Fisco

Superbonus, aumentano le somme sequestrabili

di Giuseppe Latour e Giovanni Parente

Il perimetro dei crediti e delle somme sequestrabili si amplia. Il congelamento, infatti, potrà riguardare non soltanto i bonus, ma anche il profitto del reato, derivato dalla commercializzazione delle agevolazioni. A stabilirlo è una sentenza della seconda sezione della Cassazione penale (n. 37138), depositata pochi giorni fa.

La decisione allunga l’elenco, già molto nutrito, delle sentenze nelle quali viene analizzato il tema dei sequestri di crediti fiscali al centro di presunte truffe. In questo caso, i ricorrenti erano stati ritenuti responsabili «di aver costituito un sodalizio criminale che, per il tramite di società» operanti nel settore dell’edilizia, nonché di esperti professionisti, «certificava, ricorrendo a documentazione falsa, lavori di ristrutturazione aventi ad oggetto il miglioramento energetico e l’adeguamento antisismico eccedenti il reale valore di quelli effettivamente eseguiti onde accedere ai benefici statali rientrati nell’agevolazione del superbonus».

Da qui nasceva il sequestro che, a differenza di quanto è stato solitamente disposto in questi mesi, non riguardava solo i crediti fiscali (congelati anche nei cassetti fiscali degli acquirenti) ma anche il profitto delle truffe, quantificato in questo caso in una somma pari a circa 2,6 milioni. Proprio questo punto è stato contestato in un ricorso arrivato in Cassazione.

La sentenza, però, conferma la legittimità del sequestro. E spiega che «l’ordinanza impugnata ha correttamente evidenziato che all’illecita operazione contestata all’indagato si ricolleghi, sotto un diverso profilo, sia il sequestro del credito di imposta generato illecitamente» che «il sequestro preventivo per equivalente del successivo profitto che dalla cessione di tale credito è stato realizzato nel patrimonio dell’indagato e nelle società coinvolte». Quindi, «la commercializzazione del credito ottenuto illecitamente può sicuramente essere oggetto di sequestro».

A questo proposito, già dal 1996 le Sezioni Unite della Cassazione hanno spiegato che «in tema di confisca, il prodotto del reato rappresenta il risultato, cioè il frutto che il colpevole ottiene direttamente dalla sua attività illecita; il profitto, a sua volta, è costituito dal lucro, e cioè dal vantaggio economico che si ricava per effetto della commissione del reato».

Quindi, prodotto e profitto sono due elementi diversi. Il prodotto è il risultato dell’azione criminosa, «ovvero la cosa materiale creata, trasformata o acquisita mediante l’attività delittuosa, che con quest’ultima abbia un legame diretto e immediato»: quindi, in casi del genere il credito fiscale. Il profitto comporta invece «un accrescimento del patrimonio dell’autore del reato ottenuto attraverso l’acquisizione, la creazione o la trasformazione di cose suscettibili di valutazione economica, corrispondente all’intero valore delle cose ottenute attraverso la condotta criminosa: quindi, si tratta del vantaggio economico legato alla commercializzazione dei crediti fiscali.

Conclude, quindi, la Cassazione che «è del tutto evidente che si può procedere al sequestro o alla confisca sia del prodotto che del profitto del reato, dovendo identificarsi, nel caso in esame, il prodotto nel credito illecitamente creato ed il profitto nella cessione dello stesso». In questo modo, però, si amplia il perimetro delle somme e dei crediti fiscali sequestrabili nel corso di un’indagine.

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