Condominio

Teleassemblee: intervista a Pierantonio Lisi su maggioranze e ruolo di presidente e segretario

Il docente propenderebbe per la temporaneità delle previsioni che invece sono destinate a restare valide anche a pandemia cessata

di Francesco Schena

Il tema dell'assemblea in videoconferenza ha generato un interesse ed un dibattito tra gli addetti ai lavori e i commentatori pari a quelli avuti per il noto super bonus del 110%, anche in considerazione, verosimilmente, delle strette connessioni proprio con l'avvertita esigenza operativa di avviamento dei cantieri. Gli aspetti più rilevanti della norma sono certamente:
-la preliminare raccolta del consenso unanime da parte dei condomini;
-la codificazione delle figure del segretario e del presidente;
-la redazione e la trasmissione del verbale dell'assemblea riunitasi in videoconferenza.

Punti trattati in una intervista con l'avvocato Pierantonio Lisi, professore aggregato di Diritto civile presso l'Università degli studi di Bari.

Professore, come noto ai più, con la legge 126 dello scorso 13 ottobre il legislatore ha apportato importanti modifiche all'articolo 66 delle Disposizioni attuative al Codice civile, introducendo la possibilità di tenere le assemblee condominiali in videoconferenza. A suo avviso, a mente dell’attuale «previo consenso di tutti i condomini», come potrà muoversi l'amministratore?
È utile premettere che il senso complessivo della norma si coglie più chiaramente se si legge innanzitutto la proposizione principale e si sposta in coda l'inciso. Il risultato è il seguente: «la partecipazione all'assemblea può avvenire in modalità di videoconferenza anche ove non espressamente previsto dal regolamento di condominio, previo consenso di tutti i condomini». Questo semplice accorgimento fa subito balzare agli occhi l'importante portata innovativa della norma. Sebbene in modo involuto, essa dispone che il regolamento di condominio, sempre modificabile con una deliberazione assembleare da approvare con maggioranze non certo proibitive, può disciplinare la partecipazione alle riunioni dell'assemblea in videoconferenza.

La stessa norma, poi, si occupa di un profilo residuale, in linea di principio, ma che assume un rilievo centrale nel contesto di un provvedimento che si occupa dell'emergenza epidemica: l'ipotesi in cui si voglia, o si debba, svolgere una riunione dell'assemblea in videoconferenza, pur in difetto di qualsiasi previsione del regolamento di condominio. Proprio per la difficoltà o l'impossibilità, dovuta alla pandemia, di tenere una riunione in presenza per l'integrazione del regolamento, il legislatore ha predisposto una sorta di surrogato temporaneo della deliberazione: il consenso di tutti i condomini. La norma non ha efficacia limitata al periodo di emergenza Covid, come pure sarebbe stato preferibile, tuttavia il consenso deve ritenersi limitato a una singola riunione.

D'altra parte, per evitare che il problema possa ripresentarsi in futuro, sarà sufficiente inserire all'ordine del giorno di quella riunione l'integrazione del regolamento di condominio sul punto. Occorre rilevare, inoltre, che non è richiesta alcuna forma particolare per la prestazione del consenso, che dunque può essere espresso nei modi più vari. L'amministratore che debba convocare una riunione, quindi, può richiedere a tutti i condomini, anche per e-mail, il consenso alla videoconferenza, indicando la piattaforma che ritiene di utilizzare, fornendo le indicazioni necessarie per l'accesso e descrivendo le modalità di svolgimento della riunione. È bene precisare, infine, che occorre il consenso di tutti i soggetti ai quali sarà indirizzato l'avviso di convocazione, quindi di tutti i comproprietari e, in ragione dell'oggetto della riunione, degli usufruttuari, nudi proprietari, usuari, conduttori. Nel caso in cui, poi, i comproprietari abbiano delegato ad uno di essi l'amministrazione della cosa comune e, quindi, anche la partecipazione alle assemblee di condominio, sarà sufficiente il solo consenso di questo. Occorre, insomma, che tutti coloro che hanno titolo a partecipare alla riunione manifestino il proprio consenso.

La novella introduce, formalmente, le figure del segretario e del presidente ai quali si affidano precise incombenze. Il primo dovrà redigere il verbale e il secondo dovrà firmarlo. Inoltre, sarà necessario che questi provvedano all'invio del verbale all'amministratore e a tutti i condomini, con le stesse formalità previste per la convocazione. Chi, tra i due, avrebbe il precipuo compito dell'invio del verbale? L'amministratore sembra chiaramente una figura estranea a questi adempimenti essendo annoverato tra i destinatari del verbale: cosa accadrebbe se il verbale non arrivasse mai nelle mani dell'amministratore?
In effetti, leggendo la norma, l'amministratore sembra una figura estranea a tutti gli adempimenti connessi allo svolgimento della riunione, alla verbalizzazione e alla comunicazione della deliberazione. Pare che, dopo aver provveduto alla convocazione, possa restare in attesa di ricevere il verbale della riunione sottoscritto dal presidente per aggiornare l'apposito registro. In realtà, però, l'amministratore non può in nessun caso disinteressarsi dello svolgimento della riunione. Quantomeno, infatti, deve porre in condizioni il presidente di verificare la regolare convocazione di tutti gli aventi diritto. Dal suo dovere di tenere il registro dei verbali, poi, si può desumere quello di attivarsi per procurarsi il verbale sottoscritto dal presidente.

La norma in commento pone a carico di soggetti imprecisati il dovere di comunicare il verbale all'amministratore e a tutti i condomini, con le modalità previste per l'avviso di convocazione. Facendo ricorso a strumenti interpretativi che lambiscono la correzione del dato normativo, si può ritenere che disciplini solo la forma delle comunicazion i indicate e non i soggetti tenuti a darvi corso. Si deve supporre, quindi, che il verbale sia trasmesso dal segretario al presidente, il quale lo sottoscrive e, a sua volta, lo invia all'amministratore. Quest'ultimo provvederà alla comunicazione a tutti i condomini. D'altra parte, sarebbe assurdo imporre a semplici condomini il compito di provvedere a detta comunicazione procurandosi l'anagrafe condominiale e anticipando le relative spese, posto che si tratta di un adempimento connesso alla gestione.

Si deve sottolineare, infine, che non appare chiaro se la norma imponga la comunicazione del verbale nelle stesse forme stabilite per l'avviso di convocazione solo per le riunioni in videoconferenza (non se ne vede la ragione) o per tutte le riunioni dell'assemblea. In ogni caso – anche a prescindere dalla disposizione, che non stabilisce alcun termine per questo adempimento – è sempre preferibile che l'amministratore si precostituisca la prova dell'avvenuta comunicazione di tutte le deliberazioni e vi provveda in tempi brevi, in modo che inizi a decorrere il breve termine per l'impugnazione di quelle annullabili.

Un emendamento in sede di conversione del Dl 125, prevede la riduzione del consenso necessario alla videoconferenza alla maggioranza dei condomini in luogo della precedente unanimità. Questa modifica potrebbe portarsi dietro particolari pregiudizi alla validità della videoconferenza autorizzata soltanto da una parte degli aventi diritto alla partecipazione?
Se l'emendamento fosse approvato, ci troveremmo di fronte all'unico caso in cui i condòmini dissenzienti sono costretti a subire una decisione della maggioranza senza avere alcuna occasione di confronto e, quindi, senza nemmeno poter esporre le proprie ragioni nel tentativo di convincere gli altri o proporre modifiche a quanto ci si accinge a decidere.

A mio avviso sono ravvisabili gravi profili di irragionevolezza nella circostanza che la norma sia destinata a operare anche una volta che l'emergenza pandemica sarà superata, in assenza – quindi – di qualsiasi difficoltà o impedimento allo svolgimento di una riunione dell'assemblea in presenza, che assicuri la possibilità per tutti di concorrere alla formazione della deliberazione anche in ordine alla partecipazione alle successive riunioni in videoconferenza. Quanto segnalato è aggravato dal fatto che la maggioranza dei consensi richiesta è quella assoluta dei partecipanti al condominio, la cosìddetta maggioranza delle teste, mentre per la modifica del regolamento di condominio occorre il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti che rappresenti almeno la metà del valore.

Si potrebbe quindi verificare la paradossale situazione per cui, approvata l'integrazione del regolamento di condominio che disciplina lo svolgimento delle riunioni in videoconferenza, il consenso di una diversa maggioranza – che potrebbe non essere sufficiente per la modifica del regolamento – possa derogarvi sulla base di dichiarazioni unilaterali, rilasciate in momenti diversi e senza alcun contraddittorio.

Per concludere, il legislatore nulla dispone circa i requisiti della piattaforma elettronica da utilizzarsi per la videoconferenza. Come valuta questa scelta? Vista la scarsa linearità dell'intervento nel suo complesso, non è escluso che sia la scelta migliore. Resta inteso che se lo strumento prescelto non è in grado di assicurare l'effettiva partecipazione di tutti i condomini alla riunione, le deliberazioni assunte potranno risultare annullabili.

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