Diritto condominiale preso sul serio: da uniformare le tre maggioranze per abbattere le barriere architettoniche
Sarebbe da rendere permanente il quorum reintrodotto fino al 2025 (maggioranza dei partecipanti all'assemblea che rappresenti almeno un terzo del valore millesimale dell'edificio)
La legge 197/2022 (Finanziaria 2023) contiene due importanti novità per la normativa sulle barriere architettoniche: da una parte il bonus fiscale, già previsto dall’articolo 119-ter del Dl 34/2020, relativo alla detrazione del 75%, viene prorogato per altri tre anni (e così sarà utilizzabile per gli interventi eseguiti fino al 31 dicembre 2025) e, dall’altra parte, si stabilisce che le deliberazioni dell’assemblea condominiale che hanno per oggetto gli interventi direttamente finalizzati al superamento e all'eliminazione di barriere architettoniche in edifici già esistenti possono essere approvate con la sola maggioranza dei partecipanti all'assemblea che rappresenti almeno un terzo del valore millesimale dell'edificio.
Le maggioranze attualmente esistenti
In sostanza la Legge Finanziaria ha ripristinato una maggioranza deliberativa agevolata per approvare le barriere architettoniche come era prevista nel testo originario dell’articolo 2 della legge 13/1989 (e poi che è stata incomprensibilmente aumentata dall’articolo 27 della legge di riforma 11 dicembre 2012, n. 220).Ma questa nuova maggioranza si aggiunge ad altre due maggioranze preesistenti utilizzabili sempre per l’eliminazione delle barriere architettoniche. La prima è appunto quella prevista dall’articolo 2 della legge 13/1989 che, nel testo attuale, richiede, sia in prima che in seconda convocazione, le maggioranze previste dall’articolo 1120, comma 2, numero 2), del Codice civile.
Mentre l’altra maggioranza preesistente è proprio quella prevista da quest’ultima disposizione per le innovazioni relative, tra le altre, agli interventi diretti ad eliminare le barriere architettoniche; si applica infatti la maggioranza indicata dall’articolo 1136, comma 2, del Codice civile, invece che dal comma 5 della stessa disposizione dedicata alle innovazioni in generale. In concreto, sia in prima che in seconda convocazione, deve essere favorevole un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio.
La disciplina negli edifici privati e pubblici
Va ricordato che la disciplina sulle barriere architettoniche negli edifici privati contenuta nella legge 13/1989 viene completata dal suo regolamento di attuazione previsto dal Decreto ministeriale 236 del 14 giugno 1989 (Prescrizioni tecniche necessarie a garantire l’accessibilità, l’adattabilità e la visitabilità degli edifici privati e di edilizia residenziale pubblica sovvenzionata e agevolata, ai fini del superamento e dell’eliminazione delle barriere architettoniche), integrata dalla Circolare Lavori pubblici 22 giugno 1989, numero 1669/UL (Circolare esplicativa della legge 9 gennaio 1989, numero 13); peraltro questa normativa adesso fa parte del Testo unico dell’Edilizia (articoli 77/81 Dpr 380 del 6 giugno 2001).
Per gli edifici pubblici, invece, la disciplina è costituita dalla legge 118 del 30 marzo 1971, insieme al suo regolamento di attuazione Dpr 384 del 27 aprile 1978, poi sostituito dal Dpr 503 del 24 luglio 1996 (Regolamento recante norme per l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici, spazi e servizi pubblici).Inoltre molte regioni hanno anche emanato leggi in materia di barriere architettoniche (Lombardia legge regionale 6 del 20 febbraio 1989, Liguria legge regionale 15 del 12 giugno 1989, Provincia autonoma Trento legge provinciale del 7 gennaio 1991, Sardegna legge regionale 32 del 30 agosto 1991, Toscana legge regionale 47 del 9 settembre 1991, Friuli Venezia Giulia legge regionale 41 del 25 settembre 1996, Emilia Romagna legge regionale 24 dell’8 agosto 2001, Molise legge regionale 25 del 18 ottobre 2002, Veneto legge regionale 16 del 12 luglio 2007, Valle d’Aosta legge regionale 14 del 18 aprile 2008 e Puglia legge regionale 39 del 10 dicembre 2012).
Nell’elaborazione giurisprudenziale – che è stata molto corposa soprattutto dopo l’entrata in vigore della legge 13/1989 – le decisioni, dopo una fase iniziale di orientamenti contrastanti, si mostrano ormai nettamente favorevoli all’esecuzione delle opere dirette al superamento delle barriere architettoniche negli edifici privati e, nei casi in cui la normativa speciale si riveli insufficiente, resta percorribile l’alternativa costituita dalla disciplina codicistica nelle forme dell’articolo 1102 del Codice civile; ed anzi quest’ultima disposizione in molti casi può risultare in concreto perfino più proficua del ricorso alla disciplina speciale del 1989, dal momento che molte volte si dimostra meno penalizzante rispetto all’applicazione della sola legge speciale, anche se questo può sembrare contraddittorio dal momento che quest’ultima era stata emanata nel 1989 con lo specifico scopo di ampliare le tutele già esistenti.
Le novità introdotte dalla riforma
Come già anticipato, la legge di riforma del condominio nel 2012 ha poi introdotto una specifica maggioranza agevolata valida, tra le altre materie, anche per «le opere e gli interventi previsti per eliminare le barriere architettoniche», modificando l’articolo 1120, comma 2, numero 2, del Codice civile in tema di innovazioni e prevedendo che i condomini, nel rispetto della “normativa di settore”, possono approvare le deliberazioni con la maggioranza ordinaria indicata dall’articolo 1136, comma 2 (invece di quella prevista in generale per le innovazioni dal comma 5) e stabilendo che l’amministratore è tenuto a convocare l’assemblea entro trenta giorni dalla richiesta anche di un solo condomino interessato all’adozione di tali deliberazioni.
In tal modo la maggioranza agevolata contenuta nell’articolo 1120, comma 2, numero 2, del Codice civile è venuta ad affiancarsi alla maggioranza agevolata già vigente in materia di barriere architettoniche dettata dall’articolo 2, comma 1, della legge 13/1989 e così la precedente maggioranza agevolata introdotta dalla legge speciale (mediante l’articolo 2, comma 1) continua a coesistere e operare insieme all’analoga (o perlomeno similare) ipotesi prevista dall’attuale testo dell’articolo 1120, comma 2, numero 2, del Codice civile.
Le difficoltà di coordinamento tra le previsioni
Anche se le due maggioranze in concreto coincidono, nel senso che sono identiche fra di loro, tuttavia il coordinamento fra le due disposizioni non si presenta agevole:
a) per la sostanziale identità (almeno parziale) delle situazioni contemplate dall’articolo 1120, comma 2, n. 2, del Codice civile riformato, con quelle disciplinate dalla precedente legge speciale 13/1989;
b) per l’ambiguità della formulazione dell’ipotesi contenuta nell’articolo 1120 vigente, la cui imprecisione lessicale porta alla conseguenza che l’ipotesi disciplinata dal nuovo n. 2 dell’articolo 1120, comma 2, sembra approvabile dall’assemblea con la maggioranza disposta dall’articolo 1136, comma 2, anche nei casi in cui l’innovazione a cui essa si riferisce non rivesta pure eventuali requisiti specifici richiesti dalla legge speciale (così allora rendendo quest’ultima di fatto superflua, dato che la relativa disciplina risulta assorbita da quella del nuovo articolo 1120 del Codice civile).
In una situazione come questa permangono quindi seri dubbi interpretativi, in quanto la portata delle due disposizioni assume una valenza, per un verso, integrativa e, per altro verso, di segno addirittura elusivo rispetto alle condizioni previste dalle disposizioni già vigenti.
L’ambito di applicazione
Adesso bisogna individuare l’ambito di applicazione delle tre maggioranze previste dalla disposizioni fin qui ricordate (l’attuale articolo 1120, comma 2, numero 2, del Codice civile modificato dalla legge di riforma 220/2012, l’articolo 2, comma 1, della legge 13/1989 e l’articolo 119-ter, comma 4-bis del Decreto legge 34 del 19 maggio 2020, introdotto dalla legge 197/2022, Legge Finanziaria 2023).
Riguardo alle previsioni contenute nella legge 13/1989 e nel Codice civile, le maggioranze coincidono ed in effetti anche il loro ambito di applicazione si presenta assai simile, se non identico, rendendo di fatto superflua l’esistenza di due disposizioni distinte. L’altro aspetto che pure le accomuna è che il testo iniziale dell’articolo 2 della legge 13/1989, invece, prevedeva una maggioranza ancora più agevolata, perché bastava, nelle assemblee di seconda convocazione, il voto favorevole espresso da un terzo dei partecipanti e un terzo del valore dell’edificio.
Ora il comma 4-bis dell’articolo 119-ter del Decreto legge 34/2020 ha ripristinato di nuovo una maggioranza agevolata, ma la sua validità – a causa della formulazione adottata – sembra limitata alle sole ipotesi di utilizzo dell’agevolazione fiscale e non idonea a sostituire, in maniera permanente, la maggioranza, più elevata, prevista dalla legge 13/1989.