Condominio

Ci sono casi in cui il condominio può chiedere all'amministratore due risarcimenti

Nel caso in esame, avendo sottratto fondi al condominio, rispondeva in sede civile come titolare di una società, in sede penale quale amministratore

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di Giulio Benedetti

L'articolo 185 Codice penale afferma che ogni reato che abbia causato un danno patrimoniale obbliga il reo alle restituzioni ed al risarcimento dal danno: tuttavia il risarcimento del danno, non assorbe la richiesta di un credito da parte del danneggiato. È quanto afferma la Cassazione (sentenza 28236/2020) che ha dichiarato inammissibile, con condanna al pagamento delle spese processuali ed al pagamento di euro 2.000 alla cassa delle ammende, il ricorso di un amministratore condominiale che era stato condannato per il reato di appropriazione indebita aggravata in danno di un condominio.

I fatti
L'amministratore riconosceva, con una scrittura privata, di avere sottratto, mediante dei prelevamenti ingiustificati dalle casse condominiali, una somma di denaro e si era impegnato, senza poi adempiere, a restituirne una parte. La Corte di appello confermava la sentenza di condanna del Tribunale in ordine al reato di appropriazione indebita aggravata dall'abuso di prestazione d'opera, ed escludeva la somma assegnata in via provvisionale in favore della parte civile e la condizione a cui era stato subordinato il beneficio della sospensione condizionale.

Il ricorrente lamentava l'ingiustizia della sentenza di condanna poiché era, da parte del condominio, la riproposizione, in sede penale, della richiesta di risarcimento, già attivata con un decreto ingiuntivo non opposto. Pertanto, per il ricorrente vi era un'identità dell'azione che avrebbe dovuto precludere al condominio la costituzione quale parte civile nel processo penale.

Le pretese civili e penali
Invece, la Cassazione rilevava la diversità dei soggetti nei cui confronti erano state esercitate dal condominio le pretese civili nel processo civile e nel processo penale. Nel primo processo il condominio chiedeva la restituzione di un credi to da parte della società gestita dall'amministratore, mentre nel processo penale il soggetto imputato era l'amministratore, persona fisica, e la causa della richiesta era costituita dai danni derivanti dal reato commesso.

La Cassazione respingeva il secondo motivo del ricorso per il quale autore del reato era stato un collaboratore dell'amministratore, in realtà solo realizzatore dei prelievi, e che inoltre la condotta del reo era stata colposa e non dolosa, a causa della gestione negligente della contabilità e perché erano trascorse solo due settimane tra la mancata restituzione delle somme ed il blocco totale dei conti correnti societari.

La decisione
La Cassazione respingeva il motivo di ricorso in quanto generico e ripetitivo degli argomenti difensivi, già esposti nel giudizio di appello. La sentenza di appello era del tutto coerente sotto il profilo logico in quanto fondava il giudizio di colpevolezza dell'amministratore, oltre che nella scrittura di riconoscimento di debito dallo stesso sottoscritta, dalla visione degli estratti conti condominiali da cui risultavano otto prelievi ingiustificati.

Inoltre, il giudice di legittimità smentiva l’argomento difensivo per cui i prelievi sarebbero stati compiuti da un'altra persona, in quanto l'amministratore era l'unico soggetto che poteva operare su conti correnti del condominio. Infine, la ricorrenza di due settimane, tra la ricognizione del debito ed il blocco dei conti correnti della società avrebbe consentito all'amministratore di restituire al condominio le somme sottratte.

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