Condominio

Il revisore condominiale si occupa soltanto di contabilità

di Francesco Schena

Il tema della revisione contabile condominiale è talmente grande da ospitare le più opposte e contrarie interpretazioni circa i confini e la morfologia dell'attività peritale di revisione, sia sul piano squisitamente tecnico che su quello giuridico.
Tuttavia, benché il legislatore si sia rivelato piuttosto avaro nella scrittura del nuovo articolo 1130-bis del codice civile, questo non può legittimare visioni eccessivamente aziendalistiche da una parte o esageratamente ottuse dall'altra.
La lettura corretta può stare nel mezzo, tenendo bene a mente sia la natura giuridica dell'ente condominiale, con tutte le sue peculiarità, sia la ratio della nuova norma.
Innanzitutto, occorre che si faccia un distinguo netto e preliminare tra la revisione legale dei conti e la revisione della contabilità condominiale. La prima risponde a perentori quasi prettamente esogeni e tali da toccare, anche significativamente, l'utilità pubblica. La seconda invece, resta confinata nei limiti di un interesse privato e risponde a precise esigenze di trasparenza interna. Questo distinguo porta a riflettere su tutte quelle attività che devono ritenersi debitamente prodromiche, sia nel primo che nel secondo caso.
Mi riferisco, segnatamente, all'analisi dei processi decisionali e amministrativi che muovono alla base di tutti quei fatti giuridici idonei a determinare riverberi sulla contabilità e - se la contabilità è la narrazione tecnica e numerica del fatto giuridico - c'è da chiedersi quale sia il limite di questa indagine a carico delle attività propedeutiche.
L'interrogativo va posto, soprattutto alla luce di diverse interpretazioni sul tema che vogliono il revisore spinto ad analisi assai lontane e scarsamente utili.
In sostanza, cosa dovrà, realmente, essere verificato dal revisore condominiale? Dovrà, e potrà, legittimamente occuparsi della legittimità delle tabelle millesimali? Dovrà, e potrà, legittimamente occuparsi della validità delle deliberazioni alla base di quei fatti che hanno avuto un risvolto contabile? A mio parere la risposta è assolutamente negativa.
Una tesi contraria innescherebbe pericolosi processi di sterilizzazione sia delle precise procedure di impugnazione, sia delle corrette posizioni di legittimazione ad intraprenderli.
E questo lo si legge anche tra le righe della novella quando, consentendo la verifica della contabilità anche per più annualità - con il solo ma lapalissiano limite della mera prescrizione degli interessi ad agire – non può non tenere conto dell'articoli 1137 e 1138 del codice civile da una parte e dell'articolo 69 delle relative disposizioni di attuazione dall'altra.
E dunque, se solo consegnassimo al revisore condominiale la legittimazione a verificare la regolarità di una deliberazione o delle tabelle millesimali, sovvertiremmo l'intero impianto normativo di riferimento che, non dimentichiamolo, spesso è devoluto ad una giurisdizione realmente volontaria e nel senso più lato del termine e, altrettanto spesso, sottoposta a termini di decadenza che, con l'inutile spirare, preferiscono la sopravvivenza della vita amministrativa del condominio alle ingessature pretestuose.
Perciò, al revisore si lasci il solo incarico di verificare la contabilità attraverso una relazione peritale prettamente incentrata sulla contabilità, con il vaglio di quei soli documenti utili alle verifiche e ai riscontri richiesti da una attività peritale percipiente come le pezze giustificative, i contratti, la documentazione fiscale ecc., senza che lo si elevi a quel nuovo giudice che l'ordinamento non prevede.
Inutile, infine, aggiungere come il revisore condominiale non debba occuparsi di questioni nientemeno profondamente diverse dalla contabilità, salvo stravolgimenti interpretativi assolutamente gratuiti.
Francesco Schena

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