Condominio

I martedì del diritto: il giudice verifica la correttezza del quorum della delibera che accerta la proprietà

La delibera autorizzativa, eventualmente necessaria perché il condominio intraprenda una lite, deve costituire oggetto di grande attenzione per il difensore e per l'amministratore del condominio

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di Eugenio Correale

Dalla rivista «L'amministratore» di Anaci, sede provinciale di Milano, il commento alla ordinanza della corte di Cassazione 37739 del 23 dicembre 2022.

Se la delibera autorizzativa non è stata correttamente approvata

Ai fini della verifica della legittimazione processuale attiva dell’amministratore del condominio a proporre la lite che non rientri nei limiti delle sue attribuzioni, il giudice adito deve verificare, anche d’ufficio, seppure incidentalmente, che la delibera autorizzativa sia stata adottata con la maggioranza qualificata di cui all’articolo 1136 Codice civile. In difetto di valida delibera autorizzativa, si deve affermare la carenza di legittimazione dell'amministratore, con rigetto della domanda da lui proposta.

La mancanza di chiarezza nel testo della delibera

La sentenza deve far riflettere anche chi non condivida le soluzioni adottate dalla corte Suprema. Infatti le perplessità sulla legittimazione dell'amministratore ad intraprendere la azione decisa dalla sentenza in commento erano state alimentate dalla farraginosità delle espressioni utilizzate nei verbali delle assemblee che avevano dato avvio alla causa. Sarebbe stato semplice e forse anche prudente scrivere con decisione e con precisione che l'assemblea autorizzava l'amministratore ad iniziare la causa per fare accertare la proprietà comune del lastrico, ma le delibere erano state più evanescenti.

La prima delibera aveva conferito al legale «la mera autorizzazione ad esperire le azioni volte a far dichiarare l’inefficacia degli atti di vendita che attribuivano la proprietà del terrazzo, in via esclusiva, agli acquirenti». La delibera successiva aveva insistito su tale prospettiva alquanto incerta, accendendo un faro sulla validità e sulla effettività della autorizzazione vantata dall'amministratore e sui temi di contorno. Del resto, l'oggetto della controversia costituiva classico campo di polemica processuale. Il condominio sosteneva che si trattava di azione volta a conservare i diritti dei condòmini sulle parti comuni e quindi rientrante nell'alveo della legittimazione ordinaria dell'amministratore. Gli acquirenti del lastrico, convenuti nel giudizio, avevano sostenuto trattarsi di azione reale estesa al ripristino della cosa comune, debordante dalla sfera di legittimazione ordinaria dell'amministratore.

L’accertamento dei vizi, anche d’ufficio

La prudenza avrebbe potuto suggerire all'attore di elidere in radice ogni problema acquisendo ulteriore ed espressa autorizzazione, ma così non è stato. La Corte si è quindi trovata a dover verificare se l'autorizzazione esistesse e se fosse valida. In questa particolare ricerca è stata emessa indicazione molto pericolosa per gli amministratori e per i condominii: è stata affermata l'esigenza di accertare, anche di ufficio, se la delibera autorizzativa sia affetta da vizi che ne comportino la nullità. La sentenza è andata avanti rispetto a quanto era dato constatare quasi sempre ed ha sottolineato che il giudicante deve scrutinare anche la semplice annullabilità, purché sia stata posta tempestivamente domanda riconvenzionale.

Il tipo di vizio dell’atto

Occorre precisare che la decisione di respingere la domanda è stata adottata perché la delibera con la autorizzazione all'amministratore non era stata approvata dalle dovute maggioranze. Si trattava quindi di vizio che a far tempo dalla sentenza 4086/2005 delle Sezioni unite comporta la semplice annullabilità e quindi vizio molto meno grave della nullità radicale. Dopo di allora la giurisprudenza quasi uniforme ha precisato che devono qualificarsi come semplicemente annullabili le delibere con vizi relativi alla regolare costituzione dell’assemblea, quelle adottate con maggioranza inferiore a quella prescritta dalla legge o dal regolamento condominiale, quelle affette da vizi formali in violazione di prescrizioni legali, convenzionali, regolamentari attinenti al procedimento di convocazione o informazione in assemblea, quelle genericamente affette da irregolarità nel procedimento di convocazione, quelle che richiedono maggioranze qualificate in relazione all’oggetto.

Comportano la semplice annullabilità la approvazione con maggioranza inferiore a quella prescritta per legge che può essere rilevata dal giudice unicamente se l'interessato impugni nel rispetto del termine di trenta giorni, talché appare sommamente difficile che i condòmini che erano stati citati in giudizio abbiano fatto in tempo a proporre impugnazione valida e tempestiva. Per correttezza di disamina si riconosce che la lettura della sentenza non permette di rilevare se il principio sia stata applicato per il caso di specie, tuttavia nulla esime da considerazione molto più stringente: la delibera autorizzativa, eventualmente necessaria perché il condominio intraprenda una lite, deve costituire oggetto di grande attenzione per il difensore e per l'amministratore del condominio.

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