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Superbonus al 90% e altri sconti sui lavori: vantaggi da ricalcolare

 L’installazione dei pannelli fotovoltaici è premiata sia dal superbonus sia dalla detrazione del 50%

di Cristiano Dell’Oste e Giuseppe Latour

Cambiano gli equilibri tra i bonus casa. Dopo due anni in cui il superbonus è stato la prima scelta indiscussa, la manovra e il decreto Aiuti-quater impongono di rifare i calcoli di convenienza per il periodo 2023-25.

Chi è riuscito a prenotare il superbonus nella versione al 110%, deve senz’altro cercare di pagare tutte le spese entro il termine di legge. Che significa 31 marzo 2023 per i possessori delle villette (case unifamiliari e unità indipendenti). Oppure 31 dicembre 2023 per i condomìni e gli edifici da due a quattro unità di un unico proprietario; in questi casi – diversamente dalle villette – c’è anche la possibilità di avere il superbonus nel 2024 (al 70%) e nel 2025 (al 65%), ma è chiaro che si tratta di una magra consolazione per chi punta al 110 per cento.

Superbonus o no

Al contrario, chi non ha diritto al superbonus al 110% – ad esempio perché oggi non ha ancora avviato i lavori – dovrà farsi bene i conti. Districandosi in un quadro a dir poco ingarbugliato: nove agevolazioni diverse, spesso con percentuali, scadenze e importi massimi variabili (si vedano le schede in pagina). A complicare le cose c’è poi il fatto che molti lavori possono beneficiare, con piccoli aggiustamenti, di agevolazioni diverse: dal cambio delle finestre al fotovoltaico, fino all’abbattimento delle barriere architettoniche.

1 L’accesso all’incentivo. Il primo elemento da verificare è se si ha ancora la possibilità di intercettare il superbonus aprendo un cantiere quest’anno. Per i condomìni, i piccoli edifici di un unico proprietario e gli enti del Terzo settore, non ci sono condizioni particolari da rispettare e il superbonus è al 90% nel 2023 per poi scendere al 70% nel 2024 e al 65% nel 2025.

Per i proprietari di villette, invece, il 90% spetta solo nel 2023 e solo a patto di rientrare in requisiti molto stringenti, tra cui l’uso della casa come abitazione principale e un reddito di riferimento non oltre 15mila euro, calcolato con un inedito quoziente familiare.

2 Il calendario. Anche avendo le carte in regola per beneficiare del superbonus, bisogna analizzare bene il fattore tempo.

L’esperienza degli ultimi anni, con lungaggini nelle consegne di qualsiasi materiale, insegna che i ritardi vanno sempre messi in conto. E uno sconfinamento nel 2024 non è certo impossibile, soprattutto nei cantieri più grandi. A seconda del tipo di lavoro, in certi casi potrebbe essere più vantaggioso puntare su una detrazione meno ricca, ma garantita senza riduzioni per un periodo più lungo: basta pensare al sismabonus ordinario, che può valere fino all’85% ed è già confermato fino a fine 2024; o al bonus per la rimozione delle barriere architettoniche al 75%, prorogato fino a fine 2025 dalla manovra e utilizzabile per un ventaglio molto ampio di lavori.

3 I requisiti specifici. Il superbonus in versione “eco” richiede un doppio salto di classe energetica dell’edificio. Se non si hanno in programma ristrutturazioni molto pesanti, si potrebbe virare su lavori più “leggeri”, meno costosi, meno burocratizzati e agevolati da detrazioni un po’ meno ricche. Ad esempio, il cappotto termico in condominio può avere fino al 75% con l’ecobonus potenziato, ed è già prorogato per tutto il 2024.

Allo stesso modo, il superbonus presuppone dei requisiti molto specifici per gli immobili che accedono all’agevolazione. Basti pensare ai grandi limiti fissati per gli immobili non residenziali (quasi sempre esclusi) o alla rilevanza che hanno alcune caratteristiche degli edifici ristrutturati: negli ultimi anni diversi contribuenti hanno frazionato edifici unifamiliari per rientrare nel superbonus sfruttando le regole sugli edifici da due a quattro unità. Oggi potrebbe non valere più la pena di lanciarsi in questo tipo di operazioni, soprattutto in casi borderline.

Di certo ci sarà anche la tendenza ad alleggerire i piani di opere rispetto al passato recente. Il 110% ha spinto ad ampliare molti cantieri («tanto paga lo Stato», si diceva). Con il 90% – o una detrazione più bassa – è inevitabile cambiare logica; anche perché una parte della spesa rimane a carico del contribuente, che spesso dovrà anche anticiparla per intero.

IL QUADRO DELLE REGOLE 2023-25

Cessione in bilico

Inutile nascondersi: oggi, a differenza di un anno fa, la cessione del credito e lo sconto in fattura non possono essere dati per certi. Anzi, chi programma i lavori farà bene a ragionare come se non ci fossero, a meno di avere un privato disposto ad acquistare il bonus (ad esempio, un parente che possiede una società fiscalmente capiente). Il mercato degli intermediari è, adesso, ancora bloccato. Qualcosa potrebbe rimettersi in moto nei prossimi mesi, per effetto delle ultime modifiche assestate da Governo e Parlamento, ma le incognite sono moltissime. Impensabile, allora, fare un salto nel buio e utilizzare lo schema usato in passato nei condomìni, quando i singoli proprietari avviavano il cantiere contando su una cessione futura alla banca.

Questo scenario favorisce sicuramente i bonus minori, perché il superbonus da recuperare in quattro anni sotto forma di detrazione – anche ridotto al 90% – rischia di generare rate così pesanti che pochi contribuenti hanno un’Irpef capace di accogliere. Come dire: il vecchio bonus del 50% a recupero decennale soffre l’impatto dell’inflazione, ma almeno non va sprecato. Se poi fosse una detrazione del 65% in dieci rate o del 75% in quattro rate, la convenienza sarebbe ancora maggiore.