Condominio

Lavori in condominio: la discromia della facciata, se di irrilevante entità, non è danno risarcibile

Non produce infatti alcun pregiudizio al condominio

di Ivana Consolo

La vicenda che fa da sfondo alla pronunzia in esame, vede coinvolti una ditta appaltatrice ed un condominio. Come si può facilmente intuire, la ditta era stata incaricata dal condominio di eseguire lavori straordinari di rifacimento della facciata condominiale e della copertura del fabbricato, il tutto a seguito di regolare delibera assembleare volta all'approvazione dei lavori in questione, nonché di successivo regolare e formale contratto di appalto. Ma come quasi sempre accade in occasione di interventi edilizi sui fabbricati, insorgevano alcune problematiche che sfociavano in una controversia giudiziaria.

La ditta appaltatrice lamentava il mancato pagamento dei lavori, e si determinava a chiedere ed ottenere l'emissione di un decreto ingiuntivo nei confronti del condominio. Il condominio, a sua volta, spiegava formale opposizione al decreto ingiuntivo, con ciò instaurando un ordinario giudizio di cognizione nel corso del quale venivano esposte ed affrontate tutta una serie di problematiche inerenti i lavori ed i rapporti contrattuali tra le parti in causa. Ad essere investito della vicenda è il Tribunale di Napoli, che dirime la controversia con la sentenza civile numero 4324 del 3 maggio 2022.

Le inadempienze dell’appaltatore
Ma procediamo con ordine, e vediamo quali circostanze vengono addotte dal condominio per giustificare il suo mancato adempimento.Ebbene, a dire dell'opponente, la ditta appaltatrice si sarebbe resa responsabile di tutta una serie di condotte negligenti ed inadempienti:
•non aveva eseguito a regola d'arte i lavori appaltati per quel che concerneva la pitturazione della facciata dell'edificio condominiale, la definizione della superficie dell'intonaco, le lavorazioni del cornicione, la posa in opera della guaina di impermeabilizzazione del terrazzo;
•aveva ingiustificatamente sospeso i lavori, arrecando danni aggiuntivi per il pagamento degli oneri di occupazione del suolo pubblico;
•aveva maturato ritardo nel completamento dei lavori secondo le tempistiche contrattuali ed il correlativo obbligo di corrispondere le penali contrattuali contemplate nel contratto di appalto.

La disamina del Tribunale
Il Tribunale passa ovviamente in rassegna ogni questione sollevata dal condominio, elaborando una sentenza abbastanza lunga ed a tratti molto tecnica. In questo articolo, soffermiamo l'attenzione sul primo dei punti in contestazione: la mancata esecuzione a regola d'arte delle opere commissionate; nello specifico i vizi e le difformità attinenti ai lavori di pitturazione della facciata.La norma che disciplina questo aspetto del contratto d'appalto è l'articolo 1668 del Codice civile, ai sensi del quale: «il committente può chiedere che le difformità o i vizi siano eliminati a spese dell’appaltatore, oppure che il prezzo sia proporzionalmente diminuito, salvo il risarcimento del danno nel caso di colpa dell’appaltatore. Se però le difformità o i vizi dell’opera sono tali da renderla del tutto inadatta alla sua destinazione, il committente può chiedere la risoluzione del contratto».

Individuata la norma di riferimento, i giudici partenopei concentrano la loro attenzione sulla domanda formulata dal condominio: risarcimento danni in prima battuta, e risoluzione contrattuale.Secondo il Tribunale, una siffatta domanda non può trovare accoglimento; per meglio dire, può trovare accoglimento soltanto uno degli strumenti ripristinatori azionati dal committente danneggiato. Seguiamo il ragionamento elaborato dai giudici: se si chiede un risarcimento, si dà per buona l'operatività del vincolo contrattuale; in buona sostanza, uno dei due contraenti lamenta un danno derivante dalla non perfetta esecuzione dell’opera, e chiede di essere risarcito. Tuttavia, non mette in discussione la sopravvivenza del contratto. Quando si richiede la risoluzione contrattuale, invece, si chiede sostanzialmente di travolgere il rapporto contrattuale, di porlo nel nulla.Delle due l'una: o si chiede lo strumento risarcitorio, o si pone nel nulla il contratto; chiedere entrambe le cose è impossibile oltre che illogico.

Il risarcimento dei danni
Vediamo secondo quali modalità dovrebbe avvenire il risarcimento dei danni patiti dal committente di un contratto di appalto privato.Per spiegarlo, i giudici si richiamano ad una pronunzia della Suprema corte, dalla quale si può trarre il seguente insegnamento: «allorché si esperiscono i rimedi riparatori di cui all’articolo 1668 comma 1 del Codice civile, il committente deve conseguire la medesima utilità economica che avrebbe ottenuto se l’inadempimento dell'appaltatore non si fosse verificato, utilità puntualmente correlata - nei rigorosi limiti del valore dell’opera o del servizio oggetto del contratto - al quantum necessario per l’eliminazione dei vizi e delle difformità che l’opera o il servizio prefigurati in contratto abbiano palesato, ovvero al quantum monetario per cui gli stessi vizi e difformità incidano sull’ammontare del corrispettivo in danaro pattuito; giammai invero i rimedi ex articolo 1668 comma 1 del Codice civile possono risolversi nell’acquisizione di un’utilità economica eccedente i termini anzidetti» (Cassazione sentenza 4161/2015).

La regola suesposta, deve essere applicata anche nel caso in cui il committente intenda avvalersi del solo risarcimento del danno, normalmente consistente nel ristoro delle spese sopportate dall’appaltante per provvedere, a cura di terzi, ai necessari lavori ripristinatori.Giunti a questo punto, abbiamo capito quale sia la normativa di riferimento, e come la si deve applicare; non ci resta che trarre le dovute conclusioni con riferimento al caso di specie.

La discromia della facciata
Per valutare la fondatezza della richiesta risarcitoria avanzata dal condominio opponente, il Tribunale di Napoli ha ritenuto opportuno nominare, in corso di giudizio, un Consulente tecnico d’ufficio.Il Ctu doveva sostanzialmente verificare la sussistenza dei vizi e delle difformità delle opere denunciate dal condominio e, conseguentemente, quantificare i costi per l’eliminazione degli stessi.Uno dei principali vizi evidenziati dall’ingiunto, era la discromia della facciata prospiciente il viale; in pratica, si sosteneva che la pitturazione della facciata fosse stata realizzata con un colore differente da quello originario, nonché da quello concordato in contratto.

Vi è da dire che la sussistenza di tale difetto era stata riconosciuta anche dalla stessa ditta appaltatrice, che peraltro aveva anche offerto fin da subito di provvedere al relativo rifacimento a proprie spese.Ma dalla Ctu emergeva che la differenza di colorazione della facciata condominiale fosse del tutto impercettibile ad occhio nudo, anche perché il tempo trascorso tra il momento della realizzazione dei lavori e l’ispezione del consulente aveva già modificato la colorazione, rendendo pressoché invisibile, e quindi irrilevante, l’errore di lavorazione della ditta.

Nella formazione del giudizio del Tribunale, interviene anche un altro fattore: il danno di cui si è chiesto il risarcimento, è quello del costo da sopportare dall’appaltante per provvedere, a cura di terzi, ai necessari lavori ripristinatori; nessuna richiesta è stata avanzata per il ristoro di eventuali conseguenze pregiudizievoli derivanti dal vizio (ad esempio: una variazione al ribasso del valore di mercato degli appartamenti). Alla luce di tutto quanto sin qui argomentato, considerata l’irrilevanza del difetto, e ritenuta l’assenza di conseguenze pregiudizievoli in capo al committente, per i giudici partenopei non sussistono i presupposti per ritenere fondata al richiesta risarcitoria avanzata dal condominio.

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