Condominio

Cavi e ganci telefonici sulle pareti perimetrali solo con il consenso del proprietario dell’immobile

Dirimente il fatto che l’impianto non servisse solo il condomino in questione ma anche edifici vicini

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di Gianpaolo Aprea

Il proprietario di un immobile ha citato in giudizio una società di telefonia. Lamentava l’apposizione illegittima sulle pareti perimetrali della sua proprietà di cavi e ganci di sostegno della linea telefonica. Ha chiesto la rimozione degli impianti, con condanna al risarcimento del danno e al pagamento di un’indennità giornaliera per l’occupazione abusiva dell’immobile.

Le pronunce di merito ed il ricorso alla Suprema corte
La società di telefonia si è costituita in giudizio, sostenendo che l’impianto serviva anche l’immobile dell’attore e che, per le condizioni generali di contratto, aveva titolo ad effettuare l’installazione. Il Tribunale di Pinerolo ha accolto la domanda ed ha ordinato la rimozione dei cavi, condannando la società anche al pagamento di un indennizzo per l’occupazione.La Corte di appello di Torino ha riformato la sentenza alla luce delle clausole del contratto di abbonamento. Queste prevedevano gratuitamente l’attraversamento e l’accesso all’immobile per realizzare i collegamenti alla rete del gestore.Il proprietario dell'immobile ricorre in Cassazione.

La decisione
Secondo l’ordinanza della Suprema corte 788 del 12 Gennaio 2022 per appoggiare delle condutture telefoniche su un immobile è necessario il consenso del proprietario.Il proprietario ha l’obbligo di concedere gratuitamente il passaggio e l’appoggio, sul proprio fondo, delle condutture telefoniche necessarie a collegare il suo apparecchio telefonico, mentre detto obbligo non sussiste (e compete al titolare una giusta indennità) quando il passaggio e l’appoggio siano destinati a collegare anche apparecchi telefonici di terzi proprietari o inquilini di immobili vicini e risulti che l’essere le condutture telefoniche anche al servizio di altri, oltreché del proprietario del fondo attraverso cui passano, comporti per lui un sacrificio economicamente apprezzabile.

È con riferimento a tale ultima ipotesi che si è ritenuto che la cosiddetta servitù telefonica di «passaggio con appoggio», sull’altrui fondo, di fili e simili non costituisca una servitù in senso tecnico (per mancanza dell’esistenza di un fondo dominante), ma «un diritto reale di uso» rientrante «tra i pesi di diritto pubblico di natura reale gravanti su beni».

Conclusioni
Di conseguenza, la circostanza che - nel caso concreto - l’impianto servisse non solo l’immobile del ricorrente, ma anche immobili vicini rendeva indispensabile il suo consenso alla nuova installazione, dovendosi costituire un diritto di natura reale. Neppure era sufficiente che le condizioni di abbonamento prevedessero la gratuità dell’attraversamento dei cavi per il collegamento della singola utenza alla rete telefonica. In definitiva, l’installazione, eseguita senza l’accordo del ricorrente e senza il ricorso alle procedure previste per legge, non poteva considerarsi legittima.

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