Condominio

Il conduttore deve provare il danno subìto per l'inattività dell'impianto termico centralizzato

Responsabile del mancato funzionamento resta il condominio. Nella domanda risarcitoria i locatori però sono legittimati passivi in quanto comproprietari dell'impianto

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di Fulvio Pironti

In caso di interruzione del funzionamento dell'impianto di riscaldamento centralizzato per l'intera stagione invernale, va respinta la richiesta risarcitoria del conduttore quando non offra la prova di aver subìto concreti pregiudizi (patrimoniali, non patrimoniali, danni alla salute). Lo ha precisato il Tribunale di Roma mediante sentenza numero 7169 pubblicata il 15 maggio 2023.

Il caso

La fattispecie merita di essere illustrata per la dovizia di aspetti antitetici e per il singolare responso del decidente. I conduttori di un appartamento ricadente in condominio evocavano i locatori dinnanzi al tribunale capitolino esponendo che per l'intera stagione invernale (dal novembre all'aprile) l'impianto termico centralizzato era rimasto inattivo a causa di guasti rinvenuti alla caldaia e alla canna fumaria. Le criticità, peraltro, venivano attestate da una nota informativa dell'amministratore diramata a tutti i condòmini.

Linea difensiva dei conduttori

I conduttori deducevano che i locatori non si erano attivati per garantire il godimento dell'immobile in quanto in assemblea straordinaria, adunata per risolvere l'incresciosa questione del riscaldamento, avevano espresso ogni contrarietà alla approvazione dei lavori di messa a norma dell'impianto. Non sortiva, inoltre, alcun effetto il bonario componimento prospettato dai conduttori: la richiesta ai locatori riguardava la possibilità di installare nell'appartamento un impianto di condizionamento e ottenere la riduzione del cànone locativo per l'arco temporale interessato dalla mancata erogazione del servizio di riscaldamento.

Sul fondamento delle addotte argomentazioni, i conduttori chiedevano la condanna dei locatori a risarcire il danno subìto a causa del limitato godimento dell'immobile (quantificandolo nella misura del 50% del cànone corrisposto durante il periodo novembre - aprile) e il danno morale, da determinarsi equitativamente, per la lesione alla salute.

Linea difensiva dei locatari

I locatori si costituivano rilevando che la responsabilità dell'omesso funzionamento dell'impianto andava ascritta solo al condominio in quanto l'amministratore non aveva provveduto celermente a manutenere l'impianto. Perciò la protratta inattività del servizio non andava imputata ai locatori, ma alla molestia posta in essere dal condominio (peraltro contestabile al condominio direttamente dai conduttori in forza dell'articolo 1585, comma 2, del Codice civile). Sostenevano altresì che gli ermellini (Cassazione 1693/2010) avevano chiarito che l'indicato disposto escludeva il locatore dall'obbligo di garantire il conduttore dalle molestie attuate dai terzi.

Ciò in quanto faculta e legittima il conduttore ad agire contro i terzi che arrecano pregiudizio al godimento dell'immobile mediante molestie di fatto (Cassazione n. 24805/2005). Pertanto, eccepivano il difetto di legittimazione passiva e l'infondatezza della domanda mentre in via gradata, laddove si fosse ravvisata una responsabilità nella causazione del danno lamentato dai conduttori, chiedevano di essere manlevati dal condominio in quanto quest'ultimo era l'effettivo responsabile dei danni. In definitiva, chiedevano il rigetto della domanda attorea per il difetto di legittimazione passiva e l'infondatezza nel merito. Inoltre, chiedevano, previa chiamata in causa, di ritenere il condominio responsabile del danno manlevando i locatori.

Linea difensiva del condominio

Autorizzata la chiamata in causa, il condominio si costituiva affermando che l'inattivazione dell'impianto termico discendeva da una serie di ostacoli tecnico-normativi. Chiariva che l'assemblea si era prontamente premurata di sostituire l'impianto nel rispetto delle norme. Tuttavia, rappresentavano che i proprio locatori in assemblea si erano pretestuosamente opposti alla approvazione degli interventi straordinari indispensabili per riattivare il servizio di riscaldamento (tra l'altro, finanche impugnando la delibera assembleare giungendo addirittura a sostenere di non essere tenuti al concorso di spesa).

La pretesa di manleva era da considerare infondata perché la causa dei disagi lamentati dai conduttori non era imputabile all'ente condominiale. Disattendendo le richieste dei conduttori volte ad ottenere caloriferi alternativi (come, ad esempio, termoconvettori, stufe elettriche e pompe di calore), i locatori avevano contravvenuto il dovere di garantire ai conduttori il godimento dell'immobile. Sulla base di tali deduzioni ha chiesto il rigetto delle avverse domande.

Linea motiva del decidente

Il decidente capitolino ha premesso che il mancato funzionamento dell'impianto termico per l'intera stagione invernale è pacifico e incontestato dai locatori e dal condominio. Ha ritenuto che la duratura sospensione del servizio va ascritta al condominio in base all'articolo 2051 Codice civile (danni cagionati da cose in custodia) per non aver provveduto tempestivamente a rimuovere le criticità. Invero, il condominio deve garantire, quale ente di gestione, il buon funzionamento del riscaldamento centralizzato. Ogni condomino - e per esso il proprio conduttore - ha diritto ad un impianto di riscaldamento centralizzato che assicuri calore nell'appartamento. Il condominio è custode dei beni e servizi comuni e ha l'onere di garantirne l'efficienza nel tempo.

Si ribadisce che la sua responsabilità trae fondamento dall'articolo 2051 del Codice civile secondo cui «ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito». È una forma di responsabilità oggettiva nella quale il danneggiato (conduttore o proprietario-condomino) è tenuto a provare il nesso causale fra la cosa custodita (impianto termico centralizzato) e il danno subìto. Deve soggiungersi che l'esistenza di un dovere manutentivo in capo al condominio dell'impianto termico scaturisce anche dagli articoli 1117, 1123 e 1130, numero 3, del Codice civile dai quali sorge l'obbligo di vigilanza e controllo finalizzato ad impedire che si arrechino danni a terzi.

La comproprietà dell’impianto

Nella fattispecie è indubbia la natura comune dell'impianto di riscaldamento e il dovere custodiale dello stesso gravante sul condomino. La prova del nesso di casualità è stata fornita, ma non il danno. Il danno lamentato dai conduttori non può essere rappresentato dal mero disagio discendente dalla impossibilità di fruire dell'alloggio riscaldato (circostanza, questa, incontestata dai locatori e dal condominio). Il giudicante respinge l'assunto dei locatori secondo il quale il condominio sarebbe l'unico responsabile dei danni lamentati dai conduttori (per aver causato una molestia di fatto con la mancata manutenzione dell'impianto) perché le molestie che escludono la responsabilità dei locatori verso i conduttori sono quelle provenienti dai terzi.

Ciò va escluso nel caso di specie poiché i locatori sono al tempo stesso proprietari dell'appartamento locato e comproprietari dell'impianto termico. Ragion per cui, rispetto alla domanda risarcitoria sono legittimati passivi nelle vesti di locatori e nel contempo di comproprietari dell'impianto.

Omessa prova del danno subìto

Ad avviso del tribunale i conduttori non hanno provato di aver subìto (all'infuori, come dianzi accennato, dei disagi causati dalla mancata fruizione del servizio di riscaldamento) concreti ed effettivi pregiudizi (patrimoniali o non patrimoniali). Né hanno offerto prova di essere stati lesi nel diritto alla salute. L'articolo 1227, comma 2, del Codice civile sancisce che «il risarcimento non è dovuto per i danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando l'ordinaria diligenza». Al riguardo, la giurisprudenza ha osservato che tale disposto prescrive al danneggiato un comportamento negativo (di non aggravare con la propria attività il danno prodotto) e richiede anche un intervento attivo e positivo volto a limitare ed evitare conseguenze dannose.

Secondo il giudicante i conduttori avrebbero potuto evitare ogni disagio sobbarcandosi di una modica spesa, perciò acquistando generatori di calore (come termoconvettori elettrici o stufe a gas o elettriche) per poi rivalersi verso i locatori o il condominio delle spese sopportate e dei maggiori esborsi per consumi di energia elettrica o gas. Consta, invece, che i conduttori non hanno sostenuto spese per l'acquisto di termoconvettori o stufe, tantomeno maggiori esborsi per consumi energetici (elettrici o gas). Per tali ragioni ha rigettato le domande risarcitorie. Tuttavia, in considerazione della ascrivibilità al condominio - e quindi ai locatori - del mancato funzionamento dell'impianto termico, ha disposto la compensazione delle spese di lite fra tutte le parti.

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