Impugnativa della delibera condominiale, rito ordinario o sommario?
Atto di citazione o ricorso: la riforma sembra aver privilegiato il primo, poichè il secondo è privo della chiamata in giudizio
Nella fattispecie esaminata dalla Corte di appello di Messina, definita con sentenza pubblicata il 14 giugno 2021, un condomino aveva impugnato alcune delibere assembleari dinnanzi al tribunale di Messina. Il procedimento era stato introdotto con ricorso (rito sommario di cognizione disciplinato dall'articolo 702 bis e seguenti Codice procedura civile). Il condominio, costituitosi, aveva eccepito preliminarmente la violazione dell’articolo 1137 Codice civile in quanto l'impugnazione era stata proposta con ricorso e non con atto di citazione.
Nel merito, contestava ogni domanda e chiedeva la condanna della controparte al risarcimento per responsabilità aggravata. Il Tribunale di Messina accoglieva l'eccezione preliminare ed emetteva ordinanza con cui dichiarava l'inammissibilità della domanda in quanto erroneamente introdotta con ricorso, rigettava la domanda di responsabilità aggravata e condannava l'impugnante alla parziale rifusione delle spese di lite. Il condomino si rivolgeva alla Corte di appello messinese.
Il percorso motivazionale
La Corte d'appello ha accolto il ricorso e, in riforma dell'ordinanza di prime cure, dichiarato ammissibile la forma del ricorso mediante procedimento sommario cognitivo (articolo 702 bis Codice procedura civile). Soffermandosi sul riformato articolo 1137 Codice civile, la Corte messinese rammenta che il legislatore ha sostituito la forma introduttiva per impugnare le delibere assembleari. È stata espunta la dicitura «può fare ricorso all’autorità giudiziaria» e sostituita con «può adire l’autorità giudiziaria».
Secondo la Corte decidente, siffatto disposto lascerebbe sottintendere, stante l'assenza di contraria indicazione, che l'atto introduttivo del giudizio impugnatorio deve essere la citazione e non il ricorso, sicché non può esservi discrezionalità alcuna nella individuazione dello strumento da impiegare.Ammette, tuttavia, che il procedimento sommario di cognizione, esprimendo valenza dichiarativa costituisce un rito cognitivo speciale che si aggiunge a quello ordinario. Asserisce altresì che l'individuazione del rito compete all’attore e osserva che il legislatore, coniando la terminologia «processo sommario di cognizione», ha rimarcato che l’elemento caratterizzante risiede nella sommarietà del procedimento.
Ripercorre, inoltre, la vigenza dell'articolo 1137 Codice civile pre-riforma nella quale gli interpreti si interrogarono sul termine «ricorso»: se si doveva intendere come unico strumento utilizzabile o se, invece, andava considerato in senso a-tecnico. Su tale punto nevralgico era intervenuta, ante-riforma, la Corte in composizione unitaria (Cassazione 8491/2011) chiarendo definitivamente che le impugnazioni potevano essere introdotte in entrambe le modalità. Conclude, infine, rammentando che in séguito alla riscrittura del citato disposto era comparso il problema opposto, se l’impugnativa delle delibere assembleari poteva essere azionata anche con ricorso o se la sua proposizione doveva ritenersi inammissibile.
I precedenti
Sulla questione, la Corte messinese, uniformandosi all'insegnamento della Corte ambrosiana (Corte di appello di Milano 26 marzo 2019, numero 1349) asserisce che, sebbene l’atto di citazione sia lo strumento da utilizzare per l’introduzione del giudizio di impugnazione delle delibere assembleari condominiali, nulla impedisce l'impiego del ricorso sempreché l'impugnante si premuri di perfezionare il deposito in cancelleria nel rispetto del termine decadenziale previsto dall’articolo 1137 Codice civile. Tali passaggi motivazionali hanno indotto la Corte messinese a ritenere ammissibile, e quindi applicabile all'impugnativa delle delibere assembleari, lo strumento previsto dall'articolo 702 bis Codice procedura civile.
Le perplessità di segno contrario del Tribunale di Milano
Il 21 ottobre 2012 la prestigiosa XIII sezione del Tribunale ambrosiano aveva posto un tassello in relazione a quale forma doveva rivestire l'atto introduttivo - alla luce della novella sul condominio e, segnatamente, dell'articolo 1137 Codice civile - nelle impugnative delle delibere assembleari. Con provvedimento del 21 ottobre 2013 il Tribunale di Milano dichiarò inammissibile l'impugnazione delle delibere assembleari proposta da un condomino con ricorso anziché con citazione. L'impostazione del magistrato meneghino fondò i presupposti sul rinnovellato articolo 1137 Codice civile, secondo cui «contro le deliberazioni contrarie alla legge o al regolamento ogni condomino assente, dissenziente o astenuto può adire l'autorità giudiziaria chiedendone l'annullamento»: da tale disposto la riforma del 2012 ha espunto la specifica dicitura «fare ricorso» sostituendola con quella più generica «adire l'autorità giudiziaria».
Il che significava che il condomino, per instaurare l'impugnazione avverso le delibere condominiali annullabili o nulle, doveva avvalersi unicamente dell'atto di citazione essendo il ricorso un mezzo eccezionale per radicare un giudizio il cui uso deve essere espressamente normato. Il riformato articolo 1137 Codice civile ha totalmente recepito il principio espresso dalla Suprema corte ante-riforma (Cassazione 8491/2011) che aveva individuato nella citazione l'unico strumento processuale corretto per impugnare le delibere assembleari. Va archiviata la teoria della equipollenza degli strumenti impugnatori, recepita in precedenza e valevole fino al varo della riforma sul condominio (2012, entrata in vigore nel giugno 2013) secondo cui era ammesso l'utilizzo indistinto della citazione ad udienza fissa oppure del ricorso.
Il ricorso - che sia basato sull'articolo 1137 Codice civile o sull'articolo 702 bis Codice procedura civile - non è di per sé idoneo a radicare il giudizio di impugnazione e neppure a determinare l'effettivo contraddittorio con il sodalizio convenuto in quanto sprovvisto della indicazione dell'udienza fissa alla quale quest'ultimo dovrà costituirsi. Né, inoltre, è possibile fare leva sul principio della conservazione degli atti e del raggiungimento dello scopo, essendo il ricorso privo della cosiddetta «chiamata in giudizio» perché appunto mancante, al momento del deposito, della indicazione dell'udienza, elemento quest'ultimo a cui deve poi provvedere il giudice investito della controversia.È, perciò, ormai pacifico che, dopo l'entrata in vigore della riforma dell'istituto condominiale, per introdurre il giudizio di impugnazione avverso le deliberazioni assembleari occorre l'atto di citazione, la cui disciplina è regolata dall'articolo 163 e seguenti Codice procedura civile.
Scopo della citazione è, infatti, quello di proporre una domanda giudiziale e, contestualmente, di evocare in giudizio il convenuto affinché possa difendersi. Solo in tal modo l'amministratore, cui andrà notificato l'atto di opposizione, sarà in condizione di apprendere se la delibera assunta dall'assemblea, una volta decorsi i trenta giorni dal momento in cui è stata assunta ovvero, per gli assenti, da quando questi hanno ricevuto il verbale, può ritenersi definitiva. Il provvedimento ambrosiano aveva posto davvero un pionieristico e argomentato punto fermo sulla riforma.
Dello stesso avviso il Tribunale di Cremona
La Curia cremonese, inserendosi nell'autorevole solco tracciato dal Tribunale di Milano, mediante provvedimento del 23 gennaio 2014, numero 37, sostenne che «L’impugnazione delle delibere assembleari va proposta mediante atto di citazione e non ricorso, in applicazione della regola generale di introduzione della lite con atto di citazione, a seguito della riforma dell’articolo 1137 Codice civile, operata dalla novella di cui alla legge 220/2012, posto che, nella nuova formulazione dell’articolo in questione, è stato completamente eliminato il riferimento alla parola “ricorso”».
Nel riformare l'articolo 1137 Codice civile, il legislatore aveva preso atto del pacifico orientamento giurisprudenziale in forza del quale doveva ritenersi che l’impugnazione delle delibere condominiali andava proposta con atto di citazione e non con ricorso, sebbene l’articolo 1137 Codice civile, testualmente, utilizzasse la parola «ricorso». Invero, la nuova stesura del disposto sancisce che avverso le delibere violative della legge o del regolamento condominiale ogni condomino «può adire l’autorità giudiziaria» per domandarne l’annullamento. Nella vigenza ante-riforma, la giurisprudenza era giunta ad affermare che «l'articolo 1137 Codice civile non disciplina la forma delle impugnazioni delle deliberazioni condominiali, che vanno pertanto proposte con citazione, in applicazione della regola dettata dall’articolo 163 Codice procedura civile» (Cassazione, sezioni Unite, 8491/2011).
La conseguenza di tale impostazione era quella di ritenere che la forma corretta per incardinare l’impugnazione fosse quella dell’atto di citazione.Nel caso analizzato dalla Curia cremonese, preso atto della chiarificazione raggiunta a séguito della pronuncia della Cassazione a sezioni Unite e, soprattutto, per l'intervenuta modifica della disposizione codicistica, si è ritenuto inammissibile il ricorso proposto avverso la deliberazione condominiale. E ciò perché introducendo il giudizio con ricorso sono venuti a mancare i requisiti previsti a pena di nullità del numero 7) dell’articolo 163 Codice procedura civile, ossia la data dell’udienza di prima comparizione destinata al corretto instaurarsi del contraddittorio processuale con il convenuto.
Nella pronuncia il giudice soggiunse che, in una tale ipotesi, neppure può operare il principio generale di conservazione degli atti processuali fondato sulla possibilità che l’atto, per quanto invalido, abbia comunque raggiunto il proprio scopo poiché, mancando la data dell’udienza, lo scopo prefissatosi dal legislatore non è in alcun modo raggiunto. In ultimo, nella pronuncia venne evidenziato come la nullità di cui è affetto l’atto introduttivo non potrebbe neppure essere sanata attraverso il meccanismo di cui all’articolo 164, comma 2, Codice procedura civile in quanto esso è regolato espressamente nei soli casi di introduzione del giudizio con citazione e, in ogni caso, in quanto il ricorso (necessariamente) era totalmente privo dell’indicazione di una udienza di comparizione. Sulla base di tali argomentazioni, il giudice del tribunale cremonese ritenne inammissibile il ricorso proposto con la conseguenza che, stante il termine decadenziale di impugnazione, il ricorrente non poteva proporre alcun ulteriore tempestivo giudizio avverso la delibera condominiale.
Il giudice lombardo affermò che se è vero che nel 2011, nella vigenza della pregressa formulazione dell'articolo 1137 Codice civile, le sezioni Unite avevano salvato l’azione introdotta con ricorso in virtù del cosiddetto principio di conservazione degli atti anche in considerazione del fatto che la parola ricorso fosse contenuta nell’articolo 1137 Codice civile, oggi non è più così. In questo nuovo contesto normativo (articolo 1137 Codice civile riformato nel 2012), specificò il Tribunale di Cremona, non può operare il principio di conservazione degli atti processuali («poiché l’atto non può, comunque, raggiungere lo scopo cui è destinato, articolo 156, ultimo comma, Codice procedura civile, pena la completa abdicazione dal generalissimo principio di congruità delle forme allo scopo o della strumentalità delle forme che costituisce la stessa ratio della disciplina che il codice di rito dedica - per usare le stesse parole usate dal legislatore nell’intitolare il Capo I del Titolo dedicato agli atti processuali - alle forme degli atti e dei provvedimenti»), né il meccanismo sanante di cui all’articolo 164, comma 2, Codice procedura civile («poiché esso è regolato espressamente nei soli casi di introduzione del giudizio con citazione e poiché manca totalmente l’indicazione di una udienza di comparizione)».
La giurisprudenza della Cassazione
Anche secondo la giurisprudenza di legittimità, peraltro ormai consolidata, l'impugnazione della delibera assembleare condominiale va proposta con citazione (Cassazione 10616/2018, 8440/2006, sezioni Unite 8491/2011) poiché, nel silenzio dell'articolo 1137 Codice civile circa la forma dell'introduzione del rito, trova applicazione la regola generale dettata dall'articolo 163 Codice procedura civile. Si appalesa irrilevante e non meritevole di condivisione la giurisprudenza di merito volta a ritenere, in antitesi alla consolidata giurisprudenza di legittimità, l'impiego del ricorso (a cognizione piena o sommaria) in tema di impugnazione di delibere assembleari condominiali.
L'autorevole dottrina
A riprova dei dubbi emersi, ci piace trascrivere l'illuminante brano di Antonio Scarpa (Consigliere alla II sezione di Cassazione e relatore di numerosi interessanti pronunce in tema di condominio) tratto da un articolo pubblicato ne Il Sole 24 Ore il 14 luglio 2015 il quale chiarì che «…l'articolo 1137 Codice civile dopo la riforma del 2012 non presenta più nel testo il riferimento letterale al ''ricorso'', quale forma dell'atto di impugnazione; sicché sembra ormai inequivocabile che nei giudizi iniziati dopo il 18 luglio 2013 l'impugnativa di delibera vada proposta sempre con citazione, senza che funzioni più, nemmeno in primo grado, l'indulgente conclusione sposata dalle sezioni Unite con la sentenza 8491/2011. Nella quale, pur reputando operante per le impugnazioni la forma dell'articolo 163 Codice procedura civile, aveva eccezionalmente considerato valida anche la forma del ricorso, purché depositato in cancelleria entro trenta giorni».
Il riferimento del magistrato era contestualizzato al ricorso a-tecnico espunto dall'articolo 1137 Codice civile a séguito dell'intervento riformatore. Tuttavia, le riflessioni sono egualmente valevoli ed estensibili allo specifico procedimento sommario di cognizione previsto dall'articolo 702 bis Codice procedura civile il cui modello introduttivo è il ricorso. È evidente che il dibattito sulla diatriba citazione-ricorso in tema di annullamento delle delibere condominiali è destinato a proseguire.
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