Condominio

Cosa succede ai lavori del superbonus in caso fallisca uno dei condomini dello stabile

Il curatore fallimentare ha interesse a che il bene si sopravvaluti ma per dare il suo via libera deve avere l’ok del giudice del fallimento e dei creditori

immagine non disponibile

di Fabrizio Plagenza

Quando si parla di superbonus, incentivi fiscali, detrazioni, non dobbiamo mai dimenticare che i passaggi per raggiungere l'obiettivo finale sono molti. Sono passaggi che necessitano di tempo e che si sviluppano progressivamente. All'interno di questi meccanismi, possono verificarsi eventi che possono incidere e pregiudicare oppure rallentare, quell'iter procedurale iniziato.

Gli stabili con immobili di proprietà societaria
Pensiamo al caso, non raro soprattutto nelle grandi città, in cui all'interno di uno stabile condominiale, la proprietà di uno o più immobili sia in capo ad una società. A volte, la stessa società costruttrice. Veniamo al caso, adesso, in cui il proprietario di tali immobili, fallisca. Cosa accade al proprietario, fallito, che debba ancora comunicare oppure, che abbia già comunicato, la sua volontà in ottica superbonus 110%. E' il caso di rammentare quando un soggetto fallisce e cosa il fallimento comporta, per quanto di nostro interesse.

Il fallimento del singolo o della società
Iniziamo col premettere che il fallimento può riguardare sia l'imprenditore individuale che in forma societaria. La persona fisica, non imprenditore, può invece trovarsi in una situazione di sovraindebitamento (disciplinata normativamente in modo differente ed in merito a cui ha trovato ingresso, nel nostro ordinamento, la legge 3/2012, meglio nota come «legge sul sovra-indebitamento»).

Venendo alla prima fattispecie, occorre rilevare come il fallimento produca una serie di effetti personali sul fallito ed economici in relazione ai creditori, attentamente disciplinati dalla legge fallimentare. Per quanto riguarda gli effetti nei confronti dell'imprenditore, il primo comma dell'articolo 42 della legge fallimentare dispone che «la sentenza che dichiara il fallimento, priva dalla sua data il fallito dell'amministrazione e della disponibilità dei suoi beni esistenti alla data di dichiarazione di fallimento». Ed ancora, in base all'articolo 44 della legge fallimentare: «tutti gli atti compiuti dal fallito e i pagamenti da lui eseguiti dopo la dichiarazione di fallimento sono inefficaci rispetto ai creditori».

Le ripercussioni condominiali
Fatta questa premessa, occorre evidenziare che quando l'imprenditore fallito è anche proprietario di beni immobili, siti in condominio, gli effetti del fallimento avranno necessarie ripercussioni nella vita condominiale. Infatti, con la sentenza dichiarativa di fallimento, il curatore fallimentare (nominato dal Tribunale) si sostituisce al proprietario, subentrando al condomino fallito. Questo comporta che sarà il curatore ad esercitare i diritti spettanti al condomino così come sarà lo stesso ad assumere su di sé gli obblighi che nascono dal diritto di proprietà dell'immobile posto all'interno del condominio.

Il ruolo del curatore
Venendo agli aspetti pratici, il subentro del curatore al condomino fallito, comporta che sarà il curatore a dover essere convocato in assemblea ove sia stato posto all'ordine del giorno ogni decisione da assumere in ottica superbonus 110%. E, conseguentemente, sarà il curatore a dover esercitare in assemblea il suo diritto di voto. Sarà, in sostanza, un condomino al pari degli altri.Ma sarà davvero così? A ben vedere, no. Ed infatti, contrariamente al condomino “standard”, il curatore fallimentare, nominato dal giudice fallimentare e, dunque, da un Tribunale, avrà necessità per assumere decisioni in merito al superbonus 110%, di essere autorizzato in tal senso.

Il curatore fallimentare, dunque, non ha potere di decisione autonomo ma il suo operato è sottoposto al vaglio del giudice fallimentare. Ai sensi e per gli effetti dell'articolo 133, Dlgs 14/2019, infatti, il curatore amministra il patrimonio del fallito e tra i suoi compiti vi è quello di svolgere le operazioni che rientrino nelle sue funzioni. Tuttavia, per legge, agirà sempre sotto la vigilanza del giudice delegato e del comitato dei creditori.Dunque, il consenso del curatore, espresso, ad esempio, anche quando dovrà esprimere il diritto di voto in assemblea sulla decisione in ordine al superbonus 110%, è sempre subordinato al parere favorevole del comitato dei creditori e del giudice delegato della procedura.Quindi, una prima ipotesi potrà vedere un curatore che abbia già incamerato il consenso del comitato dei creditori e del giudice fallimentare : in questo caso, il curatore esprimerà voto favorevole in ordine alla decisione da assumere in sede assembleare, per ottenere il superbonus al 110%.

Se manca il consenso del giudice fallimentare
Ma la questione si complica laddove il consenso non vi sia oppure laddove il fallimento non sia in grado di sostenere, nei confronti del terzo appaltatore, le somme allo stesso imputabili. Emerge dunque una evidente criticità : da un lato, spiccano la possibilità di deliberare con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti all'assemblea e almeno un terzo del valore dell'edificio (come stabilito dall'articolo 63 del Dl 104/2020). Maggioranza che è stata semplificata proprio per velocizzare l'iter, senza arenarsi dietro il raggiungimento di maggioranze ulteriori.

Potrà, tuttavia, accadere che manchi il consenso da parte del curatore. Oppure che quei due terzi restanti (del valore dell'edificio) siano in capo al costruttore dichiarato fallito. Pensiamo, ancora, al caso in cui il fallimento sia avvenuto successivamente al momento in cui il condomino abbia espresso la sua dichiarazione di volontà in favore della cessione del credito. Insomma, il rischio di rallentamento è concreto.Oppure, ancora, vale la pena pensare al fatto che laddove i lavori venissero approvati, ma il fallimento non sia in grado di pagare, il debito dovrà essere distribuito in capo agli altri condomini. Condomini che, a loro volta, avranno diritto di rivalsa sul fallimento e potranno far richiesta di pagamento di quanto versato per conto anche del fallito, in prededuzione (articolo 30, legge 220/2012).

Conclusioni
Alcune brevi considerazioni meritano rilievo : al curatore spetta, principalmente, l'amministrazione dei beni del fallito sotto la direzione del giudice delegato. L'attività del curatore è anche di tipo negoziale e, pertanto, nell'interesse del mantenimento del valore del bene ed in funzione del soddisfacimento dei creditori del fallito, egli avrà interesse a che il valore del bene amministrato aumenti. E' evidente, che in caso di fallimento del condomino e nella possibilità che si possa beneficiare dei benefici fiscali del superbonus per poter ottenere una rivalutazione, anche economica, del bene, il curatore fallimentare avrà tutto l'interesse a relazionare al giudice delegato ed ai creditori, in merito all'opportunità che l'iter del superbonus venga portato avanti anche per e nell'interesse del fallito.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©