I martedì del diritto: il gazebo a servizio di un bar è tenuto a rispettare le distanze stabilite dal Comune
Non dunque quelle previste dal Dm 1444/1968. Devono tenerne conto gli amministratori in caso di azioni per bloccare le eventuali immissioni rumorose
Dalla rivista «L’amministratore» di Anaci, sede provinciale di Milano, il commento alla sentenza del Consiglio di Stato, sezione quarta, del 10 gennaio 2023 numero 304
Il rispetto delle distanze in caso di gazebo
Un gazebo a servizio di un bar non è qualificabile come costruzione vera e propria in senso giuridico, ma costituisce un’attrezzatura speciale a servizio di attività commerciale. Dal combinato disposto dei punti (e.5) ed (e.6) del comma 1 dell’articolo 3 del Testo unico 380/2001 deriva che è possibile realizzare una struttura di questo tipo rispettando non le distanze di cui al Dm 1444/1968, ma quelle stabilite in concreto per la categoria dal Comune interessato (nel Piano dell’arredo urbano) purché non superino il 20 % del volume dell'edificio).
I fatti di causa
La sentenza del Consiglio di Stato indica una soluzione non nuovissima, ma molto utile anche per gli amministratori di condominio, alle prese con l'avversione naturale e forse anche comprensibile dei condòmini rispetto alla realizzazione di gazebo funzionali al consolidamento di strutture naturalmente idonee ad agevolare attività che possono recare un qualche disturbo, soprattutto nelle ore serali. La fattispecie decisa dalla sentenza concerne un dehor realizzato su suolo pubblico dal proprietario di un bar, che si era addirittura preoccupato di presentare domanda per permesso di costruire ed aveva persino versato il relativo contributo.
I limiti di volume della nuova struttura
Il giudice ha osservato che tali incombenze non sarebbero state dovute, poiché il dehor non può essere qualificato come costruzione in senso giuridico e costituisce semplice attrezzatura speciale a servizio di attività commerciale, contemplata dal combinato disposto dei punti (e.5) ed (e.6) del comma 1 dell’articolo 3 del Testo unico dell'edilizia. È stato specificato che il punto e- cinque include tra le nuove costruzioni gli “ambienti di lavoro”, specificando che gli stessi possono essere costituiti anche da prefabbricati o strutture di qualsiasi genere. Il punto e-sei stabilisce che ricade nella potestà regolatoria dei comuni l’individuazione delle pertinenze ai fini urbanistici, sottratte alla disciplina delle nuove costruzioni, con il limite per cui esse non devono superare il 20% del volume dell’edificio principale.
Le norme regolatrici sono pertanto quelle stabilite in concreto per la categoria dal Comune interessato (conforme Consiglio di Stato 9265/2010). Nel caso di specie, non consta che le distanze previste dal Piano dell’arredo urbano, come tale non impugnato, siano state violate, e quindi il permesso è stato legittimamente rilasciato. È stato inoltre ricordato che le distanze dettate dall'articolo 1444 del Dm 1968, non potrebbero comunque applicarsi a manufatti realizzati sul suolo pubblico (Cassazione 7857/2021). Come si è detto la sentenza merita attenzione, anche per effetto dell'incremento della diffusione dei dehors in esito alle agevolazioni concesse dalla normativa sulla emergenza Covid. Le ragioni di contrarietà dei condòmini dipendono molto spesso dalle immissioni di rumori alle quali si aggiungono anche i disagi provocati dalle strutture collocate in luoghi che diversamente sarebbero dedicati al passaggio.