Condominio

Il conflitto d’interessi in assemblea del delegato non è lo stesso che per il delegante

di Paolo Accoti

La situazione di conflitto d'interessi del delegato non è estensibile al rappresentato aprioristicamente. Con la legge di riforma del condominio (L. 220/2012) e la riformulazione dell'art. 67 disp. att. Cc, si è sancito che ogni condomino può intervenire in assemblea anche a mezzo di rappresentante, munito di delega scritta. Esiste, tuttavia, un limite per cui, se i condomini sono più di venti, il delegato non può rappresentare più di un quinto dei condòmini e del valore proporzionale, fermo restando che ora, per espressa previsione normativa, all'amministratore non possono essere conferite deleghe per la partecipazione a qualunque assemblea.
Ciò posto, la Corte d'Appello di Genova, II Sez. civile, con la sentenza depositata in data 5 Febbraio 2019, chiamata a decidere un giudizio intrapreso prima della predetta riforma (entrata in vigore il 18 Giugno 2013), ha espresso una serie di principi in parte applicabili anche dopo il ricordato intervento legislativo, statuendo, in conformità ai principi giurisprudenziali in materia, come la situazione di conflitto in cui verserebbe il delegato non è astrattamente ampliabile al rappresentato, dovendosi al contrario accertare in concreto se il delegante non fosse a conoscenza di questa condizione di conflitto e, in caso contrario, ammettere che il delegante, all'atto del conferimento della delega abbia effettivamente analizzato anche il proprio interesse, pur nell'ambito della collettività, e lo abbia nondimeno giudicato conforme a quello del delegato.
Fermo restando che, anche nel caso di accertato conflitto di interessi, occorre effettuare la cd. prova di resistenza, vale a dire verificare se il voto espresso dal delegato sia risultato indispensabile per il raggiungimento della maggioranza necessaria per l'approvazione della deliberazione e che, in ogni caso, da un punto di vista strettamente processuale, legittimato attivo risulta esclusivamente il condomino delegante ovvero quello che si ritenga falsamente rappresentato, l'unico che ha la possibilità di far valere eventuali vizi della delega o la carenza di potere del rappresentante.
Con le seguenti motivazione la Corte d'Appello ligure ha rigettato l'appello riguardante l'impugnativa della delibera di condominio proposta da due condòmini, i quali impugnavano il predetto verbale assembleare nella parte in cui l'assemblea aveva confermato l'amministratore di condominio ed aveva approvato a maggioranza l'esecuzione dei lavori di adeguamento dell'impianto ascensore alla normativa sull'abbattimento delle barriere architettoniche.
Gli stessi eccepivano, tra l'altro, la nullità della delibera per mancanza del quorum richiesto dalla legge per la nomina dell'amministratore, atteso che non doveva tenersi conto del voto espresso dal medesimo amministratore in virtù delle deleghe allo stesso conferite da cinque condòmini, e tanto nonostante l'interesse personale portato dall'amministratore in conflitto con quello del condominio.
Il Giudice di secondo grado, come detto, ritiene <<in ogni caso l'impugnazione infondata a fronte del principio ribadito dalla giurisprudenza di legittimità e richiamato dal Tribunale nella motivazione della sentenza impugnata per il quale in caso di conflitto di interessi fra un condomino e il condominio, qualora il condomino confliggente sia stato delegato da altro condomino ad esprimere il voto in assemblea, la situazione di conflitto che lo riguarda non è estensibile al rappresentato aprioristicamente, ma soltanto quando si accerti in concreto che il delegante non era a conoscenza di tale situazione, dovendosi, in caso contrario, presumere che il delegante, nel conferire il mandato, abbia valutato anche il proprio interesse - non personale ma quale componente della collettività - e l'abbia ritenuto conforme a quello portato dal delegato. (Nella specie, Cass., 25.11.04, N.22234 ha cassato la sentenza impugnata che, senza compiere in proposito alcuna specifica indagine, aveva esteso in maniera automatica la situazione di conflitto in cui versava il condomino - amministratore, a quella dei condomini che avevano delegato il primo ad esprimere la loro volontà in ordine alla nomina dell'amministratore). La difesa degli appellanti non ha formulato motivi specifici di censura avverso l'applicazione e/o l'interpretazione da parte del Tribunale del principio di diritto che regola la fattispecie. Quanto poi al fatto che l'amministratore non abbia esibito in assemblea le deleghe di cui si è avvalso per votare, la difesa dell'appellato osserva giustamente che il rapporto tra delegante e delegato è disciplinato dalle regole generali sul mandato, con la conseguenza che solo il condomino delegante o quello che si ritenga falsamente rappresentato sono legittimati a far valere gli eventuali vizi della delega o la carenza di potere del rappresentante, non anche gli altri condomini estranei al rapporto di rappresentanza che nasce dal conferimento del mandato.>>.
Orbene, fatta salva l'immanenza di alcuni principi sopra richiamati, se una siffatta situazione e, in particolare, il conferimento di deleghe in favore dell'amministratore si fosse verificata dopo la riforma, la delibera - ad avviso di chi scrive - sarebbe risultata in ogni caso nulla o, comunque, annullabile.
Ed invero, a prescindere dal fatto che esiste un evidente conflitto di interessi tra condominio e amministratore tutte le volte in cui l'assemblea è chiamata a decidere sulla persona e sull'operato dello stesso, con riguardo alla sua gestione o nel caso di conferma o revoca dell'amministratore (Cass. n. 10683/2002), con la riforma dell'art. 67 disp. att. Cc, il legislatore ha espressamente previsto il divieto di conferimento di deleghe all'amministratore, di talché una delibera adottata in violazione del suddetto articolo risulterebbe quanto meno annullabile, se non addirittura nulla, in considerazione del fatto che tale decisione sembrerebbe esorbitare dalle attribuzioni dell'assemblea.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©