Fisco

Catasto, anche nel nuovo testo rendite legate ai valori di mercato

I Comuni in realtà già oggi possono rivedere le rendite quando non coincidono con la realtà degli immobili

Tramontata l'idea di attribuire agli immobili un nuovo valore patrimoniale

di Marco Mobili, e Gianni Trovati

Il confronto dialettico (e anche fisico in commissione Finanze) sulla riforma fiscale si è concentrato soprattutto sull’idea tramontata di attribuire agli immobili anche un nuovo «valore patrimoniale». L’uscita di scena di questo riferimento esplicito ha spianato la strada all’accordo ritrovato giovedì nella maggioranza e con il governo.

Ma a guardar bene le norme, al di là dei botta e risposta politici proseguiti anche oggi il ripensamento dell’«operazione trasparenza» voluta da Palazzo Chigi è più formale che di sostanza. Non c’è più l’obiettivo di affiancare alla rendita attuale di ogni immobile un «valore patrimoniale» tendenzialmente allineato a quello di mercato. Ma il dato chiamato a fotografare la situazione aggiornata sarà rappresentato da una «rendita ulteriore» da calcolare in base ai criteri dettati dal Dpr 138 del 1998. Dove (articolo 5, comma 2) la revisione delle tariffe d’estimo si basa sui «canoni annui ordinariamente ritraibili» e sui «valori di mercato»: che quindi, usciti dalla porta della citazione esplicita dopo mesi di battaglie, rientrano dalla finestra del richiamo normativo nel nuovo testo.

Ogni immobile, dunque, avrà due rendite: quella ufficiale di oggi, che è la base su cui si calcolano le imposte, e quella «ulteriore», che misura la sua situazione aggiornata. La seconda non potrà essere utilizzata «per la determinazione delle basi imponibili», come recita la clausola anti-tasse che era già presente nel primo testo. Ma il confronto fra le due rendite metterà in evidenza chi paga troppo e chi troppo poco rispetto alla condizione reale dell’immobile. E per i Comuni a quel punto potrebbe non essere difficile utilizzare questo metro per l’operazione anti-evasione che rappresenta la seconda gamba dell’articolo sul Catasto. Con il confronto, per di più, dei valori di mercato Omi che entreranno nelle consultazioni catastale.

La riscrittura del travagliatissimo articolo 6 della delega rilancia infatti anche il rafforzamento della lotta al sommerso immobiliare, affidata ad agenzia delle Entrate e Comuni.

Il dibattito politico se ne sta occupando poco. Ma da lì possono arrivare le novità più concrete. E gli aumenti di tasse: a carico di chi oggi ne paga troppo poche, e che domani potrebbe pagarne di più per finanziare (in ipotesi) un taglio della pressione fiscale a chi non sfugge al fisco del mattone.

Il nuovo testo affida al governo il compito di «modernizzare gli strumenti di individuazione e di controllo delle consistenze dei terreni e dei fabbricati». Questi strumenti, «da porre a disposizione dei Comuni e dell’agenzia delle Entrate», dovranno secondo l’ultima bozza «facilitare e accelerare l’individuazione e, eventualmente, il corretto classamento», e questo è il punto chiave, di tre tipologie di immobili: quelli fantasma e gli abusivi, prima di tutto, ma anche quelli che «non rispettano la reale consistenza di fatto, la relativa destinazione d’uso o la categoria catastale attribuita» e i terreni edificabili censiti come agricoli.

Come si vede, la platea delle possibili revisioni può diventare piuttosto ampia. I Comuni in realtà già oggi possono rivedere le rendite quando non coincidono con la realtà degli immobili. Ma in genere non lo fanno. L’obiettivo della riforma, quindi, diventa quello di mettere in campo una strategia aggiornata, e rafforzata da un coordinamento centrale delle Entrate e strumenti più efficaci per arrivare al risultato. Risultato che può essere l’aumento della rendita, e quindi della base imponibile su cui si calcolano l’Imu e le altre tasse, per le case che nei decenni sono state ripensate, ristrutturate, ampliate o comunque modificate senza dirlo al fisco, o per quelle che fin qui sono sfuggite del tutto al classamento.

All’atto pratico, la conseguenza è appunto un aumento delle imposte. Che, aggiunge la delega riformulata, dovranno andare almeno per «una quota» a ridurre le tasse degli altri, «prevalentemente nei Comuni dove si trovano gli immobili interessati». Su questa clausola redistributiva il nuovo testo non dice di più: la compensazione, si intuisce, dovrebbe essere quindi solo parziale, e calcolata su base nazionale.

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