Condominio

Il diritto condominiale preso sul serio: la delibera gravemente pregiudizievole davanti al giudice

Quest’ultimo non può mai sindacare la convenienza economica del deliberato sui cui può pronunciarsi solo l’assemblea

di Ettore Ditta

Costituisce un principio costantemente enunciato, nell’applicazione della disciplina condominiale, quello secondo cui l’assemblea costituisce l’organo sovrano della volontà dei condòmini e di conseguenza l’autorità giudiziaria non può valutare la discrezionalità delle deliberazioni approvate, ma solo la loro legittimità. Questo significa che il giudice deve verificare se le delibere rispettano la legge e il regolamento di condominio, ai sensi dell’articolo 1137, comma 2, del Codice civile, sull’impugnazione delle deliberazioni dell’assemblea, secondo il quale contro le deliberazioni contrarie alla legge o al regolamento di condominio ogni condomino assente, dissenziente o astenuto può adire l’autorità giudiziaria chiedendone l’annullamento.

Ne consegue che una delibera non può essere oggetto del giudizio del giudice per quanto riguarda anche la convenienza delle scelte che sono state deliberate. Tecnicamente nelle sentenze tutto questo viene espresso affermando che, nel condominio negli edifici, il sindacato dell’autorità giudiziaria sulle delibere assembleari non si può estendere alla valutazione del merito e al controllo della discrezionalità che compete esclusivamente all’assemblea - che è l’organo sovrano in cui si forma la volontà dei condomini – ed è limitato al riscontro unicamente della legittimità della decisione.Tuttavia i condòmini contrari possono ottenere l’annullamento della delibera anche nel caso particolare in cui essa determini un grave pregiudizio a danno di un bene o di un servizio comune, come da ultimo è stato ribadito da Cassazione ordinanza 25 febbraio 2020, numero 5061 (e in precedenza da Cassazione sentenza 10611/1990 e Cassazione sentenza 25128/2008).

Nessun sindacato è possibile sul merito

La Suprema corte ha infatti ribadito che il sindacato dell’autorità giudiziaria sulle delibere assembleari non si può estendere al merito ed al controllo della discrezionalità di cui l’organo sovrano è investito e resta così limitato al solo riscontro di legittimità della decisione, per quanto riguarda l’osservanza delle norme di legge o del regolamento condominiale oppure l’eccesso di potere nel legittimo esercizio del potere di cui l’assemblea dispone; ma poi ha pure precisato che le ragioni attinenti all’opportunità ed alla convenienza della gestione del condominio possono essere invece valutate quando la delibera arreca grave pregiudizio alla cosa comune, secondo la previsione dell’articolo 1109, comma 1, numero 1, del Codice civile (che, per la comunione – ma con disposizione applicabile anche al condominio per effetto del rinvio previsto dall’articolo 1139 del Codice civile – stabilisce che ciascuno dei componenti la minoranza dissenziente può impugnare davanti all'autorità giudiziaria le deliberazioni della maggioranza, se la deliberazione è gravemente pregiudizievole alla cosa comune, con riguardo a tutti gli atti di ordinaria amministrazione).

La sovranità dell’assemblea

Per comprendere meglio la decisione, è opportuno precisare che l’ordinanza della Cassazione 5061/2020 si riferisce all’impugnazione di una delibera di approvazione del consuntivo di lavori di manutenzione straordinaria dell'edificio, che in primo grado era stata accolta, per essere però respinta nel successivo giudizio di secondo grado dalla Corte di appello, rilevando che l'assemblea condominiale aveva voluto approvare l'esecuzione dei lavori ad un determinato costo, pure se era superiore alle previsioni originarie, e che tuttavia di una simile scelta non era possibile sindacare nel giudizio la convenienza economica e non era neppure ravvisabile un eccesso di potere da parte della maggioranza nella quantificazione del corrispettivo dei lavori eseguiti da un terzo.

Nel confermare la decisione di appello, la Suprema corte ha ricordato che infatti fuoriescono dall'ambito del sindacato giudiziale sulle deliberazioni condominiali tutte le censure che vertono sulla vantaggiosità della scelta fatta dall'assemblea sui costi da sostenere nella gestione delle spese relative alle cose ed ai servizi comuni, come già affermato dalle precedenti Cassazione 2217/1971, Cassazione 3938/1994, Cassazione 5889/2001, Cassazione 10199/2012 e Cassazione 20135/2017; e che, in base a questi parametri, non può essere annullata una delibera che viene impugnata in relazione non all’eventuale danno provocato alla conservazione o al godimento delle parti comuni, ma sotto il differente profilo della gravosità e della carenza di giustificazione delle spese che essa comporta a carico dei singoli condòmini.

Conclusioni

In conclusione pure quando nei gradi di merito del giudizio di impugnazione viene accertata l’effettiva sussistenza di un grave pregiudizio alla conservazione o al godimento della cosa comune provocato dalla delibera, l’impugnazione della delibera può essere accolta dal giudice, mentre questo non può avvenire nei casi in cui i condòmini lamentano soltanto che la spesa è molto onerosa oppure che è priva di una valida giustificazione.

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