epoca del reato, che pertanto non era prescritto, rafforzava nel giudice il convincimento del perdurare delle condotte di stalking nei confronti delle vittime. Invero il giudice dava atto nel verbale della necessità di disporre un rinvio a breve termine dell'udienza, stante la pericolosità delle condotte ancora in atto da parte dell'imputato.

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