Amministratore cessato dall'incarico: inadempimento dell'obbligo informativo e danno da perdita di chance
L’individuazione della sussistenza di quest’ultimo resta molto dibattuta
Sull'amministratore di condominio incombe l'obbligo, sancito dal terzo comma dell'articolo 1131 Codice civile di dare “senza indugio” notizia all'assemblea dei condòmini delle citazioni o dei provvedimenti il cui contenuto esorbiti dalle attribuzioni dell'amministratore medesimo; secondo quanto disposto dal quarto comma della richiamata disposizione, il mancato adempimento di quest'obbligo costituisce motivo di revoca dell'amministratore e rappresenta altresì per lo stesso fonte di responsabilità risarcitoria ((Tribunale Roma, 07 luglio 2022, numero 10842).
Quando scatta il risarcimento
In questa recente pronuncia il Tribunale di Roma ha affermato che il mero inadempimento di tale obbligo informativo non costituisce ex se fonte di risarcimento, dovendo per contro verificarsi la effettiva sussistenza di un danno ed il nesso causale tra questo e l'inadempimento dell'amministratore. È stato pertanto negato ai condòmini il diritto ad ottenere il risarcimento del danno da perdita di chance a fronte della negligente condotta della società amministratrice del condominio, che aveva omesso di dare tempestivo avviso all'assemblea della notificazione di un decreto ingiuntivo emesso in favore dell'appaltatore per fatture relative a lavori di manutenzione straordinaria eseguiti nello stabile, determinando così l'impossibilità per il condominio di far valere vittoriosamente le proprie ragioni (si lamentava la cattiva esecuzione dei lavori) in sede di opposizione ex articolo 645 Codice procedura civile.
Il giudice capitolino ha in particolare rilevato come il condominio ben avrebbe potuto far valere le proprie pretese risarcitorie nei confronti dell'appaltatore anche in un nuovo giudizio di merito, non essendo tale diritto definitivamente precluso dalla decorrenza del termine di quaranta giorni utile per proporre opposizione al decreto ingiuntivo. Giurisprudenza costante afferma che l'obbligo di cui al terzo comma dell'articolo 1131 Codice civile, che costituisce espressione del generale dovere di diligenza che incombe sull'amministratore nello svolgimento delle proprie funzioni, ha valenza meramente interna nel rapporto tra la collettività condominiale e l'amministratore medesimo.
L'inadempimento di tale obbligo, pertanto, «come non incide sulla deducibilità e rilevabilità d'ufficio della carenza di legittimazione passiva del condominio convenuto in persona dell'amministratore con citazione il cui contenuto esorbita dalle funzioni di quest'ultimo, così non rileva ai fini della legittimazione attiva dell'amministratore, la quale, ai sensi dell'articolo 1130 e del primo comma dell'articolo 1131 Codice civile, va verificata in base all'inclusione della tutela giurisdizionale richiesta nei limiti delle normali attribuzioni dell'amministratore quali stabilite dalla legge o dal regolamento di condominio, o alla sua eccedenza dai detti limiti, nel quale caso è necessaria l'autorizzazione dell'assemblea o il mandato espresso dei condomini» (così Cassazione 1460/1995; in senso conforme si veda anche Cassazione 9093/2007 e Cassazione 3403/1981).
Il via libera assembleare o la successiva ratifica
Ne discende, ulteriormente, che l'amministratore che si sia costituito in giudizio per difendersi dalla domanda che ecceda le sue attribuzioni o per impugnare la sentenza sfavorevole senza previamente munirsi dell'autorizzazione assembleare dovrà successivamente ottenere dalla compagine dei condòmini la ratifica del suo operato. Il mancato assolvimento del suddetto onere informativo legittima altresì, secondo quanto disposto dall'articolo 1129 comma 11 Codice civile, ciascun condomino a ricorrere all'autorità giudiziaria per ottenere la revoca dell'amministratore.
Si tratta di una delle tipizzazioni delle “gravi irregolarità” che possono costituire fondamento di revoca giudiziale e che tuttavia non si ritengono racchiuse dal legislatore all'interno di un'elencazione tassativa; si è giustamente precisato in dottrina che da tali specifiche previsioni il giudice non dovrà derivare alcuna automatica conseguenza in ordine alla sussistenza di una giusta causa di revoca dell'amministratore e che la sussumibilità della condotta di questo in una delle suddette tipizzazioni dovrà rappresentare un criterio di carattere orientativo in base al quale verificare la frattura del rapporto fiduciario tra amministratore e condominio (in questo senso A. SCARPA, Voce «Condominio (Riforma del)», Digesto delle discipline privatistiche, sezione civile, appendice di aggiornamento VIII, Utet, 2013, pagina 178).
Deve inoltre porsi in evidenza il fatto che, con riferimento al diritto, spettante ai condòmini, ad essere informati dall'amministratore, la giurisprudenza di legittimità mostra una chiara tendenza ad un'interpretazione volta a tutelare in modo forte tale prerogativa; Cassazione civile sezione VI, 26 febbraio 2021, numero 5443 ha di recente affermato, infatti, che «In materia condominiale, ciascun condomino ha diritto di prendere visione e di ottenere il rilascio di copia dall’amministratore dei documenti attinenti all’adempimento degli obblighi da questo assunti per la gestione collegiale di interessi individuali (nella specie, finalizzati al compimento di atti conservativi relativi alle parti comuni quali una diffida inoltrata per far cessare la realizzazione di lavori abusivi su aree condominiali), senza avere l’onere di specificare ulteriormente le ragioni della richiesta, purché l’esercizio di tale diritto non risulti di ostacolo all’attività di amministrazione, non sia contraria ai principi di correttezza e non si risolva in un onere economico per il condominio, dovendo i costi relativi alle operazioni compiute gravare esclusivamente sui condomini richiedenti».
Omessa informazione e danno da perdita di chance
Nella pronuncia sopra richiamata (Tribunale Roma, 07 luglio 2022, numero 10842), come si è già detto, il giudice capitolino ha negato la sussistenza di un danno - sub specie di danno da perdita di chance- derivante dalla condotta omissiva dell'amministratore, partendo dal presupposto del non completo esaurimento dei mezzi giudiziali attraverso i quali il condominio avrebbe potuto far valere le proprie ragioni, contestando –nel caso di specie- la realizzazione non a regola d'arte dei lavori per i quali l'appaltatore aveva ottenuto l'emissione del decreto ingiuntivo poi notificato all'amministratore. Secondo il Tribunale, infatti, pur essendo ormai divenuta inammissibile per decorso del termine l'opposizione ex articolo 645 Codice procedura civile (sebbene, nel caso concreto, tale inammissibilità non fosse stata pronunciata, avendo le parti raggiunto –in pendenza del giudizio di opposizione- un accordo transattivo), il condominio avrebbe potuto far valere le proprie ragioni instaurando un nuovo giudizio di merito.
La soluzione, pur condivisibile in linea di massima (non potendosi negare che ben avrebbe potuto il condominio ottenere soddisfazione in altra sede, non essendo l'accertamento circa la corretta esecuzione delle opere precluso dal giudizio monitorio sfociato nel decreto ingiuntivo non opposto), suscita qualche perplessità di ordine “qualitativo”: un conto è paralizzare –con opposizione ex articolo 645 - la pretesa del creditore attivata in sede monitoria, un conto è introdurre un nuovo giudizio di merito volto ad ottenere l'accertamento della mancata realizzazione a regola d'arte dei lavori eseguiti nello stabile condominiale per far valere la garanzia di cui all'articolo 1668 Codice civile ed ottenere così l'eventuale risarcimento del danno nel caso di colpa dell'appaltatore, quando ormai il creditore si è munito di un titolo esecutivo.
La motivazione della sentenza passa anche dalla constatazione della insufficienza della prova allegata dal condominio nel giudizio di opposizione (costituita da una sola relazione di parte redatta dopo il collaudo) a fondamento della pretesa risarcitoria, che secondo il Tribunale, quand'anche il giudizio fosse pervenuto a una pronuncia nel merito, non sarebbe stata idonea a far accogliere la domanda.Emerge in questa sede, con tutta evidenza, la criticità dell'atteggiamento della giurisprudenza rispetto alla chance: le pronunce della Suprema corte ripetono ormai da anni ed in modo tralatizio che la chance, quale concreta ed effettiva occasione favorevole di conseguire un determinato bene o risultato, costituisce un'entità patrimoniale a sé stante, suscettibile di autonoma valutazione e la cui perdita configura un danno concreto ed attuale (tra le più recenti Cassazione 1884/2022, Cassazione 7570/2019; Cassazione 3691/2018; Cassazione 6488/2017; Cassazione 21245/2012), distinto dal danno provocato dalla lesione del bene giuridico finale.
Se questo è vero, è allora innegabile che la chance, quale mera possibilità di ottenere un risultato favorevole (che può consistere tanto nel conseguire un'utilità quanto nell'evitare una perdita), esiste nel patrimonio di un soggetto prima e (soprattutto) indipendentemente dal bene giuridico finale. Coerenza vorrebbe, allora, che la sua sussistenza e conseguentemente la sua lesione, fosse valutata ex ante e in astratto, senza aver riguardo all'utilità finale di cui quella chance è –per così dire- proiezione. In casi analoghi a quello sopra prospettato, allora, già con la mera perdita della possibilità di proporre vittoriosa opposizione al decreto ingiuntivo, determinata dalla negligenza dell'amministratore, dovrebbe ritenersi configurata la lesione della chance di ottenere soddisfazione delle proprie ragioni.
La valutazione della sussistenza della chance
Ciò posto, a nulla dovrebbe rilevare che la condotta del professionista non risulti causale rispetto alla definitiva preclusione di tutela giurisdizionale, posto che se chance e bene finale configurano due beni distinti, due saranno le lesioni, due i nessi causali da accertare (in questo senso G. CRICENTI, La chance come bene autonomo. Critica, in Responsabilità Civile e Previdenza, 4, 1° aprile 2021, pagina 1250); la condotta negligente dell'amministratore, allora, se potrà definirsi non legata da rapporto di causalità rispetto alla perdita del bene finale (non verificatasi), non potrà non dirsi causale rispetto alla perdita della chance di tutelare quel bene in sede di opposizione a decreto ingiuntivo: tale ultimo bene verrà leso prima ed indipendentemente dalla strategia processuale adottata, ritenuta dal Tribunale inadeguata sotto il profilo probatorio.
Del resto, a ben vedere, valutare la sussistenza della chance a fronte dell'inadeguatezza della prova offerta, significa valutarla ex post, e cioè negare ontologicamente che la chance possa esistere indipendentemente dall'utilità finale. La dottrina pressoché unanime critica tale impostazione giurisprudenziale, rilevando come la chance non possa essere concepita indipendentemente dal risultato finale, pena l'inaccettabile duplicazione delle conseguenze risarcitorie (quando dalla condotta di un soggetto derivi la perdita di un'utilità o la definitiva impossibilità di conseguirla, dovrebbe essere risarcito sia il danno derivante dalla lesione della chance, logicamente e cronologicamente anteriore, sia il danno consistente nella lesione del bene finale), con esiti potenzialmente paradossali (in tema di responsabilità aquiliana, G. CRICENTI, La chance come bene autonomo. Critica, fa l'esempio di un intervento medico a seguito del quale si verifichi la morte di un paziente, senza che però venga provato sufficientemente un nesso causale tra la condotta del medico e la morte del paziente; in questo caso dovremmo riconoscere il diritto al risarcimento del danno –da perdita di chance- per un paziente che si fosse presentato in ospedale in pericolo di vita con scarse chances di guarigione e non anche per quel paziente che, perfettamente sano, fosse giunto al nosocomio per un intervento di routine e per il quale quindi non esistevano chances di guarigione, posto che non vi era il rischio di morire).
Nell'ambito della responsabilità da inadempimento di obbligazioni contrattuali, ed in particolare di obblighi «non attributivi di utilità finali» (in questi termini si veda C. SCOGNAMIGLIO, Riflessioni in tema di risarcimento del danno per cosiddetta perdita della chance, in Responsabilità Civile e Previdenza, fascicolo 6, 1° giugno 2020, pagina 1742, che a sua volta riprende S. MAZZAMUTO, Le nuove frontiere della responsabilità contrattuale, in Europa diritto privato, 2014), la prestazione che rimane inadempiuta (si pensi alla tempestiva impugnazione di una sentenza sfavorevole da parte dell'avvocato o, per tornare al caso summenzionato, alla comunicazione “senza indugio” di cui all'articolo 1131 Codice civile da parte dell'amministratore) non risulta direttamente “satisfattiva” per il creditore, dal momento che il conseguimento dell'utilità finale risulta irrimediabilmente avvinto da un'alea (l'esito favorevole del giudizio), potendo tale prestazione solamente crearne le premesse.
In questi casi, la chance, pur continuando a non rappresentare un bene suscettibile di autonomo apprezzamento, può costituire utile criterio di “stima” del danno, che tuttavia consisterà nella definitiva perdita del bene finale (in termini simili, P. TRIMARCHI, La responsabilità civile: atti illeciti, rischio, danno, 2021, pagine 614 e seguenti). Con riferimento alla fattispecie sopra menzionata, allora, la probabilità, considerata in tutti i suoi aspetti (posizione delle parti, prove disponibili, giurisprudenza formatasi su questioni analoghe) servirà a quantificare il danno conseguente alla definitiva perdita della possibilità di proporre tempestiva opposizione al decreto ingiuntivo.
Riconsegna della documentazione alla cessazione dell'incarico
La pronuncia del Tribunale di Roma 10842/2022 affronta anche il tema dell'obbligo di riconsegna della documentazione incombente sull'amministratore cessato dall'incarico. Stabilisce l'ottavo comma dell'articolo 1129 Codice civile che «alla cessazione dell'incarico l'amministratore è tenuto alla consegna di tutta la documentazione in suo possesso afferente al condominio e ai singoli condòmini e ad eseguire le attività urgenti al fine di evitare pregiudizi agli interessi comuni senza diritto ad ulteriori compensi». La previsione è frutto della riforma attuata dalla legge 220/2012, ma come si è osservato in dottrina (A. SCARPA, Voce «Condominio (Riforma del)», Digesto delle discipline privatistiche, sezione civile, appendice di aggiornamento VIII) alla individuazione di tale obbligo poteva già pervenirsi applicando le generali disposizioni in tema di mandato, le cui norme disciplinano in via residuale il contratto di amministrazione condominiale, che rimane comunque un contratto tipico (Cassazione 7874/2021).
In particolare, la disposizione deve considerarsi tipizzazione del generale obbligo di restituzione imposto dall'articolo 1713 Codice civile (in questo senso anche S. RICCIO, Modificazione soggettiva dell’amministratore: profili sostanziali e processuali, in Il Condominio negli edifici: casi e questioni, a cura di A. SCARPA e G. A. CHIESI, IlSole24ore, 2022, pagina 104). A tale obbligo l'amministratore uscente può adempiere sia consegnando la documentazione nelle mani del nuovo amministratore, ove l'assemblea abbia provveduto alla sua designazione - spiegando la relativa delibera di nomina efficacia anche nei confronti dei terzi, ai fini della rappresentanza sostanziale del condominio – sia consegnandola al singolo condomino che gliene faccia richiesta, nel caso di mancata nomina del nuovo amministratore (così Cassazione 18185/2021).
La giurisprudenza di legittimità ha sottolineato come la mancata designazione di un nuovo amministratore non configuri in capo all'amministratore uscente un diritto di ritenzione con riferimento alla documentazione, che rimane di esclusiva pertinenza dei condòmini, né un esonero dal dovere di rendiconto, dal momento che deve ritenersi ormai cessato il rapporto tra l'amministratore e la compagine dei condòmini e che l'iniziativa volta alla restituzione della documentazione presa anche da uno solo di essi interessa egualmente tutti gli altri (così ancora Cassazione 18185/2021,).
Si ritiene che il diritto dei condòmini alla restituzione di tale documentazione possa essere azionato anche in via d'urgenza, posto che la stessa si pone in rapporto di strumentalità rispetto alla corretta gestione del condominio; l'inadempimento dell'obbligo potrà pertanto legittimare l'adozione di un provvedimento ex articolo 700 Codice procedura civile (in questo senso Cassazione 6760/2019; sul punto si veda anche M. PONSIGLIONE, Obblighi e diritti dell'amministratore cessato dall'incarico, in Il Condominio negli edifici: casi e questioni, a cura di A. SCARPA e G. A. CHIESI, IlSole24ore, 2022, pagina 112).