Lavori & Tecnologie

Proposta contro il caro bollette: i Comuni riducano l’orario di accensione dei riscaldamenti

Preventivamente andrebbero introdotte modifiche ai decreti che stabiliscono i tetti di temperatura nelle case e dividono l'Italia in sei zone climatiche

di Fiorella Barile

Era il 10 febbraio quando da nord a sud i sindaci italiani hanno staccato la spina ai monumenti simbolo delle loro città per mezz'ora in segno di protesta per il caro-bollette. Una profezia, una premonizione di quello che nel giro di qualche giorno sarebbe poi accaduto: il conflitto Russia-Ucraina e la mancanza di gas. Che fare quindi prima di ritrovarsi con i rubinetti a secco? L'idea resta sempre quella di spingere sulle rinnovabili ma il tempo stringe e i problemi legati ai combustibili si moltiplicano, e lo spettro mai cacciato dell'austerity del 1973 torna a tormentare i sogni di europei e non.

La riduzione dei consumi
Se il detto «a mali estremi estremi rimedi» vale ancora ecco che una prima soluzione potrebbe essere ridurre i consumi.L’Agenzia internazionale dell’energia guidata da Fatih Birol, per permettere all’Ue di tagliare le importazioni di gas russo entro un anno, ha presentato in questi giorni un decalogo in cui due sono le azioni più semplici ma anche le più immediate da adottare: abbassare di un grado la temperatura del riscaldamento domestico e tassare i profitti extra di cui stanno beneficiando gli operatori del mercato dell'energia. Le altre azioni riguardano lo stop a nuovi contratti di fornitura di gas con la Russia, l'introduzione di obblighi minimi di stoccaggio nazionale, l'accelerazione sulle energie alternative, la sostituzione di caldaie a gas con pompe di calore.

Riduzione di un grado della temperatura o della durata di accensione
Sul fronte della riduzione di un grado della temperatura del riscaldamento domestico si è espressa anche l'Anci che tramite il presidente Antonio Decaro ha fatto sapere che gli altri primi cittadini starebbero discutendo circa l'opportunità di ridurre l’orario di accensione dei termosifoni o la temperatura massima dei riscaldamenti centralizzati nei propri territori di riferimento.

Ma sarebbe possibile a livello normativo?Le leggi di riferimento in merito sono: il Dpr numero 74 del 16 aprile 2013 che per le abitazioni private indica una temperatura massima di 20 gradi mentre per le attività imprenditoriali di 18 gradi. Ed un altro Dpr, il numero 412 del 26 agosto 1993, che divide l'Italia in sei “zone climatiche” dalle più calde (zona A) alle più fredde (zona F). Nelle prime gli impianti centralizzati si accendono il primo dicembre e si spengono il 15 marzo (salvo periodi anomali di freddo in cui un'amministrazione comunale può prorogare con ordinanza il periodo di accensione), per un massimo di 6 ore al giorno. Nell'ultima – che coincide con quella alpina- non ci sono né periodi di accensione né limiti di ore.

Il ruolo delle amministrazioni comunali
Cosa possono fare quindi i Comuni per spingere sull'acceleratore del risparmio energetico?Le amministrazioni comunali possono decidere l’orario preciso di accensione dei riscaldamenti condominiali fatto salvo però quanto previsto dal regolamento nazionale delle aree climatiche indicate prima. Non solo, sempre il Dpr 74 prevede anche che i sindaci, con propria ordinanza, possano ampliare o ridurre, a fronte di comprovate esigenze (e questa potrebbe essere una di quelle), i periodi di esercizio e la durata giornaliera di attivazione degli impianti centralizzati nonché stabilire riduzioni di temperatura all'interno degli immobili.Per ora si tratta di una proposta che si spera sia destinata a rimanere tale.

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