Condominio

Il condominio rimborsa il danneggiato sulla base della fattura delle spese sostenute per il ripristino del tetto

In assenza di prova liberatoria, superflua la consulenza tecnica d'ufficio per dimostrare il danno derivante dalle cose comuni

di Ivan Meo e Roberto Rizzo

Il Tribunale di Cosenza, con la sentenza numero 770 del 2 maggio 2023 , ha nuovamente evidenziato la delicatezza del ruolo del condominio, e per esso dell'amministratore, quale custode dei beni comuni, ponendo l'accento sulla rilevanza degli oneri probatori gravanti sull'ente di gestione, convenuto in giudizio per rispondere dei danni causati alla proprietà privata dal tetto in eternit dello stabile.

La vicenda processuale

In particolare, per il giudice cosentino, a fonte delle gravi infiltrazioni d'acqua presenti all'interno dell'appartamento della parte attrice, ampiamente documentate dalla nota redatta (a seguito d'intervento sui luoghi di causa) da un dirigente medico dell'Asl territorialmente competente, dalle deposizioni dei testimoni escussi e dai rilievi fotografici acquisiti agli atti di causa, devono essere risarcite le spese sostenute dall'istante per la bonifica dei locali ed il rispristino del tetto, esposte nella fattura saldata alla ditta che ha eseguito i lavori. Nella valutazione complessiva del giudicante, inoltre, pesa in maniera decisiva l'inerzia dell'amministratore.

Quest'ultimo, nonostante avesse ammesso di essere a conoscenza del degrado del manto di copertura dell'edificio condominiale immediatamente soprastante l'appartamento degli attori, anche a seguito dell'intimazione ricevuta dall'ufficio tecnico del Comune, non è intervenuto in alcun modo per la rimozione delle fibre d'amianto di cui era composto il tetto, né, tantomeno, per ripristinare le lesioni attraverso le quali l'acqua piovana si infiltrava nell'immobile oggetto dei lamentati danni.Legittimo, dunque, per il Tribunale, accertata la sussistenza dell'evento dannoso, riconoscere il diritto al risarcimento della somma spesa dai proprietari dell'immobile, i quali, proprio per supplire all'incuria del condominio, hanno affidato l'appalto ad una ditta di loro fiducia, che ha provveduto alla risoluzione definitiva del problema, anche sul tetto ammalorato.

L'inquadramento giuridico della fattispecie

La vicenda può essere ricondotta, ad avviso del giudicante, nell'ambito di applicazione dell’articolo 2051 del Codice civile, che pone a carico dell’attore l’onere di provare la sussistenza del nesso eziologico tra l’insidia ed il danno. Spetta, infatti, al danneggiato allegare e provare la derivazione causale dell’evento lesivo dalla cosa oggetto dell’obbligo di manutenzione, ovvero di custodia, da parte del terzo responsabile (Tribunale di Crotone, 18 febbraio 2021).

Più specificamente, laddove la cosa in custodia sia inerte e priva di una propria, intrinseca, pericolosità, il danneggiato deve dimostrare che lo stato dei luoghi presentava un’obiettiva situazione di degrado, tale da rendere molto probabile, se non inevitabile, il verificarsi dell'evento lesivo, nonché di aver tenuto un comportamento di cautela adeguato alla situazione di rischio percepibile con l'ordinaria diligenza, atteso che il caso fortuito può essere integrato anche dal fatto colposo dello stesso danneggiato (Cassazione 1064/2018; Cassazione 11526/2017; Cassazione 12895/2016). Una volta dimostrata l’effettiva sussistenza di tali elementi, sarà il custode onerato di provare l’inidoneità in concreto della situazione denunciata a determinare il sinistro, o la colpa del danneggiato, ovvero l’esistenza di altri fatti idonei ad interrompere il nesso causale fra le condizioni del bene ed il danno, integranti il caso fortuito (Cassazione 26751/2009).

L'inerzia probatoria del condominio

Nel caso di specie, a fronte del puntuale assolvimento dell'onere probatorio gravante sui danneggiati, l'ente di gestione, non solo non ha assunto nella fase antecedente il giudizio alcun accorgimento atto ad eliminare il potenziale pericolo (di cui, peraltro, l'amministratore aveva, per sua stessa ammissione, conoscenza diretta), ma, in corso di causa, non ha offerto, né allegato, alcuna prova o elemento che potesse integrare gli estremi di un valida circostanza esimente.

Pertanto, a fronte delle risultanze processuali, per il Tribunale di Cosenza del tutto irrilevanti sono sia la mancanza di un accertamento tecnico preventivo tra le parti dal quale desumere con chiarezza la ripartizione delle responsabilità, sia la disposizione di una consulenza tecnica d'ufficio che, sulla base delle premesse, sarebbe comunque intervenuta a lavori già ultimati.

La quantificazione del danno

Provato il sinistro, dunque, ed il conseguente diritto al risarcimento, per la quantificazione del ristoro spettante agli attori può essere validamente assunta come criterio di riferimento la fattura delle spese sostenute la quale, pur non contenendo alcun riferimento ai prezziari utilizzati, appare congrua anche in considerazione dell'ampia superficie interessata dai lavori e della complessità delle attività finalizzate alla bonifica dall'amianto, realizzata esclusivamente dai danneggiati.Alla soccombenza integrale del convenuto, segue, ovviamente la condanna alle spese di lite.

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