Commette il reato di truffa aggravata chi incassa i bonus edilizi senza titolo
Il più lieve reato di ingiusto profitto con danno allo Stato non ricorre perché l’ente erogatore è tratto in inganno con una pluralità di false informazioni
La legge 77/2020, in materia di crediti di imposta per quanto riguarda i bonus edilizi,non contempla controlli preventivi da parte dell'agenzia delle Entrate al momento dell'inserimento delle domande nel sito informatico, tuttavia le condotte fraudolente per ottenere, al fine di trarne un ingiusto profitto con danno dell'Erario, illecitamente i fondi governativi e trarre in inganno le autorità pubbliche, realizzano il grave reato di truffa aggravata, prevista dall'articolo 640-bis Codice penale.
Il caso trattato
Il Tribunale, confermando l'ordinanza del giudice per le indagini preliminari, rigettava la richiesta del pubblico ministero di applicazione della misura cautelare nei confronti di alcuni indagati, poiché riteneva che la loro condotta non fosse quella di truffa aggravata per percepire indebitamente erogazioni pubbliche (articolo 640 -bis Codice penale), bensì il reato, meno grave, di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato (articolo 316 – ter Codice penale).
La condotta contestata agli indagati era quella di avere ottenuto falsi crediti di imposta, oggetto di successiva cessione, pari a circa 277 milioni di euro, ottenuti, attraverso attestazioni mendaci inserite telematicamente nel portale dell'agenzia delle Entrate. I crediti erano relativi alla normativa emergenziale Covid e consistevano nei bonus locazioni, nel sismabonus e nel bonus facciate degli edifici. Il Tribunale, pur riconoscendo la falsità dei dati inseriti nel portale dell'Agenzia, al fine di ottenere il credito di imposta, escludeva la ricorrenza dell'articolo 640 - bis Codice penale, perché la normativa dell'epoca, la legge 77/2020, non prevedeva controlli preventivi da parte dell'ente pubblico in relazione ai dati inseriti dal contribuente e, quindi, non poteva sussistere l'induzione in errore dell'ente.
Il Procuratore della Repubblica impugnava di fronte al Giudice di legittimità l'ordinanza, sostenendo che il Tribunale aveva compiuto una valutazione solo parziale delle evidenze investigative, dalle quali risultava la condotta degli indagati che, in forma organizzata e mediante l'uso di prestanome, avevano realizzato un meccanismo truffaldino, tale da ingannare le Entrate, procurando ingentissimi danni all'erario.
La sentenza della Cassazione
La Suprema corte (sentenza 19841/2023) accoglieva il ricorso del Procuratore della Repubblica, riqualificava il reato in articolo 640- bis Codice penale, e rinviava il procedimento al Tribunale competente, in diversa composizione e affermava i seguenti principi di diritto:
-non ricorre l'ipotesi dell'articolo 316 – ter Codice penale , poiché la norma ha un carattere residuale e sussidiario rispetto alla truffa , in quanto punisce condotte ingannatorie non incluse nel reato di truffa, caratterizzate , oltre che dal silenzio anti doveroso, da false dichiarazioni o dall'uso di atti o documenti falsi , ma nelle quali l'erogazione non discende da una falsa rappresentazione da parte dell'ente pubblico erogatore, che non è indotto in errore, perché si rappresenta solo la formale attestazione del richiedente (Cassazione Sezioni unite sentenza 7537/2010);
-sussiste l'articolo 640 - bis, in quanto i giudici di merito sono incorsi in errore , laddove non hanno considerato l'insieme delle condotte degli indagati per raggiungere il loro obiettivo illecito , raggiunto mediante la costituzione di un'associazione a delinquere finalizzata , tramite plurime dichiarazioni false, a trarre in errore l'agenzia delle Entrate , la quale presupponeva , in capo dei richiedenti , la sussistenza di una serie di requisiti che l'Erario ha ritenuto falsamente esistenti sulla base delle false dichiarazioni , venendo indotta in errore sulla ricorrenza di tutti i presupposti per accedere al beneficio, ben diversi dalla mera comunicazione;
-nel caso trattato gli indagati hanno compiuto una complessa attività truffaldina, ricca di artifici e raggiri, idonea a indurre in errore il soggetto passivo, attraverso la falsa dichiarazione all'ente, che è uno dei tanti segmenti dell'azione delittuosa.