Lavori & Tecnologie

Impianti di energia rinnovabile di interesse pubblico, autorizzazioni da rilasciare entro tre mesi

Tempi più rapidi per abbattere i rialzi del prezzo dell’energia conseguenza del conflitto russo - ucraino

di Edoardo Riccio (presidente Centro studi nazionale Anaci) e Davide Vitali (componente Centro studi nazionale Anaci)

L'Unione Europea fissa nuovi e più ristretti termini per le procedure autorizzative per l'istallazione di impianti ed apparecchiature per lo sfruttamento delle fonti di energia rinnovabile (F.E.R.) come il fotovoltaico. La guerra di aggressione della Russia nei confronti dell’Ucraina e la riduzione delle forniture di gas naturale minacciano la sicurezza dell’approvvigionamento dell’Unione e una diffusione rapida degli impianti per lo sfruttamento delle Fer può contribuire ad attenuare gli effetti della crisi energetica.
Sono queste le motivazioni che hanno spinto l'Ue ad adottare il Regolamento Ue 2022/2577 del Consiglio del 22 dicembre 2022, entrato in vigore il 30 dicembre 2022, valido fino a giugno 2024 direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.

Impianti di energia rinnovabile di interesse pubblico

Il regolame nto precisa che la pianificazione, la costruzione e l’esercizio degli impianti di produzione di energia da fonti da energia rinnovabile, la loro connessione alla rete, la rete stessa, gli impianti di stoccaggio sono considerati d’interesse pubblico prevalente e d’interesse per la sanità e la sicurezza pubblica.Il Regolamento stabilisce norme temporanee di carattere emergenziale tese ad accelerare la procedura autorizzativa relativa alle installazioni di tecnologie per le energie rinnovabili.

Le principali disposizioni prevedono che:
•il termine massimo delle procedure autorizzative per impianti ad energia solare o impianti di stoccaggio dell'energia co-ubicati, oltre alla connessione alla rete, non può superare tre mesi;
•l'installazione di impianti per lo sfruttamento di energia solare di potenza inferiore a 50 kW per autoconsumo non produce gravi effetti negativi sull'ambiente, sulla rete, né dà preoccupazioni in materia di sicurezza; per questo, se non richiedono il potenziamento della rete di distribuzione, devono essere agevolati con il silenzio-assenso amministrativo. Gli stati membri possono ridurre il limite di potenza per il quale è previsto il silenzio-assenso amministrativo, senza poter tuttavia scendere al di sotto di 10.8 kW. Questa facoltà è stata concessa ai singoli stati per poter tenere conto di specifici vincoli paesaggistici o architettonici;
•le pompe di calore, che non creano problemi alla rete elettrica, devono usufruire di procedure autorizzative semplificate che non potranno superare il mese e, nel caso di pompe di calore geotermiche, i tre mesi;
•si considerano sempre autorizzate, previa notifica all'ente competente: a) le pompe di calore di potenza inferiore a 12 kW; b) le pompe di calore di potenza tra 12 e 50 kW se abbinate ad apparecchiature per lo sfruttamento di energia solare su tetti o edifici, a condizione che la capacità dell’impianto di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili dell’autoconsumatore sia pari almeno al 60 % della capacità della pompa di calore;
•le procedure di revisione degli impianti di produzione di energia elettrica rinnovabile non potranno superare i sei mesi.Sono ovviamente fatte salve le disposizioni nazionali che stabiliscono termini più brevi.

I riflessi in condominio

Le misure in questione riguardano ovviamente anche i condomìni che possono beneficiare di tempi più brevi per ottenere ad esempio l’autorizzazione all’installazione di pannelli sul tetto. Qui giova ricordare che i pannelli possono essere installati dal condominio, ma anche il singolo condomino può utilizzare le parti comuni per un impianto fotovoltaico, al servizio della sua abitazione, senza l'ok dell'assemblea se il lavoro non comporta modifiche degli spazi condivisi. In tal caso il no dell'assemblea resta relegato alla possibilità di esprimere un punto di vista diverso sull'uso che si potrebbe fare delle parti comuni. O, come nel caso esaminato dalla Cassazione, ad un dissenso derivato dal timore che l'iniziativa del singolo, possa limitare la libertà degli altri di disporre degli spazi per usi alternativi.

Che il no dell'assemblea non entri in rotta di collisione con l'interesse di chi vuole mettere gli impianti è dimostrato dal fatto che la deliberazione assembleare non può essere impugnata in giudizio. Lo ha precisato di recente la Cassazione con la sentenza 1337/2023 che ha definito inammissibile il ricorso dei condòmini fautori dell'energia pulita, che avevano comunicato all'amministratore la loro intenzione di mettere dodici pannelli fotovoltaici sulle parti comuni, incassando il no degli altri proprietari. Per i ricorrenti un veto certamente illegittimo che, a loro avviso, andava però rimosso dal giudice attraverso l'annullamento della delibera, prima di procedere al lavoro.

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