Affitti brevi, protesta Confedilizia, passi in avanti per Federalberghi e Confindustria alberghi
Il testo definitivo della legge di Bilancio scioglie i dubbi sugli affitti brevi: entra nella manovra la proposta di FI per un codice identificativo nazionale. Confermato quindi l’aumento al 26% della cedolare secca dalla seconda alla quarta casa messa in affitto fino a 30 giorni, specificando che per la prima resta al 21%. C’è l’impegno di destinare il gettito derivante - circa un miliardo di euro secondo stime circolate - alla riduzione delle tasse sulla casa. Sul fronte reazioni Confedilizia critica fortemente la soluzione: «Il Governo ha deciso di accontentare gli albergatori che, in preda a una sorta di ossessione, premono ogni giorno sulla politica affinché introduca misure per ostacolare i proprietari che utilizzano i loro appartamenti per locazioni brevi. - le parole del presaidente nazionale Giorgio Spaziani Testa - Si tratta di una scelta sbagliata e che non porterà un affitto di lunga durata in più (oltre a non garantire maggior gettito). Ciò che accadrà è che aumenteranno ulteriormente i prezzi delle camere d’albergo (già alle stelle), vi sarà qualche casa sfitta in più, si alimenterà il sommerso e i borghi delle nostre aree interne avranno qualche speranza in meno di tornare a vivere. Ringraziamo chi ha provato ad evitare che la flat tax sugli affitti introdotta dal Governo Berlusconi come alternativa all’Irpef fosse incrementata per la prima volta dal 2011» concude Spaziani Testa.
Plaude all’introduzione del Codice identificativo nazionale (Cin) Marco Celani, presidente dell’Associazione gestori affitti brevi (Aigab) per il quale «è l’unico modo per togliere l’abusivismo»: «va benissimo e noi siamo grandi fautori, ma come abbiamo sempre detto va fatto subito e fatto bene, cioè facendo in modo che sia il governo a darlo e che si blocchi dalla pubblicazione degli annunci online chi non ce l’ha». Celani è invece più critico sull’innalzamento della cedolare secca al 26%, escludendo la prima casa in affitto per le quali resta al 21%: «abbatte drasticamente il gettito - osserva - perché il 96% di chi affitta ha un’unica casa in affitto».
Di «una soluzione di buon senso» parla Bernabò Bocca, presidente di Federalberghi. «Eravamo partiti con un aumento dal 21% al 26% dell’aliquota per tutti, ora scatta dalla seconda casa, escludendo la prima: va bene così, però basta, ci aspettiamo che la maggioranza tenga duro e non accetti blitz su questa norma», avverte Bocca, che avrebbe preferito «la soluzione adottata a New York: a casa propria ognuno fa come vuole, ma se si acquista un appartamento e lo si destina per 365 giorni all’anno all’affitto breve, allora bisogna pagare come attività commerciale, non si può parlare di integrazione al reddito né di tutela della proprietà privata, perché allora anche gli alberghi sono proprietà privata». Il presidente di Federalberghi plaude al codice identificativo nazionale per gli affitti brevi: «È molto importante, dice, perché è un marchio che si dà ad un appartamento e che consente di tracciarne la vita».
Segnali positivi sugli affitti brevi secondo Maria Carmela Colaiacovo, presidente di Associazione italiana Confindustria Alberghi. «Sembra profilarsi un accordo che vede da un lato escluse dall’aumento della cedolare secca le casistiche di proprietà unica e dall’altro l’attivazione della banca dati nazionale che permetterà proprio di andare a monitorare e riconoscere le diverse situazioni. Si tratterebbe di un primo deciso passo in avanti per contrastare il far west di attività senza controllo ».
Ricevute e dichiarazione del conduttore non bastano per la prova del canone ridotto
di Alessandro Borgoglio