Fisco

Case green, deroga su altri 2,6 milioni di edifici

I paesi membri potranno chiedere eccezioni motivate all’applicazione della Epbd

di Giuseppe Latour

Prezzi delle materie prime troppo elevati, impossibilità tecnica di realizzare gli interventi e scarsa disponibilità di manodopera qualificata. Sono tutti fattori che i paesi membri potranno chiedere alla Commissione europea di valutare, introducendo così deroghe ai target fissati dalla direttiva Epbd, con una revisione degli standard minimi da raggiungere. Eccezioni che potranno essere applicate fino a un massimo del 22% degli immobili (in Italia, sono 2,6 milioni di fabbricati residenziali) e che non potranno andare oltre la scadenza del 1° gennaio del 2037.

È uno dei passaggi più rilevanti del compromesso finale raggiunto pochi giorni fa in Parlamento dai gruppi politici dei Popolari (Ppe), Socialisti (S&D), Liberali (Renew), Verdi e Sinistra sulla direttiva Energy performance of building directive (Epbd). Il testo, dopo settimane di discussione, si avvicina a un passaggio decisivo: domani è previsto il voto presso la commissione Industria, ricerca ed energia del Parlamento europeo. Se tutto andrà come previsto (dovrebbe arrivare il sostegno di tutti i gruppi, tranne quello dei Conservatori e riformisti e quello di Identità e democrazia), ci sarà poi il passaggio in Plenaria a marzo e, poi, partirà il Trilogo, il negoziato tra Parlamento, Commissione e Consiglio.

Siamo, insomma, ancora molto lontani da un testo definitivo. Anche perché, a valle della direttiva, sarà necessario il recepimento. Il Governo italiano, comunque, ha un’idea molto precisa della direzione che andrà percorsa per raggiungere un compromesso soddisfacente per il nostro paese. Se ne è parlato ieri, nel corso di un incontro organizzazione dall’Ufficio del Parlamento europeo in Italia e da Remind.

Qui diversi ministri hanno portato una testimonianza di segno parecchio simile. Per Gilberto Pichetto, ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, la direttiva «va emendata per adattarla al contesto italiano che è speciale rispetto al resto d’Europa. Il patrimonio immobiliare del nostro paese è antico, prezioso e fragile». Per Raffaele Fitto, ministro per gli Affari europei, «l’Italia non può affrontare il tema dell’efficientamento energetico degli immobili come gli altri paesi. Il Governo presenterà un suo piano. C’è una peculiarità del nostro paese e il Governo difenderà questa peculiarità». Ancora, secondo il ministro per le Imprese, Adolfo Urso «è nostra intenzione negoziare in Europa per degli obiettivi realistici e modalità di attuazione che non mettano in difficoltà le imprese e le famiglie».

Insomma, servono elasticità e la possibilità di adattare la direttiva alle diverse realtà europee. E su questo il relatore della Epbd, Ciaran Cuffe (Verdi), ha dato garanzie, spiegando che il compromesso in votazione domani «lascia ampia flessibilità agli Stati per i loro Piani nazionali di ristrutturazione». Una flessibilità sulla quale Isabella Tovaglieri, europarlamentare della Lega e relatrice ombra della direttiva ha espresso molti dubbi, soprattutto perché sarebbe stato necessario «diluire le tempistiche, che sono più drastiche rispetto alla bozza della Commissione».

Gli obiettivi di classe energetica che dovranno raggiungere gli edifici residenziali, infatti, sono più sfidanti rispetto alle precedenti ipotesi. Il compromesso del Parlamento passa dalla classe F proposta dalla Commissione Ue alla E nel 2030 e dalla E proposta dalla Commissione Ue alla D nel 2033. Attualmente, come ha ricordato ieri il presidente Enea, Gilberto Dialuce, le abitazioni in classe inferiore alla D sono circa il 74% (34% G, 23,8% F, 15,9% E); anche se sono numeri solo indicativi, perché la direttiva prevede una riclassificazione degli immobili, con il 15% del patrimonio più energivoro che andrà in classe G.

Dall’altro lato, però, va registrato l’aumento del perimetro delle potenziali deroghe. Possono essere esclusi, come nella precedente versione, gli edifici protetti di particolare pregio storico e architettonico, i luoghi di culto, gli edifici temporeanei, le seconde case utilizzate per meno di quattro mesi all’anno, gli immobili autonomi con una superficie inferiore ai 50 metri quadri.

Accanto a questo, possono essere esentati gli edifici di edilizia residenziale pubblica, dal momento che le ristrutturazioni potrebbero portare a una crescita dei canoni di locazione. E, ancora, i Paesi membri potranno chiedere alla Commissione di adattare i target europei per particolari categorie di edifici residenziali, per ragioni di fattibilità tecnica ed economica. Con questa clausola si potranno prevedere deroghe fino a un massimo del 22% del totale degli immobili.

Nel testo, infine, si parla anche di impianti. La direttiva vieta le caldaie a combustibili fossili (come il gas), in caso di ristrutturazione, a partire dal suo recepimento. Non esclude, però, totalmente questo tipo di tecnologie, perché ammette le caldaie certificate per funzionare con i gas rinnovabili e i sistemi ibridi (caldaia a condensazione più pompa di calore, controllate da una centralina unica).

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