Condominio

Condominio minimo, quando l’uso della cosa comune è illlegittimo e quando si viene risarciti

Il cortile comune si può utilizzare come area di sosta ma senza comprimere il pari uso da parte degli altri condòmini che vi hanno accesso

di Fabrizio Plagenza

Le modalità d'uso del bene comune, la legittimità dei soggetti ed i limiti previsti dall'articolo 1102 del Codice civile, rappresentano, quotidianamente, oggetto di studio e motivo di contenzioso giudiziario. Ce lo ricorda la sentenza 1952 resa dalla Corte d'appello di Napoli in data 6 maggio 2022.

La vicenda
In primo grado, l'attore aveva richiesto che il Tribunale accertasse l'illegittimità dell'uso della cosa comune da parte del convenuto e che, per l'effetto, venisse ordinato al medesimo di astenersi dal comportamento illegittimo, con condanna al risarcimento dei danni subiti, da liquidarsi in via equitativa. L'attrice, infatti, quale proprietaria di un appartamento sito in condominio, esponeva che il fabbricato era caratterizzato da uno spiazzo pavimentato, sul quale si aprivano il cancello di entrata, il portone comune di ingresso all'immobile e le saracinesche che davano accesso alle unità immobiliari.

Lamentava che, da quando il convenuto aveva destinato il garage di sua proprietà ad esercizio commerciale, «aveva subito una limitazione nell'uso dello spiazzo comune perché il bene veniva sempre occupato dalle vetture dai clienti» del convenuto; deduceva pertanto che tale utilizzo della cosa comune era illegittimo perché l'area non era adibita a parcheggio e che «si trattava di un uso esclusivo, dal quale derivava anche una maggiore usura della pavimentazione, con incremento dei costi di manutenzione e rimarcava che il comportamento della controparte le impediva di servirsi del bene comune secondo il suo diritto».

L’uso più intenso del bene comune
La sentenza impugnata, appurata la natura condominiale dell'area oggetto di lite, rilevava che la destinazione a parcheggio non risultava vietata dal regolamento condominiale o da altra fonte convenzionale, ed affermava l'applicabilità dell'articolo 1102 Codice civile. Il giudice di prime cure, quindi, riteneva che dalla deposizione del teste di parte attrice si evincesse la prova dell'utilizzo dell'area comune da parte dei clienti del convenuto, i quali vi accedevano con le loro autovetture, nonché della stabile occupazione di parte dello spazio comune, mediante il parcheggio di due automobili, ad opera del convenuto e della moglie, «utilizzo questo che non consentiva all'attrice il pari uso del bene attesa la sua limitata estensione».

L’alterazione dell’uso equilibrato tra i condòmini
Quanto alla domanda di risarcimento danni, il Tribunale reputava che all'attrice dovesse essere «risarcito il pregiudizio per la mancata disponibilità del bene e per l'usura della pavimentazione». La causa, come detto, giungeva innanzi la Corte d'appello di Napoli, per la riforma della sentenza favorevole all'attrice in primo grado. I giudici di secondo grado, hanno chiarito che «per stabilire se l'uso più intenso da parte del singolo venga ad alterare il rapporto di equilibrio tra i partecipanti e perciò sia da ritenere non consentito a norma dell'articolo 1102 Codice civile», non deve aversi riguardo all'uso fatto in concreto dagli altri comproprietari in un determinato momento, ma a quello potenziale in relazione ai diritti di ciascuno; l'uso deve ritenersi in ogni caso consentito se l'utilità aggiuntiva tratta dal singolo comproprietario dall'utilizzo del bene comune non sia diversa da quella derivante dalla destinazione originaria del bene e sempre che detto uso non dia luogo a servitù sul bene comune.

«Relativamente ai cortili di proprietà condominiale», è consolidato l'orientamento giurisprudenziale secondo il quale, «ove le caratteristiche e le dimensioni del bene lo consentano ed i titoli non vi ostino, l'uso degli stessi per l'accesso e la sosta dei veicoli non è incompatibile con la funzione primaria e e tipica di tali beni, che è quella di dare aria e luce alle unità immobiliari circostanti, aggiungendosi alla stessa quale destinazione accessoria o secondaria» (Cassazione 9522/2014; Cassazione 9875/2012; Cassazione 13879/2010).

Il condominio minimo
Nel caso di specie, lo stato di fatto era tale da potersi integrare la fattispecie di cosiddetto condominio minimo, formato da due soli condòmini, ove lo spazio comune oggetto di lite era costituito da un viale pavimentato.La sentenza di primo grado aveva accertato che lo spazio in questione assolveva anche alla funzione di consentire il parcheggio dei veicoli. Orbene, si legge nella sentenza in commento, vertendosi in materia di diritti autodeterminati, l’azione è costituita dalla violazione dell'articolo 1102 sicchè la decisione del Tribunale è immune da vizi. Pur riconoscendo che lo spazio condominiale possa essere adibito a parcheggio, la decisione impugnata aveva affermato che l'uso da parte del convenuto non era legittimo.

L’uso potenziale del bene non deve essere limitato
Era risultato accertato, infatti, che il convenuto parcheggiava stabilmente la propria vettura e quella della moglie nella parte finale dello spazio comune. Tale condotta, per la sentenza 1952/2022, «configura una violazione dell'articolo 1102 Codice civile perché impedisce del tutto all'altra condòmina di fruire di quella porzione del bene comune». Deve infatti ricordarsi che, «per stabilire se l'uso più intenso da parte del singolo sia da ritenere consentito, non deve aversi riguardo all’uso concreto fatto della cosa dagli altri condòmini in un determinato momento, ma a quello potenziale in relazione ai diritti di ciascuno (Cassazione 23448/2012), e che è illegittimo lo sfruttamento esclusivo del bene da parte del singolo che ne impedisca la fruizione degli altri perché il principio di solidarietà cui devono essere informati i rapporti condominiali richiede un costante equilibrio tra le esigenze e gli interessi di tutti i partecipanti alla comunione» (Cassazione 17208/2008) .

La prova del danno
La sentenza di primo grado, invece, trovava censura limitatamente alla condanna al risarcimento del danno in via equitativa, richiesto ed ottenuto. Sul punto la sentenza veniva riformata poiché non risultava avesse provato l'asserito pregiudizio. La sentenza in commento conclude ricordando che, sul tema sono intervenute le Sezioni unite della Cassazione (ordinanza 1162/2022 della terza sezione civile).

Ciò premesso, rilevava il Collegio l'importanza dell'onere probatorio e che, nel caso di specie, l'attrice poi appellata non avesse adempiuto nemmeno al minimo onere di allegazione che potrebbe consentire di utilizzare la prova presuntiva sull'esistenza di danni correlati al limitato utilizzo dell'area comune; «trattandosi della limitazione delle facoltà di godimento di un bene oggetto di proprietà condominiale, l'onere di allegazione e prova posto a carico della danneggiata risulta particolarmente incisivo, non potendo ritenersi in via presuntiva, in mancanza di qualsiasi specifica attività assertiva, che la limitazione della facoltà di godimento abbia causato un pregiudizio di natura patrimoniale».

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