Condominio

Il condomino disabile può predisporre l’ascensore sulla facciata del palazzo anche senza l’ok dell’assemblea

La tutela del diritto alla salute e il principio di solidarietà sociale consentono minime compromissioni del decoro architettonico

di Fulvio Pironti

L’ascensore esterno, installato sulla facciata condominiale a cura e spese del disabile e volto a eliminare le barriere architettoniche, deve considerarsi indispensabile ai fini della accessibilità e abitabilità dell’appartamento. È il chiarimento reso dal Tribunale di Roma con la sentenza 19186/2022 .

I gradi di tutela della disabilità in condominio

È noto che il disabile fruisce di una tutela rafforzata prevista dall’articolo 2 del dettato costituzionale. Il disposto impone allo Stato di adempiere agli imprescindibili doveri di solidarietà sociale. Da ciò scaturisce il riconoscimento dei diritti dei portatori di handicap anche nei plessi edilizi. In particolare, nel condominio sono presenti diversi gradi di tutela delle disabilità:

a) diritto di abbattere le barriere architettoniche;

b) diritto di realizzare a proprie spese interventi volti ad agevolare l’accesso all’unità abitativa;

c) diritto al posto-auto più prossimo al portone d’ingresso;

d) diritto ad installare l’ascensore o il servoscala.

Cosa prevede la Legge 13/189

La Legge 13/1989 esprime un granitico principio di solidarietà sociale e si prefigge l’apprezzabile fine di agevolare l’accesso dei disabili ai condomìni. È qui di interesse il diritto a installare l’ascensore. Laddove l’edificio non disponga di elevatori, il disabile avrà diritto a domandarne la predisposizione per raggiungere agevolmente il proprio alloggio. L’impianto potrà essere esterno (e in tal caso sarà ininfluente la violazione del decoro architettonico) o interno (e in tal caso si considereranno irrilevanti le compressioni degli spazi nelle scale, semprechè non si renda esageratamente difficoltoso il transito per abitanti e visitatori). Per favorire l’installazione di ascensori abbattendo le barriere architettoniche, gli impianti potranno essere realizzati anche disattendendo le distanze legali, essendo indispensabili ai fini di una civile abitabilità armonicamente connessa con l’evoluzione delle esigenze generali.

Il caso

L’odierna pronuncia capitolina si innesta in un ampio orientamento sul quale confluiscono, in assoluta assonanza, più giurisdizioni: costituzionale (Costituzione, 167/1999), amministrativa (Consiglio di Stato, 1682/2020) e nomofilattica legittimità (Cassazione, 30838/2019). Un condomino affetto da gravissime menomazioni ha evocato il condominio davanti al Tribunale di Roma al fine di accertare e dichiarare l’impossibilità a raggiungere il proprio alloggio a causa delle scale presenti nell’immobile, barriere architettoniche tuttavia nemmeno superate dalla pregressa installazione del servoscala. Pertanto, ha chiesto di accertare e dichiarare, per gli effetti della legge 13/1989, articolo 2, il diritto a installare una piattaforma elevatrice esterna lungo il prospetto principale dell’edificio essendo indispensabile per assicurargli libertà di movimento e autorizzarlo a realizzare, a propria cura e spese, il progetto elaborato dal consulente d’ufficio nel procedimento per accertamento tecnico preventivo. Inoltre, ha richiesto di essere autorizzato, anche in assenza di delibera assembleare, a realizzare l’elevatrice.

Proprietario di un cespite immobiliare situato all’ultimo piano di uno stabile privo di impianto ascensore, ha precisato di essere invalido civile al 100% in quanto privo di un braccio e una gamba e di aver sviluppato una gonartrosi limitativa della deambulazione. Non solo: ha ribadito di aver reiteratamente chiesto all’assemblea di poter installare, a proprie spese, la piattaforma ma, senza addurre alcun motivo, la compagine ha opposto il diniego.

In conseguenza, il ricorrente ha installato un servoscala la cui corsa si arresta al primo piano obbligandolo a proseguire per altre due rampe. Dato l’aggravarsi delle sue condizioni di salute, ha proposto accertamento preventivo sulla fattibilità esecutiva dell’elevatore esterno. La relazione tecnica d’ufficio ha evidenziato la necessità dell’intervento teso al superamento delle barriere architettoniche e indicato le linee progettuali per la realizzazione dell’opera. Nonostante le ripetute richieste, l’assemblea non ha concesso l’autorizzazione.

Illegittimo ostare opere utili a eliminare le barriere architettoniche

Al fine di individuare la soluzione idonea per rimuovere le barriere architettoniche, il giudice ha designato preliminarmente un consulente tecnico. La controversia verte sull’accertamento del diritto del condomino disabile, affetto da gravi menomazioni fortemente limitative della deambulazione, a installare sulla facciata esterna del plesso condominiale un elevatore. Diritto ripetutamente negato dall’assemblea dei condòmini. Il Tribunale ha osservato che l’assemblea può stabilire le modalità di utilizzazione dei beni comuni, nella specie per autorizzare l’allocazione di un ascensore in uno spazio comune, e modificare pregresse delibere qualora debba rivalutare la corrispondenza dell’opera innovativa. Non può, però, ostacolarne l’installazione nel caso in cui la stessa non valichi i limiti imposti dalla coesistenza di beni comuni e sia volta a rimuovere le barriere architettoniche.

Il condomino disabile può procedere anche senza l’ok assembleare

L’installazione di un ascensore su porzione condominiale, tesa all’eliminazione delle barriere, secondo la legge 13/1989, articolo 2, può essere approvata dall’assemblea con la maggioranza prescritta dall’articolo 1136, comma 2, Codice civile. Nell’ipotesi di rifiuto ad assumere la relativa delibera, può essere realizzata dai condòmini disabili richiedenti a propria cura e spese nel rispetto dei limiti imposti dagli articoli 1120 e 1121 del Codice civile. Le innovazioni che incidono sul bene condominiale (nel cui novero rientra l’installazione di un ascensore che modifichi parti comuni) richiedono, ex articolo 1120 Codice civile, la maggioranza qualificata ove comportino una spesa da ripartire fra tutti i condòmini in ragione millesimale. Qualora invece - com’è nella fattispecie - non debba essere suddivisa alcuna spesa, andrà applicato l’articolo 1102 del Codice civile.

Nessuna modifica della destinazione d’uso

La giurisprudenza (ex multis, Cassazione, 24006/2004) ha precisato che l’installazione di un ascensore può avvenire per iniziativa assembleare (addebitando i costi dell’opera a tutti i condòmini) o anche di un solo condomino. In questo caso, con attribuzione dell’opera e annessi oneri economici al condomino promotore affetto da disabilità. L’opera proposta dal condomino portatore di handicap era una piattaforma elevatrice la quale, considerata la grave compromissione della capacità deambulatoria, risultava essere - come peraltro ribadito dal consulente designato - l’unico modello realizzabile per eliminare le barriere architettoniche rappresentate dalla tromba delle scale che conduce all’alloggio.

Le risultanze peritali sono state interamente sposate dal giudice: è stato chiarito che l’elevatore, pur incidendo sull’area cortilizia comune e sul prospetto antistante lo stabile, non immutava la destinazione d’uso dei beni comuni e non ostruiva vedute e luci dei varchi di ingresso dei locali commerciali. Il vano corsa, poi, non impediva né comprimeva le vedute degli appartamenti e non pregiudicava l’illuminazione del vano scala. Le originarie funzioni espletate dalle finestre non subivano alcuna mutazione perché la torre dell’ascensore era trasparente. Né, inoltre, erano ravvisabili elementi che potessero pregiudicare la statica dell’edificio.

Il diritto alla salute prevale sul decoro architettonico

In ultimo, la realizzazione dell’impianto non ledeva nemmeno il decoro architettonico in quanto l’edificio non evidenziava particolari pregi architettonici, né linee euritmiche, sicché l’allocazione di una struttura vetrata non avrebbe pregiudicato profili estetici né alterato linee architettoniche. La curia capitolina ha rilevato che in una prospettiva di contemperamento degli opposti interessi, anche nel caso in cui fosse ravvisabile un interesse estetico, sarebbe sicuramente recessivo rispetto alla tutela del diritto alla salute in quanto, nel caso di specie, considerate le menomate condizioni personali del condomino, la realizzazione dell’ascensore risultava necessaria al fine di rispettare la dignità umana e garantire il principio antidiscriminatorio con la conseguenza che devono essere tollerate minime compromissioni dell’integrità del decoro architettonico.

In definitiva, valutata la meritevolezza della domanda attorea e ritenendo di dover restituire prevalenza al principio di solidarietà sociale, il decidente ha accertato il diritto del disabile a poter installare, senza preventiva autorizzazione assembleare, la piattaforma elevatrice con le caratteristiche e modalità specificate dall’elaborato peritale d’ufficio.

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