Il balcone «aggettante» non è mai un bene comune
Non è comune il balcone aggettante, cioè sporgente rispetto alla verticalità dello stabile. È nulla, quindi, la delibera che ne spartisca le spese di riparazione tra i vari condòmini. Del resto, si tratta di balconi che non hanno una funzione divisoria fra i piani dai quali, da un punto di vista strutturale, sono completamente autonomi. Lo sostiene il Tribunale di Roma con sentenza n. 20202 depositata il 23 ottobre 2018. A citare il condominio, è il proprietario di un appartamento. Motivo dello scontro? La delibera che aveva sancito di dividere per millesimi di appartenenza gli esborsi necessari per alcuni lavori straordinari, incluso il restauro delle facciate e dei balconi.
Scelta illegittima: i balconi in aggetto, a suo avviso, erano privi di valore artistico e, dunque, non potevano ritenersi beni comuni bensì di proprietà esclusiva degli appartamenti cui accedevano. L'assemblea, perciò, non aveva alcun potere deliberativo sulle relative spese di manutenzione. Di qui, la richiesta rivolta al tribunale di dichiarare nulla la delibera o, quantomeno, di annullarla.
In realtà – controbatte il condominio – non si trattava di parti esclusive avendo i frontalini dei balconi e la parte inferiore degli stessi caratteristiche uniformi e una precisa funzione estetica e di decoro, anche senza essere fregiati. Tesi bocciata dal giudice romano che, invece, sancisce la nullità della delibera. Intanto, premette, la decisione impugnata integrava una vera e propria delibera di contenuto precettivo per i partecipanti al condominio. E ciò, aggiunge, anche se all'impegno di spesa non era stato dato un contestuale “via libera” al pagamento.
L'assemblea, infatti, arrivando ad una soluzione adottata a maggioranza, aveva dettato dei criteri di riparto delle somme occorrenti per la manutenzione di parti dell'edificio ben precisi e comunque immediatamente applicabili al momento dell'approvazione della spesa. Così ponendosi, aveva implicitamente affermato la natura comune anche di porzioni-parte dei balconi in aggetto.
Ma, trattandosi di beni non affatto comuni, la delibera era senza dubbio un atto nullo, avendo l'assemblea agito al di fuori dei suoi poteri. In altre parole, erano state fatte delle scelte su criteri di riparto di spese afferenti a beni privati, risultando coinvolte parti di balconi (frontalini e sottobalconi) in totale aggetto rispetto alle linee verticali perimetrali del palazzo e, pertanto, di proprietà esclusiva.
Rilievo che trae conferma anche dalla Corte di cassazione quando ricorda (tra le altre con sentenza 587/2011) che i balconi aggettanti, prolungamenti delle corrispondenti unità immobiliari, appartengono in via esclusiva al proprietario di queste considerato altresì che non hanno funzione divisoria fra i piani e non fungono da copertura del piano inferiore in quanto da un punto di vista strutturale sono del tutto autonomi rispetto agli altri piani, potendo esistere indipendentemente dall'esistenza di altri balconi nel piano sottostante o sovrastante.
E se i balconi aggettanti non sono di proprietà condominiale e non hanno funzione comune ma esclusiva, i collegati oneri di manutenzione andranno posti a carico soltanto dei proprietari dei balconi stessi. Ciò, salvo che non si sia di fronte a balconi – ma non è il caso concreto – che abbiano rivestimenti esterni pregiati o fregi decorativi e ornamentali tesi a conferire allo stabile un profilo estetico più gradevole (Cassazione, sentenza 21641/2017). Ecco che, nella vicenda, non essendo i balconi in questione dotati di particolari connotati tali da renderli pregiati e non potendo dirsi beni comuni, era nulla la delibera che ne decideva il criterio di riparto di spesa.