Condominio

Il parcheggio interrato si può vendere separatamente se si prova la non condominialità

Non basta fare riferimento alla libera trasferibilità prevista dalla normativa sugli edifici di nuova costruzione

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di Selene Pascasi

Perché sia valido l'acquisto del parcheggio interrato non basta provarne la libera trasferibilità per effetto della normativa speciale, ma si dovrà dimostrare pure l'espressa riserva di proprietà del dante causa sul bene così da escludere l'asservimento alle comuni necessità. Lo puntualizza la Corte di appello di Perugia con sentenza 64 del 26 gennaio 2023.

I fatti di causa

La lite nasce dalla decisione del Tribunale di sancire la natura condominiale di un interrato adibito a garage, bocciando l'istanza di rilascio promossa da una coppia di coniugi che l'aveva acquistato dal fallimento della società costruttrice. Pronuncia contro la quale i consorti formulano appello. La soluzione adottata dal primo giudice, contestano, violava sia l'articolo 1117 del Codice civile che l'articolo 41 sexies della legge urbanistica 1150/42 come modificato dalla legge 246/05, applicabile trattandosi di fabbricato costruito dopo la sua entrata in vigore. Norma, riformulata, che consente il trasferimento della proprietà dei garage indipendentemente dal trasferimento della proprietà delle singole unità abitative.

Del resto, al locale in questione era stata assegnata una particella distinta dagli appartamenti del palazzo, mai richiamata negli atti pubblici inerenti l'acquisto degli alloggi. Peraltro, si aggiunge, i contratti tra la ditta costruttrice e gli acquirenti delle abitazioni risalivano al 2007 dunque ad epoca anteriore alla modifica dell'articolo 1117 del Codice civile (introdotta dalla legge 220/12) che include le aree destinate a parcheggio tra le parti comuni. Controparte, però, ribatte: l'attività edificatoria e le singole negoziazioni erano precedenti alle modifiche. Inoltre, l'elenco stilato dal Codice civile non è tassativo, la modifica del 2012 ha solo recepito un consolidato pensiero giurisprudenzale sulla natura condominiale delle aree destinate a parcheggio e nei contratti di compravendita stipulati dai condòmini non vi era alcuna riserva di proprietà dell'interrato in favore della costruttrice.

La natura dell’area di parcheggio obbligatoria nelle nuove costruzioni

In buona sostanza, il fallimento aveva disposto di un bene di cui non poteva disporre vista anche la presunzione di proprietà condominiale. La Corte perugina concorda e rigetta l'appello. Non era fondamentale, premette, stabilire se fosse applicabile la nuova o la vecchia formulazione dell'articolo 41 sexies, non potendosi quella norma leggersi in combinato disposto con l'articolo 1117 del Codice civile che elenca le parti comuni. L'articolo 41 sexies, infatti, si limita a prescrivere – per i fabbricati di nuova costruzione – la destinazione obbligatoria di appositi spazi a parcheggi in misura proporzionale alla cubatura totale dell'edificio determinandone un diritto reale d'uso a favore di tutti i condòmini, senza imporne al costruttore l'obbligo di cessione in proprietà.

Pertanto, assente un'espressa riserva di proprietà o un riferimento specifico negli atti di trasferimento delle unità, quelle aree si riterranno parti comuni (Cassazione 18796/20). Ecco che, per salvare l'acquisto dell'immobile, non basterà provare che grazie alla normativa speciale il parcheggio interrato sia liberamente trasferibile, essendo anche necessario dimostrare l'espressa riserva di proprietà del dante causa (nel caso di specie, la costruttrice) tale da escluderne l'asservimento alle comuni necessità. Ebbene, nella vicenda, non solo tale prova non era stata fornita ma era emerso l'esatto contrario cioè che la ditta non si era riservata la proprietà dell'interrato destinandolo inequivocabilmente all'uso di tutti. A confermarlo, i preliminari che promettevano di vendere gli appartamenti con posto auto e cantina.

Conclusioni

Segno che il costruttore avesse destinato l'interrato ad uso comune sin dalla progettazione dell'edificio e che i promissari compratori, obbligandosi a pagare il prezzo comprensivo di posto auto e cantina, avessero fatto espresso affidamento sul fatto che, come da capitolato, l'interrato una volta realizzato venisse adibito a garage comune. E neanche negli atti definitivi si rinvenivano dati diversi. Insomma, mancando nei carteggi processuali una prova palese di riserva di proprietà della società costruttrice, non poteva disonoscersi natura comune al bene controverso. Rilievo che, assieme a quello per cui l'elencazione delle parti che il Codice civile presume comuni non è tassativa, è stato sufficiente alla Corte di appello di Perugia per rigettare l'impugnazione.

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