Condominio

Accesso al fondo: la necessità non sta nel dover eseguire i lavori ma nell’ingresso e nel transito

Qualora ci si prefigga di essere risarciti per ritardi provocati dal vicino i danni vanno comprovati dettagliatamente

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di Ivana Consolo

L'articolo 843 del Codice civile, rappresenta una deroga al principio che da sempre governa il diritto di proprietà, che si traduce nell'espressione: diritto di escludere tutti gli altri. Il proprietario, difatti, nell'esercizio della sua signoria piena ed assoluta sul bene, ha la facoltà di pretendere che, chi non ne abbia titolo, venga tenuto fuori e/o impedito da ogni possibile forma di uso e/o godimento del bene medesimo. Ma laddove l'articolo 843 già citato, contempla la possibilità per il non proprietario di attraversare il fondo altrui per motivi di comprovata ed assoluta necessità, ecco che il diritto di proprietà incontra un limite ben preciso.

I fatti
La controversia che fa da sfondo all'ordinanza civile numero 11189, emessa dalla Cassazione in data 6 aprile ultimo scorso, vede contrapporsi i proprietari di un immobile posto in condominio, ed il proprietario di un vicino terreno. Il motivo del contendere, è l'accesso ed il passaggio attraverso il fondo del vicino, nonché la sua temporanea occupazione, per provvedere all'installazione di ponteggi ed impalcature necessari ad eseguire un'opera di sopraelevazione sull'immobile condominiale.

Il proprietario del fondo, si opponeva a tale situazione, ed i proprietari dell'immobile da sopraelevare, forti della previsione normativa di cui all'articolo 843 del Codice civile, decidevano di adire le vie legali per chiedere un risarcimento per il danno derivato loro dal ritardo nell'avvio dei lavori. Si svolgono ben due gradi di giudizio, ma le aspettative dei ricorrenti vengono disattese. La Corte d'appello, in particolare, ravvisava una condotta poco corretta da parte dei proprietari; difatti, dagli atti di causa era emerso che non vi era alcuna urgenza nell'esecuzione dei lavori, ma soprattutto, in ossequio a quanto statuito dalla Cassazione fin dal 2008, la valutazione della necessità va intesa non come necessità di eseguire i lavori, bensì come necessità di accedere all'altrui fondo, o transitarvi, non essendo possibile trovare soluzioni alternative.

I giudici di secondo grado, aggiungono poi che il ritardo lamentato dai ricorrenti, non era affatto imputabile al proprietario del fondo; difatti, vi era la possibilità di concordare con costui modalità e tempi per l'esercizio della facoltà di accesso, passaggio, e temporanea occupazione. Se si fosse concordato ogni aspetto, esattamente come si era fatto con la ditta appaltatrice, non si sarebbe verificato alcun problema. Vedendosi negare ogni ragione, i ricorrenti arrivano sino alla Cassazione.

L’inamissibilità del ricorso
Investiti della vicenda, i giudici di Piazza Cavour non hanno alcun dubbio nel ribadire l'orientamento richiamato dalla Corte territoriale: ai fini della corretta applicabilità dell'articolo 843 del Codice civile, occorre avere riguardo all'effettiva necessità di accedere al fondo altrui oppure di transitarvi, ben potendosi valutare soluzioni alternative o meno gravose per il proprietario del fondo.Chiarito il principio di diritto applicabile, gli ermellini procedono con l'esaminare la forma ed i contenuti del ricorso, che ritengono inadeguati fino al punto di renderlo inammissibile.

Anzitutto, la Cassazione sottolinea come un ricorso dinanzi ai giudici di legittimità, non può e non deve rappresentare una mera riproposizione delle argomentazioni difensive già addotte nei precedenti gradi di giudizio, né tantomeno puntare sul riesame del quadro probatorio; ciò in quanto l'esame del merito e delle prove non è di competenze della Suprema corte. Inoltre, qualora la sentenza impugnata abbia deciso la controversia conformandosi agli orientamenti della Cassazione esistenti sul tema, difficilmente potrà apparire censurabile. Nel caso di specie, i ricorrenti non avevano censurato in modo pregnante la decisione della Corte territoriale, ma si erano limitati a riprodurre apoditticamente le difese già spiegate.

La necessità di congrua documentazione
Gli ermellini proseguono nella propria disamina, ed affermano che, quando si intende sollecitare la Corte ad una corretta valutazione della sequenza logico giuridica che ha condotto alla sentenza impugnata, occorre produrre in giudizio gli atti ed i documenti dei gradi precedenti, richiamandoli in ricorso, fornendo la descrizione dettagliata del loro contenuto, ed indicando l'esatta collocazione nel fascicolo. Un richiamo generico ai vari documenti di causa, se non correttamente prodotti, descritti, ed individuati, non costituisce una valida e corretta modalità per chiedere alla Cassazione di esaminarli per verificare come gli stessi siano stati considerati ai fini della decisione.

Nel caso di specie, i ricorrenti non avevano provveduto a fare nulla di tutto quanto ritenuto ineludibile dalla Suprema corte.Alla luce di ciò, il ricorso appare inammissibile per l'inosservanza degli articoli 360 bis e 366 comma 1 numero 6 del Codice di procedura civile. In conclusione, si può dire che, come spesso avviene, i giudici di Piazza Cavour hanno emesso un provvedimento che impartisce una vera e propria “lezione” ai procuratori dei ricorrenti, affinché imparino a redigere lo scritto difensivo secondo rito e procedura.

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