Danni da infiltrazioni: la fattura non basta come prova
Ai fini del risarcimento è preferibile (se possibile) non ripristinare l'appartamento danneggiato ed attendere le verifiche in corso di giudizio
In una breve, ma compendiosa, sentenza del Tribunale di Roma (la numero 5162 del 30 marzo 2023) il giudice ha avuto l'occasione di ripercorrere, con felice sintesi, molti dei principi che regolano l'eventuale responsabilità del condominio a seguito di danni da infiltrazioni. Un breve cenno preliminare va fatto alla pretesa di parte attrice che, va subito anticipato, il giudice ha rigettato per difetto di prova con conseguente condanna al rimborso a controparte delle spese legali (un esito del giudizio certamente infausto).
I fatti di causa
La domanda veniva proposta dall'istante con riferimento all’articolo 2051 Codice civile secondo cui, testualmente, «Ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito». In punto di fatto, sosteneva che il suo appartamento era stato danneggiato da infiltrazioni provenienti dalla sovrastante terrazza a livello esclusiva, avente anche funzione di copertura dell'edificio.Per l'effetto citava sia il condominio sia il singolo condomino titolare dell'uso esclusivo sulla terrazza, chiedendo il ristoro dei danni (ammontanti, invero, ad una cifra considerevole: quasi 200.000,00 euro).
Espletata la fase istruttoria con l'effettuazione, in particolare, di una perizia d'ufficio, il giudice non accoglieva la richiesta di risarcimento sulla scorta del seguente lineare ragionamento.In primo luogo, rientrando l'asserito evento dannoso nella fattispecie di cui al citato articolo 2051 Codice civile, al fine di ottenere il risarcimento dei danni causati dalla «cosa» non si rende necessario riscontrare un comportamento negligente e/o omissivo da parte del custode (cioè, del proprietario o del titolare del diritto d'uso esclusivo) ma è sufficiente provare il cosiddetto «nesso eziologico» cioè il legame causa/effetto tra detta cosa e i danni stessi.
L’irrilevanza del comportamento del custode
In poche parole, non occorre altro che la prova che la cosa sia causa del danno ed è irrilevante il comportamento del proprietario/titolare (sul punto, si vedano, da ultime e tra le moltissime di legittimità e di merito, Cassazione 7415/2023 e Cassazione 27989/2022).Il proprietario/titolare può, tuttavia, tentare di esimersi da responsabilità provando, a sua volta, che si è verificato un fatto fortuito vale a dire un accadimento imprevedibile e fuori del suo controllo, che si è reso unica causa del danno (si pensi, con riferimento alla nostra ipotesi, al caso dell'evento meteorologico di natura eccezionale: in merito a tale aspetto, si veda, sempre tra le molti conformi, Cassazione 9172/2023 che parla, appunto, di evento dannoso verificatosi «in modo non prevedibile né prevenibile»).
Nello specifico, non solo parte attrice non è stata in grado di provare tale nesso eziologico (il giudice ha, tra l'altro, evidenziato che non era stata depositata alcuna documentazione fotografica) ma nemmeno il Ctu è riuscito nell'accertamento in quanto l'abitazione (presuntivamente) danneggiata era stata completamente e preventivamente ripristinata (per inciso, detto perito d'ufficio ha riscontrato «la presenza solo di piccole tracce di umidità su alcuni beni»).Relativamente all'intervento del Ctu è interessante notare come lo stesso se, da una parte, ritiene astrattamente plausibile che le infiltrazioni provengano dalla terrazza sovrastante, d'altra parte afferma che non va esclusa la potenziale concorrente riconducibilità causale anche a beni di natura esclusivamente condominiale ovvero di proprietà di parte attrice e che pure sono sovrastanti l'appartamento di quest'ultima.
Le risultanze della Ctu
Da tale ultimo passaggio, emerge che la diffusa compenetrazione di beni ed impianti (di proprietà sia comune sia esclusiva) che sempre si verifica nell'edificio condominiale rende particolarmente importante non dare nulla per scontato in termini di prova del danno in quanto è sempre possibile che la sua provenienza sia ascrivibile agli uni oppure agli altri (si pensi, per esempio, alla presenza abbinata in loco di condutture di differente titolarità e funzione).
In tale contesto di carente supporto alla domanda di risarcimento, si aggiunge anche il fatto che il Tribunale, in armonia con principi ormai consolidati, svaluta decisamente il valore probatorio sia della perizia di parte, che qualifica come mera difesa unilaterale (non certo equiparabile all'imparziale Ctu) peraltro priva di accertamento diretto sui luoghi (per la chiarezza, si veda sul punto Consiglio di Stato 14 marzo 2023, numero 2665 secondo cui «la consulenza tecnica di parte costituisce una semplice allegazione difensiva, priva di autonomo valore probatorio, qualora si presenti quale mero atto difensivo, recante allegazioni tecniche a loro volta da dimostrare mediante la produzione degli occorrenti mezzi di prova»), sia della fattura relativa agli interventi di ripristino ritenuta, peraltro, inammissibile anche dal punto di vista procedurale (per il principio anche in questo caso pacifico, da ultima Cassazione 3293/2018).
Conclusioni e suggerimenti
Come si vede, una causa civile dalla dinamica e dagli esiti particolarmente negativi per la parte attrice.Se, comunque, si volesse desumere un decalogo di comportamento per tali casi, certamente si potrebbero individuare le seguenti linee guida:
- il danno da infiltrazioni va adeguatamente provato se si vuole ottenere un risarcimento (e, a tal fine, non ci si deve limitare al deposito di una perizia tecnica di parte o della fattura della ditta intervenuta);
- è preferibile (se possibile) non ripristinare l'appartamento danneggiato ed attendere le verifiche in corso di giudizio;
- nel caso in cui l'immobile debba essere rispristinato prima di tali verifiche, è opportuno comprovare il danno con idonea documentazione fotografica (e, perché no, anche video) e con una perizia tecnica contenente il resoconto di puntuali verifiche in loco.
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