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Corto circuito condominiale quando la revoca dell'amministratore non risolve i problemi

Nel caso in esame era stata accolta la richiesta di revoca ma non quella di convocazione dell’assemblea per deliberare una nuova nomina

di Luigi Salciarini

Raramente come in questo caso (oggetto del recente provvedimento del Tribunale di Civitavecchia del 3 novembre 2022 ) si può toccare con mano la sostanziale inutilità della tutela apprestata dalla legge. Certo tutto risulta perfettamente conforme alla disciplina che il Codice civile prevede per la specifica fattispecie ma, come si vedrà, non viene scongiurata la possibilità che l’interesse dei condòmini rimanga del tutto frustrato e addirittura si verifichi un “corto circuito” in grado di bloccare la gestione dell’edificio.

I fatti di causa

In breve i fatti analizzati dalla Corte laziale: un condomino chiede la revoca ai sensi dell’articolo 1129 Codice civile dell’amministratore pro tempore evidenziando la sussistenza di sue «gravi e ripetute irregolarità»; in particolare, nel suo ricorso, sottolinea che detto amministratore ha posto in essere numerose omissioni tra le quali la mancata convocazione dell’assemblea per l’approvazione dell’annuale rendiconto condominiale, l’inerzia riguardo l’attivazione delle procedure previste dalla legge per il recupero coattivo del credito nei confronti dei condòmini morosi, nonché l’aver trascurato di far eseguire gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria necessari per la manutenzione dell’edificio.

Insieme a questa richiesta, il condomino ricorrente spiega anche un’ulteriore domanda consistente nell’istanza di nomina del nuovo amministratore (evidentemente conseguenziale all'eventuale accoglimento della richiesta di revoca).Il Tribunale, anche grazie alle prove fornite dal singolo condomino, accerta la sussistenza delle gravi irregolarità da parte dell’amministratore il quale, nello specifico, non aveva convocato l’assemblea per ben 4 anni (articolo 1130, comma 1, Codice civile) e non si era attivato per l’effettuazione di alcuni interventi conservativi dell’edificio (articolo 1130, comma 4, Codice civile), essendo lo stabile fatiscente (agli atti un verbale dei Vigili del fuoco che sollecitava la risoluzione di alcune problematiche) e necessitante di urgenti opere di messa in sicurezza, come peraltro confermato da una perizia tecnica. Per di più, non costituendosi in giudizio, il convenuto amministratore aveva omesso di fornire prova del contrario. Da qui l'inevitabile sua revoca.

Le conseguenze dell’accoglimento parziale delle richieste

Sull’ulteriore richiesta di nomina, però, il Tribunale risponde con un diniego evidenziando che la norma che consente tale intervento sostitutivo dell’autorità giudiziaria (articolo 1129, comma 1,Codice civile) si basa sull’inerzia dell’assemblea e non può essere assunto sulla scorta della semplice revoca giudiziale dell’amministratore. In altri termini, il Giudice sollecita il condominio a provvedere da sé mediante una specifica deliberazione dell’assemblea convocata ad hoc. Questa seconda parte del provvedimento appare ineccepibile e scevra da critiche se solo si considera che l’inerzia citata dal Tribunale non è quella derivante dalla mancata convocazione di cui è colpevole l’amministratore revocato ma si configura nel diverso caso in cui l’assemblea sia chiamata a deliberare sulla nomina (ovviamente, con puntuale inserimento del relativo argomento all’odg riportato sull’avviso di convocazione di una precipua riunione) e non voglia (per mancata formazione della maggioranza) o non possa (per mancata partecipazione) assumere la relativa decisione.

Come detto, tutto corretto e normativamente giustificato, tuttavia i problemi, quanto meno quelli operativi, rimangono.Va, infatti, considerato che, secondo una pacifica giurisprudenza (da ultime, Cassazione 19436/2021, Tribunale Catanzaro 15 giugno 2022, Tribunale Roma 16 marzo 2021 e Tribunale Larino 20 settembre 2017), l’amministratore revocato (anche giudizialmente) rimane in carica in forza della cosiddetta prorogatio imperii (fino a che non venga nominato il nuovo incaricato) e che, in tale contesto, deve considerarsi conservata, sempre a suo favore, anche la facoltà di convocare l’assemblea per detta nuova nomina.

Il corto circuito che può generarsi

Niente di insuperabile se non fosse che proprio tale specifico amministratore è colui che non si è preoccupato di convocare l’assemblea per ben quattro anni e che, probabilmente, non ha cambiato atteggiamento su tale incombente. Si potrebbe replicare che i singoli condòmini possono provvedere in autonomina utilizzando il disposto dell’articolo 66 disposizioni attuative Codice civile in base al quale, a seguito di mancato riscontro da parte dell’amministratore di una loro richiesta di convocazione, è possibile provvedere direttamente all’indizione della riunione.Certo, non c’è dubbio su questo, a parte il fatto che è solo l’amministratore che detiene il registro dell’anagrafe (articolo 1130, § 6, Codice civile) e che, quindi, solo lui conosce tutti i dati anagrafici e i recapiti dei condòmini, informazioni assolutamente necessarie per poter effettuare una valida convocazione (aspetto che nei condomìni di grandi dimensioni costituisce un insuperabile ostacolo d’ordine pratico).

È evidente che, nell’esatta situazione posta all’esame del Tribunale di Civitavecchia, la sola revoca non risolve i problemi e che un provvedimento che abbia ricompreso anche la nomina del nuovo amministratore sarebbe stato certamente più efficace a risolvere l’evidente stallo di gestione dell’edificio. Tale ultima decisione si sarebbe potuta assumere considerando l’inerzia in maniera oggettiva e non necessariamente specifica, in quanto, se da una parte, è evidente che, nel caso de quo, l’assemblea non è stata chiamata a deliberare esattamente sulla nomina, è pur vero che, dall’altra parte, vi è una palese e pluriennale mancanza di una qualsiasi decisione gestionale (che costituisce ex se una ipotesi di inerzia).

La proroga protrattasi nel tempo

A ciò si aggiunga un’altra incongruenza nella decisione (che si può solo intuire, non essendo stata espressa): la situazione rappresentata dal ricorrente comporta, probabilmente, che l’amministratore (revocato) non sia stato mai confermato nella carica (mancando, come sappiamo, per ben quattro anni la convocazione dell'assemblea). Ne deriva, quindi, che si è di fronte ad una situazione di prorogatio già in atto da tempo, a fronte della quale, tuttavia, non è possibile procedere alla revoca giudiziale (Tribunale Como 6 aprile 2022 numero 8, Appello Firenze 21 aprile 2021, Tribunale Foggia 6 novembre 2020, Tribunale Massa 28 luglio 2020, Appello Palermo 6 maggio 2019, Tribunale Roma 26 novembre 2018 e Tribunale Catania 10 febbraio 2014; contra però Tribunale Catanzaro 15 giugno 2022, Appello Roma 25 giugno 2020 e numero 2240, Appello Bari 12 giugno 2019) ma solo alla nomina del nuovo incaricato ex articolo 1105 Codice civile (Appello Lecce 10 gennaio 2022, Tribunale Bologna 7 novembre 2019 e Tribunale Teramo 29 giugno 2016).

A fronte di tutto ciò, non si può concludere se non con la considerazione per cui un’impostazione meno formalistica nell’applicazione degli strumenti giudiziali (e peraltro corrispondente a canoni di economia processuale) avrebbe potuto risolvere una situazione di evidente pregiudizio per i condòmini derivante dall’evidente stallo di gestione, per di più potenziale fonte di grave responsabilità (si pensi all’ipotesi prevista dall’articolo 2051 del Codice civile).