Lavori & Tecnologie

Acqua, la sfida anti-spreco passa per città ed edifici intelligenti

Dall’implementazione di strategie di difesa del suolo da violente precipitazioni a progetti di design urbano water sensitive

di Maria Chiara Voci

Da un lato, lo sviluppo di water strategies, pianificazioni su ampia scala per difendere il suolo da precipitazioni forti e inondazioni e accumulare acqua per far fronte alla crisi idrica. Dall’altra, un nuovo approccio progettuale basato sul cosiddetto “design urbano water sensitive”, che nelle nuove costruzioni integra sistemi efficienti per il recupero, la gestione e l’uso delle acque, mentre, su quelle esistenti, ragiona in termini di monitoraggio smart dei consumi e sull’implementazione su larga scala di tecnologie smart a basso consumo. L’urbanistica, l’architettura e il buon costruire rispondono così al cambiamento climatico, che sta mettendo in luce l’inefficienza nella gestione idrica del nostro Paese.

Secondo i dati del Cresme, lungo le reti di adduzione e distribuzione il nostro Paese perde, ogni anno, 4,1 miliardi di metri cubi d’acqua, mentre, su circa 300 miliardi di metri cubi di pioggia ne riusciamo a raccogliere effettivamente solo 58 miliardi. Almeno altri 22 miliardi – ha rivelato Legambiente nel suo ultimo report – sarebbero recuperabili con una diversa raccolta.

«Se in passato il diktat era allontanare l’acqua dal tessuto urbanizzato, oggi l’imperativo è trovare sistemi per aiutare la città ad assorbirla e a trattenerla, visto che essa stessa è una risorsa – commenta Aldo Fusè, water & wastewater manager di Arcadis Italia –. Ad esempio, si può ragionare sull’implementazione di tetti, facciate e pareti verdi, sulla posa di pavimentazioni non cementificate e semipermeabili, sulla previsione di sistemi di infiltrazione e sulla contestuale creazione di vasche di contenimento dinamiche, bacini d’acqua artificiali o cisterne per lo stoccaggio e il riutilizzo dell’acqua piovana, meglio se dotate di sistemi di depurazione o fitodepurazione».

Le avanguardie in Nord Europa

In questo ambito, si muovono iniziative come quelle della città di Rotterdam, che ha avviato un ambizioso piano per trasformare diversi quartieri in “città-spugna”, dotandosi di vere e proprie linee guida per il water design urbano; o di Copenaghen, che da anni ha avviato una water strategy e che, ad esempio, ha magistralmente sfruttato la nota trasformazione del parco cittadino Enghavepark per ricavare un mini-argine in cui convogliare le acque piovane dai tetti del quartiere Carlsberg Byen, stoccarle in un serbatoio sotterraneo di 2mila metri cubi e riutilizzarle per irrigare il verde.

Gli esempi virtuosi in Italia

Anche in Italia non mancano esempi virtuosi. Ad esempio, a Trento, nell’ambito degli interventi del progetto Santa Chiara Open Lab, è stato realizzato l’Urban Wetland, un parco ideato per ricevere le acque piovane convogliate dai tetti degli edifici della zona e riusarle nell’irrigazione delle aree verdi circostanti, a valle anche di processi di fitodepurazione.

In Emilia Romagna invece, Forlì ha inaugurato lo scorso anno il Giardino dei Musei, un nuovo grande spazio verde che riconverte (dissigillandolo) un’ex area a parcheggio. Fra le strategie urbane, c’è anche quella basata sui monitoraggi della rete idrica, come è accaduto a Lisbona, dove la compagnia idrica Epal (Empresa Portuguesa das Águas Livres) ha attivano un programma di monitoraggio “Wone” (Water Optimization for Network Efficiency) per identificare le perdite d’acqua in tempo reale, grazie a un costante controllo e incrocio dei dati.

A Milano, in via Pacini, è stato appena riqualificato il tratto compreso tra via Teodosio e via Capranica, al termine di otto mesi di lavori, dove è installato il primo sistema di drenaggio sostenibile mai realizzato nel capoluogo lombardo su una strada pubblica.

Su scala di edificio, anche grazie al ruolo svolto dalle certificazioni di sostenibilità energetico-ambientale (a volte superate dalle performance dei prodotti in commercio), sono diversi i casi di sviluppi virtuosi. Fra i più “spinti”, i fabbricati del nuovo quartiere Bloomberg di Londra (che è riuscito a ottenere un consumo di acque pari al 73%), lo Stadio Castelao Fortaleza in Brasile o il nuovo distretto di Oceanhamnen nella città svedese di Helsingborg.

Fra le tecnologie che distinguono queste realizzazioni, spicca un sistema di raccolta liquami in depressione che consente di contenere lo spreco di acqua da sciacquone sanitario al di sotto di un litro.

In Italia, fra gli edifici che hanno spinto di più c’è il Vetra building, di piazza Vetra a Milano, edificio certificato Leed Platinum gestito da Axa Im.

«Oltre a questo, l’edificio Gioia 22 – spiega Sandro Paglia, senior Sustainability consultant di Ariatta ingegneria dei sistemi –, che ha ottenuto le certificazioni Leed e Well , raggiunge una performance esemplare in termini di consumo idrico con una riduzione superiore all’86% rispetto al caso di riferimento. L’edificio utilizza acqua di falda non potabile per scopi energetici e attua un processo circolare di riutilizzo per soddisfare parte dei fabbisogni idrici interni ed esterni. Il sistema prevede la realizzazione di una vasca di raccolta che accumula l’acqua meteorica e, nei periodi più caldi, quando piove meno, raccoglie anche l’acqua di falda. Ciò permette di soddisfare tutto il fabbisogno idrico interno non potabile (flusso per le cassette Wc) e quello per irrigazione».

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