Condominio

Il diritto condominiale preso sul serio: quando è legittimo il distacco dal riscaldamento centrale?

Le regole post riforma del condominio non hanno introdotto un diritto al distacco, ma lasciato inviariate le condizioni perchè lo stesso sia lecito

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di Ettore Ditta

Da tempo una delle questioni più dibattute nelle realtà condominiali è quella del distacco delle unità immobiliari dagli impianti di riscaldamento centralizzati. La legge di riforma del condominio 220/2012 ha inserito una apposita disposizione sul distacco, che viene ammesso a determinate condizioni, ma in realtà non tutte le problematiche collegate a questo argomento si possono considerare risolte.

Le condizioni per il distacco

L’ultimo comma dell’articolo 1118 del Codice civile, sui diritti dei partecipanti sulle parti comuni, ha introdotto una previsione del tutto nuova rispetto al testo originale della disposizione e stabilisce adesso che il condomino può rinunciare all’utilizzo dell’impianto centralizzato di riscaldamento o di condizionamento, se dal suo distacco non derivano notevoli squilibri di funzionamento o aggravi di spesa per gli altri condòmini e che in tal caso il rinunziante resta tenuto a concorrere al pagamento delle sole spese per la manutenzione straordinaria dell’impianto e per la sua conservazione e messa a norma.

Si tratta però della stessa regola che esisteva e veniva applicata anche in precedenza dalla giurisprudenza, ma che – come tutte le regole che si estrapolano dalle decisioni giurisprudenziali – era stata ideata ed enunciata con riferimento alle specifiche ipotesi dei casi esaminati e non a qualsiasi ipotesi di distacco. In sostanza il principio giurisprudenziale secondo cui ciascun condomino ha diritto di distaccarsi dalla centrale termica quando ciò non determina uno squilibrio termico e un aggravio di spese per gli altri condòmini è entrato a far parte del Codice civile, per effetto della legge 220/2012 di riforma della disciplina condominiale; ma, in tal modo, alla precedente regola giurisprudenziale è stata sostituita una disposizione codicistica, di identico tenore, che presenta a sua volta gli stessi problemi e mostra gli stessi limiti di quella da cui ha avuto origine.

Nessun diritto al distacco è stato introdotto

Nella sostanza insomma è cambiato assai poco rispetto a prima, nonostante la diffusa convinzione (tuttavia errata) che il precedente divieto generale di distacco sia stato ora sostituito da un generale diritto al distacco. Al contrario, il distacco rimane sottoposto agli stessi limiti già da tempo ben conosciuti nella pratica. Innanzitutto si presenta il problema della corretta interpretazione del significato della espressione utilizzata dalla nuova disposizione «notevoli squilibri di funzionamento o aggravi di spesa»: bisogna infatti stabilire se l’aggettivo «notevoli» – che di per sé indica un concetto, ma non una misura specifica e quindi lascia aperta la strada a valutazioni discrezionali - si riferisce solo agli «squilibri di funzionamento» oppure anche agli «aggravi di spesa» a cui la norma fa riferimento nella sua parte seguente.

Le problematiche

Inoltre, almeno nella maggioranza dei casi, la norma si rivela comunque inapplicabile per almeno quattro motivi:

- perché le attuali centrali termiche non vengono più progettate (come avveniva invece in passato) sovradimensionate rispetto all’edificio che devono servire (anche in considerazione della sempre maggior attenzione verso la realizzazione di sistemi di isolamento nelle unità immobiliari idonei ad evitare la dispersione del calore dall’interno verso l’esterno); infatti l’articolo 26, comma 3, della legge 10/1991 (secondo il quale gli edifici pubblici e privati, qualunque ne sia la destinazione d’uso, e gli impianti non di processo – come quello di riscaldamento - ad essi associati devono essere progettati e messi in opera in modo tale da contenere al massimo, in relazione al progresso della tecnica, i consumi di energia termica ed elettrica) prevede l’obbligatorietà del progetto e che venga realizzato in modo tale da raggiungere l’obbiettivo di contenere al massimo i consumi sulla base di quanto consentito dalla scienza e dalla tecnica al momento della progettazione;

- perché in ogni caso il distacco di una o più unità immobiliari dall’impianto centrale di fatto ne provoca automaticamente il sovradimensionamento, dal momento che, progettato in origine con una potenza tale da servire un certo numero di unità immobiliari, di seguito ne deve servire invece una o alcune in meno ed allora, riducendo il numero delle unità servite, potrebbe anche bastare un impianto meno potente e, quindi, di presumibile minor consumo energetico, ma una simile possibilità viene ad essere preclusa dato che il distaccato mantiene comunque la proprietà dell’impianto e la possibilità di riallacciarsi ad esso in qualunque momento. Infatti, se i còndomini che restano allacciati decidono di ridurre la potenza dell’impianto, nel caso di successivo riallaccio del distaccato diventa impossibile garantire lo stesso comfort a tutti, in quanto l’impianto è diventato non più idoneo; ed inoltre, oltre ad essere sovradimensionato, l’impianto subisce, presumibilmente, pure un calo di rendimento;

- inoltre (e soprattutto) perché, pur ammettendo che nel caso concreto il distacco di un solo condomino (o, in ipotesi, anche di alcuni condòmini) non determini uno squilibrio di funzionamento o un aggravio di spesa, va tenuto presente che allora la legittimità del distacco si deve comunque riconoscere pure a tutti gli ulteriori condòmini che successivamente lo richiedano, a meno di non volerli discriminare, attribuendo solo al condomino che richiede il distacco per primo (o ai condòmini che lo richiedano per primi) un diritto che poi invece dovrà necessariamente essere negato agli altri, quando il sopraggiunto inevitabile squilibrio di funzionamento o aggravio di spesa verrà determinato dalla somma complessiva dei distacchi iniziali;

- ed infine perché, salvo casi residuali, il condomino che è ammesso al distacco si trova di fronte alla necessità di collegare il proprio nuovo impianto di riscaldamento ad una tubazione di scarico dei fumi diversa da quella dell’impianto comune, che può non essere realizzabile facilmente, tenuto conto anche del fatto che la normativa attuale non consente più l’apertura degli scarichi “a parete”, come si faceva invece in passato; e così anche le necessità costruttive di questo genere comportano rilevanti limitazioni alla possibilità di distaccarsi dall’impianto centrale.

Le pronunce di legittimità sul tema

La giurisprudenza emessa sul distacco, sia prima che dopo la modifica dell’articolo 1118 del Codice civile, si presenta in linea con queste osservazioni. Infatti il distacco dal riscaldamento centralizzato in linea di massima è sempre stato considerato vietato (Cassazione sentenza 4 maggio 1994, n. 4278), perché la centrale termica e tutte le sue parti, nel momento in cui vengono realizzate, sono predisposte e dimensionate in base agli appartamenti dell'edificio e quindi il distacco di una unità immobiliare dall’impianto dalla centrale termica configura una alterazione della destinazione della cosa comune e non una modifica consentita ai sensi dell’articolo 1102 del Codice civile, in quanto che altera la destinazione della cosa comune (Cassazione sentenza 12 marzo 1977, n. 1001).

Per questi motivi la decisione relativa al distacco deliberata dalla maggioranza dei condòmini veniva considerata legittima unicamente nei casi di distacco autorizzato da una norma del regolamento contrattuale di condominio o dalla unanimità dei condòmini (Cassazione sentenza 30 novembre 1984, n. 6269) ed era riconosciuta una possibilità di distacco unilaterale (tranne che in presenza di un espresso divieto dettato da un eventuale regolamento di tipo contrattuale; Cassazione sentenza 21 maggio 2001, n. 6923) nell’unico caso in cui coloro che chiedono il distacco riescano a dimostrare che non viene determinato alcun aumento di costi per chi continua a usufruire dell’impianto centralizzato e che ne deriva una effettiva e proporzionale riduzione delle spese di esercizio, senza determinare alcuno squilibrio termico del regolare funzionamento dell’impianto centrale stesso (Cassazione sentenza 13718/2012; sentenza 15079/2006; sentenza 5974/2004; sentenza 3777/2001; sentenza 1775/1998; e sentenza 1597/1995).

Con la precisazione inoltre che, sussistendo queste condizioni, il condomino distaccato resta comunque tenuto a pagare le spese di conservazione dell’impianto di riscaldamento centrale e viene esonerato solo dal pagamento delle spese per il suo uso (Cassazione sentenza 25 marzo 2004, n. 5974). D’altro canto si affermava che è legittima, qualora sia prevista da un regolamento condominiale di tipo contrattuale, la delibera assembleare che dispone - derogando al criterio previsto dall’articolo 1123 del Codice civile - che le spese di manutenzione dell’impianto di riscaldamento siano versate anche dalle unità immobiliari che non usufruiscono di tale servizio (Cassazione sentenza 18486/2010; sentenza 6158/2006; e sentenza 5975/2004).

Le sentenze post riforma

E, da parte sua, pure la giurisprudenza successiva all’entrata in vigore dell’articolo 1118 comma 3, del Codice civile, continua ad essere conforme alle precedenti decisioni:
- è stato infatti deciso che il principio giurisprudenziale secondo cui (Cassazione sentenza 7518/2006; sentenza 5974/2004; e sentenza 8924/2001) il condomino può legittimamente rinunziare all’uso del riscaldamento centralizzato e distaccare le diramazioni della sua unità immobiliare dall’impianto termico comune, senza necessità di autorizzazione od approvazione degli altri condòmini, mantenendo il suo obbligo di pagamento delle spese per la conservazione dell’impianto e di quelle di gestione a meno che, e nei limiti in cui, il suo distacco non si risolva in una diminuzione degli oneri del servizio di cui continuano a godere gli altri condòmini, ha assunto veste di diritto positivo per effetto del nuovo articolo 1118, comma 4, modificato dalla legge 220/2012, in vigore dal 18 giugno 2013.

Quest’ultima ha espressamente ammesso la possibilità del singolo condomino di distaccarsi dall’impianto centralizzato di riscaldamento o di raffreddamento qualora venga dimostrato che dal distacco non derivano notevoli squilibri di funzionamento od aggravi di spesa per gli altri condomini. È quindi legittima la delibera con la quale l’assemblea addebita i costi per il combustibile al condomino che si è distaccato legittimamente, se il mancato minor consumo è comunque riconducibile alla rinuncia all’uso, in quanto, salva la possibilità di esonero con il consenso unanime di tutti i condòmini, il distaccato continua ad essere obbligato a partecipare alle spese di consumo del carburante o di esercizio se e nella misura in cui il distacco non ha determinato una diminuzione degli oneri del servizio a carico degli altri condòmini. Se il costo di esercizio dell’impianto (rappresentato anche dall’acquisto di carburante necessario per l’esercizio dell’impianto) dopo il distacco non è diminuito e se la relativa quota non viene posta a carico del condomino distaccante, gli altri condòmini si trovano gravati nella loro posizione, dovendo farsi carico anche della quota che spetta al condomino distaccato (Cassazione sentenza 30 aprile 2014, n. 9526);

- è stato precisato che il diritto di richiedere, ricorrendone i presupposti di legge, il distacco dall’impianto di riscaldamento centralizzato vale solo per il futuro e non comporta la possibilità di chiedere restituzioni o danni, non potendo la rinunzia del singolo condomino comportare un maggior aggravio per gli altri (Cassazione sentenza 13 novembre 2014, n. 24209);

- viene esclusa la necessità di una delibera condominiale in tutti i casi in cui il distacco dal riscaldamento centralizzato risulti non influire sulla funzionalità o sui costi dell’impianto, ma il condomino distaccato resta comunque tenuto a contribuire alle spese ordinarie e straordinarie di manutenzione, nonché a quelle di gestione se, e nei limiti in cui, il distacco non comporti una diminuzione degli oneri del servizio (Cassazione ordinanza 16 settembre 2016, n. 18170);

- è stato chiarito che il condomino che intende distaccarsi deve fornire la prova che dal suo distacco non derivino notevoli squilibri all’impianto di riscaldamento o aggravi di spesa per gli altri condòmini; e inoltre la preventiva informazione deve essere corredata dalla documentazione tecnica che provi l’assenza di “notevoli squilibri” e di “assenza di aggravi” per gli altri condòmini che continuano a servirsi dell’impianto condominiale, con esclusione dell’ipotesi in cui l’assemblea condominiale abbia autorizzato il distacco sulla base di una propria autonoma valutazione riguardo all’assenza di notevoli squilibri di funzionamento dell’impianto stesso o di aggravi di spesa a carico degli altri condòmini (Cassazione sentenza 3 novembre 2016, n. 22285);

- ancora, è stato deciso che il condomino rimane comunque obbligato a pagare le spese di conservazione dell’impianto di riscaldamento centrale anche quando sia stato autorizzato a rinunziare all’uso del servizio di riscaldamento centralizzato e a distaccare le diramazioni della sua unità immobiliare dall’impianto comune oppure abbia offerto la prova che dal distacco non derivano un aggravio di gestione o uno squilibrio termico, restando in tal caso esonerato solo dall’obbligo del pagamento delle spese occorrenti per il suo uso, a meno che il contrario non sia previsto dal regolamento condominiale.

Pertanto è legittima la delibera condominiale che pone a carico anche dei condòmini che si siano distaccati dall’impianto di riscaldamento le spese occorrenti per la sostituzione della caldaia, dato che l’impianto centralizzato costituisce un accessorio di proprietà comune, al quale i distaccati possono comunque riallacciare la propria unità immobiliare; ed inoltre il distaccante deve attestare la condizione dell’impianto precedente all’intervento di distacco e l’omessa attestazione di tali circostanze va imputata alla stessa condotta degli interessati, i quali, proprio nella prospettiva di documentare la sussistenza delle condizioni per l’esonero, devono far precedere il distacco da una relazione tecnica che fotografi la situazione precedente al loro intervento (Cassazione sentenza 22 novembre 2016, n. 23756);

- ed infine è stato precisato che il mancato allaccio, causato da impossibilità tecnica, di una unità immobiliare al nuovo impianto di riscaldamento condominiale non equivale al distacco disciplinato dall’articolo 1118, comma 4, del Codice civile ed esonera l’unità da ogni contribuzione nelle spese dell’impianto comune (Cassazione sentenza 31 agosto 2020, n. 18131).

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