Il proprietario è penalmente responsabile della condotta del suo cane
Ha l’obbligo di controllare e custodire con attenzione l’animale e adottare strategie e presidi per evitare violente aggressioni a terzi
L’articolo 1138 del Codice civile afferma che le norme del regolamento condominiale non possono vietare di possedere o detenere animali domestici. Occorre notare che i cani sono essere senzienti e intelligenti, ciascuno col proprio carattere, e le loro capacità sono tali da consentirne l’impiego nelle funzioni più varie: nella ricerca delle persone, anche sotto le valanghe o in occasione di frane o terremoti, delle sostanze stupefacenti, degli esplosivi, delle valute e del tabacco di contrabbando, nei compiti di tutela dei servizi di guardia, al punto che in ambito militare rivestono persino un grado e sono impiegati nell’addestramento dei loro simili.
Le caratteristiche preziose di questi animali comportano la responsabilità penale del loro padrone qualora, a causa di una custodia imprudente e di scarsa educazione, aggrediscano persone o altri animali, provocando loro delle lesioni, come ripetutamente affermato dalla Cassazione. Il giudice di legittimità afferma il principio dell’esistenza dell’obbligo di garanzia del proprietario di un cane, in quanto è responsabile, penalmente e civilmente, per l’omessa custodia, educazione, tenuta del cane, considerando pericolosità, stazza o indole, per lesioni cagionate a terzi o ai loro animali.
La sentenza 1413/2023
Il giudice di legittimità ha dichiarato inammissibile il ricorso del proprietario di un pastore tedesco nei confronti della sentenza del tribunale che, confermando quella emessa dal giudice di pace, lo condannava per il reato previsto dall’articolo 590 del Codice penale e gli imponeva anche il risarcimento del danno. Uscito dal cancello della sua abitazione, il cane si era avventato contro un cagnolino e la proprietaria, mordendola sul naso, facendola cadere per terra e causandole lesioni giudicate guaribili in cinque giorni.
La Cassazione ha reputato motivata la sentenza del Tribunale, la quale affermava la responsabilità del proprietario poiché non era stato in grado di richiamare il cane all’ordine e ha ritenuto congruo l’ammontare della somma liquidata a titolo di risarcimento in via equitativa, in ragione delle lesioni refertate e riconducibili all’aggressione. La condanna era stata pronunciata in quanto il giudice aveva riconosciuto la colpa del proprietario, sulla base della violazione dell’articolo 672 del Codice penale che impone l’adozione di presidi di cautela nella custodia dei cani di razza pericolosa.
La sentenza 2286/2023
Gli ermellini hanno dichiarato inammissibile il ricorso del proprietario di una cane contro la sentenza del tribunale che, allineandosi alla decisione del giudice di pace, lo riconosceva responsabile del reato previsto dall’articolo 590 del Codice penale, e lo condannava al risarcimento del danno, perché l’animale sfuggiva alla sua custodia e aggrediva due persone. Il giudice di legittimità ha affermato che davanti a lui non può essere sollevata la critica della sentenza per vizio di motivazione, in quanto il giudizio sarebbe di merito e non di legittimità e la sentenza sottolineava la responsabilità dell’imputato oltre ogni ragionevole dubbio.
La sentenza 926/2023
Il giudica ha rigettato il ricorso verso la sentenza del tribunale (come negli altri casi, confermativa di quella del giudice di pace), che condannava la proprietaria di una cane per le lesioni cagionate alla proprietaria di un altro cane che, a seguito dell’aggressione, è morto. La Cassazione ha confermato la sentenza anche laddove riconosceva alla parte offesa il danno biologico, quantificato in 900 euro, sulla base della consulenza medico legale delle lesioni della proprietaria, in cui è ricompreso il danno cagionato dalla perdita del suo cane bassotto. La Suprema corte ha riconosciuto il disvalore del fatto, costituito dalle lesioni cagionate alla parte offesa e dalla procurata morte di un altro animale, fatto che descrive le modalità dell’azione, rilevante per la determinazione della pena, ai sensi dell’articolo 133 del Codice penale.
Riformare il condominio italiano? Ripartiamo dai giovani e dai condòmini
di Antonio Rocco - coordinatore nazionale N.a.c.a.