Condominio

Del danno provocato dalla società amministratrice risponde il rappresentante

La società e la persona fisica che la gestisce sono obbligati in solido verso il condominio al risarcimento dell’unico danno

di Matteo Rezzonico

È noto che dietro lo schermo societario possono nascondersi persone fisiche che utilizzano la società per sottrarsi ai rischi connessi all’attività professionale e/o per perpetrare vere e proprie truffe o indebite appropriazioni o altro. In questo contesto si inserisce la sentenza della Corte di appello di Milano 25 ottobre 2022 numero 3342, secondo cui l'inadempimento contrattuale della società amministratrice di condomìni non implica di per sé responsabilità dei soci e dei rappresentanti nei confronti dei condòmini. E tuttavia può configurarsi il concorso tra l'inadempimento contrattuale della società e l'illecito extracontrattuale dell'amministratore (o dei soci) tutte le volte in cui tra l'inadempienza della società ed il comportamento di chi abbia esercitato (anche solo in via di fatto) le funzioni di amministratore, esista un nesso di causalità necessaria nella provocazione del danno.

La pronuncia milanese

Applicando questi principi la Corte di appello di Milano ha condannato il presidente del consiglio di amministrazione di una società amministratrice di condomìni, che aveva distratto somme da un condominio per oltre 23 mila euro. La corte milanese ha anche chiarito che sia la società, sia la persona fisica che la rappresenta sono obbligati in solido al risarcimento dell'unico danno (costituito dal pagamento delle somme sottratte alle casse condominiali, oltre rivalutazione monetaria e interessi compensativi) che non può essere duplicato. Conseguentemente il pagamento da parte di uno dei due coobbligati (la società e/o il presidente del Consiglio di amministrazione), libera l'altro (secondo lo schema dell'articolo 1292 del Codice civile in tema di obbligazioni solidali).

Il fatto

Un condominio ha citato in giudizio il presidente del consiglio di amministrazione di una società amministratrice di condomìni chiedendone la condanna in via di risarcimento danni (articolo 2043 del Codice civile), adducendo che quest'ultimo aveva prelevato somme consistenti dalle casse condominiali (euro 23.631,50) che non trovavano giustificazione nei rendiconti. Il Tribunale di Milano - qualificata la domanda come azione di indebito arricchimento a norma dell’articolo 2041 del Codice civile – l'ha respinta ritenendo provato il depauperamento del condominio ma non l’arricchimento del presidente del consiglio di amministrazione.

Tanto più che era intervenuto un altro giudizio in cui la società amministratrice del condominio - di cui il presidente persona fisica era rappresentante – aveva già subito condanna al risarcimento del danno per lo stesso fatto e per lo stesso importo. E tanto più che la società è successivamente fallita e la compagine condominiale si è insinuata nel passivo di cui alla procedura.Il condominio ha quindi proposto appello ritenendo che il Tribunale avesse sbagliato nel qualificare la domanda come azione di indebito arricchimento, invece che come azione di risarcimento danni di natura extracontrattuale, pur a tutela di un credito.

I motivi della decisione

Per la Corte d’appello la domanda del condominio non può essere ricondotta ad un’azione di indebito arricchimento, ma costituisce un’azione di responsabilità extracontrattuale (cioè di danni) come si evince dalle conclusioni della citazione, che fanno riferimento alla restituzione della somma di euro 23.631,50 da parte di un soggetto, (il presidente del consiglio di amministrazione), non legato direttamente da un rapporto contrattuale al condominio. Nella fattispecie – conferma la Corte - non vi è duplicazione delle poste risarcitorie, anche se il condominio per lo stesso danno abbia esercitato separatamente l’azione di risarcimento derivante da inadempimento contrattuale nei confronti della società (articolo 1218 del Codice civile) e di risarcimento derivante da illecito extracontrattuale nei confronti della persona fisica rappresentante l'ente (articolo 2043 del Codice civile).

Ed infatti sussiste un concorso nell’aver causato lo stesso danno attribuibile sia alla persona fisica rappresentante la società, sia alla società, con conseguente responsabilità solidale di ambedue a norma dell’articolo 2055 del Codice civile. Nonostante l’inadempimento contrattuale della società non implichi di per sé responsabilità degli amministratori nei confronti del contraente è configurabile il concorso tra inadempimento contrattuale della società e illecito extracontrattuale dell’amministratore della società. Ciò avviene quando tra l’inadempimento della società e il comportamento di chi abbia esercitato anche solo in via di fatto le funzioni di amministratore della società ed abbia con essa a qualsiasi titolo cooperato esista un nesso di causalità necessaria.

Nella specie era stato accertato che la distrazione di somme era stata effettuata dal presidente della società con la collaborazione della moglie, con incidenza causale sull'inadempimento della società stessa.In conclusione la società e la persona fisica sono obbligati in solido verso il condominio al risarcimento dell’unico danno, consistente nella restituzione al condominio della somma di euro 23.631,50. Va da sé che il pagamento da parte di uno dei due coobbligati solidali libera l'altro.

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