Condominio

Il risarcimento danni nello stalking condominiale

Nel caso specifico sono stati riconosciuti anche quelli non patrimoniali

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di Eugenia Parisi

Un'interessante e recente sentenza della sezione decima del Tribunale Civile di Milano, la numero 4160 del 13 luglio 2020, ha stabilito che, oltre alla somma ricevuta a titolo di provvisionale in qualità di parte civile costituita nel procedimento penale, le vittime di stalking condominiale hanno diritto ad una valutazione ed al relativo risarcimento dei danni non patrimoniali di cui all'articolo 2059 Codice civile, anche in sede civile.

La vicenda
A seguito di numerose querele presentate negli anni nei confronti della vicina, infatti, che, con frequenza giornaliera, aveva gettato materiali imbrattanti su finestre, balconi, porta d'ingresso e pianerottolo, aveva proferito minacce e insulti all'intero nucleo familiare, si era celebrato un procedimento penale che, con sentenza d'appello passata in giudicato, l'aveva ritenuta penalmente responsabile dei reati di atti persecutori e lesioni personali, con l'aggravante della continuazione e dell'ingiuria.

Tali condotte avevano reso talmente difficile la vita quotidiana delle vittime da doverle costringere a cambiare le proprie abitudini, oltre ad avere inciso negativamente anche sulla loro sfera lavorativa per la difficoltà di concentrazione data dalle pressanti preoccupazioni per la loro incolumità e per la conseguente procurata mancanza di sonno; tutte circostanze che avevano causato un'invalidità permanente stimata tra il quindici ed il venti per cento.

Le risultanze del processo penale e l'insussistenza del concorso di colpa
In primo luogo, il Giudice ha accertato l'efficacia del giudicato penale nel procedimento civile sia in relazione all'accertamento dei fatti e alla loro illiceità, sia alla circostanza che questi fossero stati compiuti dalla convenuta: tale ricostruzione precludeva la possibilità di procedere ad una diversa e autonoma ricostruzione dei fatti (Cassazione 19387/2004). In sede civile, pertanto, come insegna la giurisprudenza di legittimità, è possibile solo demandare la valutazione dell'entità delle conseguenze pregiudizievoli e la sussistenza del nesso causale tra il fatto ed i pregiudizi lamentati (Cassazione 31947/2018; Cassazione 5560/2018 e Cassazione 18352/2014).

In secondo luogo, è stata ovviamente disattesa l'eccezione del concorso di colpa dei danneggiati, i quali non si sarebbero sottoposti prontamente a cure terapeutiche per attenuare le problematiche manifestatesi: gli attori, infatti, non avrebbero violato alcuna regola di comune prudenza o diligenza (Cassazione 7515/2018 e Cassazione a sezioni unite 24406/2011), né si reputa che gli stessi avrebbero dovuto accorgersi o prendere coscienza dei disturbi psichici, posto che questi erano sorti in maniera velata e continua ed anche posto il fatto che, ciònonostante, per evitare scontri ed incontri con la vicina molesta, avevevano comunque cambiato i loro orari ed il percorso casa-lavoro.

La valutazione ed il risarcimento del danno non patrimoniale
La giurisprudenza ha più volte affermato che il danno non patrimoniale è risarcibile nei soli casi previsti dalla legge, ovvero, come nel caso di specie, quando il fatto illecito è astrattamente configurabile come reato; in tal caso, spetta alla vittima il risarcimento nella sua più ampia accezione, compreso il danno morale, inteso quale sofferenza soggettiva causata dal reato e, nella sua liquidazione, il giudice deve tenere conto di tutti i pregiudizi concretamente subiti, senza attribuire a nomi diversi pregiudizi identici (Cassazione a sezioni unite 26972/2018 e ordinanza 7513/2018).

Ciò premesso, il giudice, avendo chiesto gli attori la liquidazione di ogni tipo di danno derivante dalla condotta illecita della vicina, accertata in sede penale, ha provveduto alla liquidazione del danno, certificata e calcolata dalla consulenza tecnica nominata allo scopo, scomputando le somme già riconosciute come provvisionale all'esito del processo penale.

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