Condominio

Barriere architettoniche, prevalenza delle esigenze di agibilità dell’edificio e di tutela dei portatori di handicap

Si possono perciò installare anche cabine di un ascensore di dimensioni diverse rispetto a quelle previste dalla normativa

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di Eugenio Correale

Dalla rivista «L’amministratore» di Anaci, sede provinciale di Milano, il commento all’ordinanza di Cassazione 19087 del 14 giugno 2022.

In sintesi

I condòmini hanno il diritto di installare, a proprie spese, un ascensore anche se di dimensioni ridotte e non in grado di rimuovere in modo completo le barriere architettoniche. Difatti, l’interesse all’installazione, nonostante il dissenso di alcuni condòmini, è funzionale al perseguimento di finalità non limitabili alla sola tutela delle persone versanti in condizioni di minorazione fisica, ma individuabili anche nell’esigenza di migliorare la fruibilità dei piani alti dell’edificio da parte dei rispettivi utenti.

In tema di accessibilità degli edifici e di eliminazione delle barriere architettoniche, le prescrizioni tecniche dettate dall’articolo 8 del Dm 236 del 1989, in ordine alla larghezza minima delle rampe delle scale possono essere derogate mediante scrittura privata, poiché l’articolo 7 del medesimo Dm consente, in sede di progetto, di adottare soluzioni alternative alle suddette specificazioni e soluzioni tecniche, purché rispondenti alle esigenze sottintese dai criteri di progettazione.

Non necessaria una delibera in caso di accollo delle spese

La sentenza riafferma un principio di civiltà e ribadisce in primo luogo che quando la spesa per l’installazione dell’ascensore sia sostenuta dai soli promotori interessati deve essere applicato l’articolo 1120 Codice civile, che contempla anche le innovazioni, talché non può essere invocata la necessità di una delibera assembleare (Cassazione, ordinanza 16815 del 24 maggio 2022; numero 4439 del 20 febbraio 2020; numero 31462 del 5 dicembre 2018; numero 1529 dell’ 11 febbraio 2000).

È stato inoltre precisato che in tema di eliminazione (o comunque di agevolazione dell’accesso alle abitazioni, prevale il principio di solidarietà condominiale, che implica il contemperamento di vari interessi, tra i quali deve includersi anche quello delle persone disabili all’eliminazione delle barriere architettoniche, trattandosi di un diritto fondamentale che prescinde dall’effettiva presenza di un portatore di handicap motorio e che conferisce comunque legittimità all’intervento innovativo. Purché lo stesso sia idoneo, anche se non a eliminare del tutto, quantomeno ad attenuare sensibilmente, le condizioni di disagio nella fruizione del bene primario dell’abitazione (Cassazione, 7938/2017; numero 6129/2017; numero 18334/2012; numero 28920/2011).

Cabina difforme dalle previsioni di legge

Non meno importante è la conferma, conformemente al principio di irretroattività fissato dall’articolo 11 preleggi, comma 1, ai soli edifici realizzati successivamente all’entrata in vigore della legge o agli edifici preesistenti la cui integrale ristrutturazione sia successiva, della applicabilità delle disposizioni del Dm 163/1989 ai soli edifici realizzati successivamente. Interesserà molto i pratici constatare che, nel caso di specie, sono stati ritenuti leciti «il montaggio di una cabina difforme dalle prescrizioni del Dm 236/1989, articolo 8.1.12, ( cabine di dimensioni minime di millimetri 1,20 di profondità e millimetri 0,80 di larghezza; porta con luce netta minima di millimetri 0,75 posta sul lato corto; piattaforma minima di distribuzione anteriormente alla porta della cabina di millimetri 1,40 x millimetri 1,40) e, per altro verso, il taglio dei gradini delle scale, con la conseguente violazione della larghezza minima di centimetri 120,00, ex articolo 8.1.10 del Dm 236/1989.

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