L'amministratore è esente da responsabilità per la rovina dei balconi
Trattandosi di proprietà esclusiva, spetta ai singoli condòmini curarne la manutenzione ed eliminare qualsiasi situazione di pericolo
Se i balconi sono in rovina grava sui singoli proprietari l'obbligo giuridico di rimuovere il pericolo. Nessun addebito penale, dunque, all'amministratore nel caso in cui i diretti interessati non curino la manutenzione prevista dall'articolo 677 del Codice penale. Lo ha stabilito la Cassazione che, con la sentenza 31592/2022 , ha condannato quattro proprietari di un edificio, colpevoli di non aver provveduto ai lavori necessari per il ripristino dei balconi dissestati nei rispettivi appartamenti.
La vicenda
Non condividendo la difesa degli imputati, che addebitavano la responsabilità dei mancati interventi all'assenza di una volontà assembleare idonea ad adottarli e all'omissione dell'amministratore, il Tribunale aveva sottolineato che i proprietari degli immobili interessati rivestivano una posizione di garanzia, non delegabile a terze persone, su parti di proprietà esclusiva (e, in via sussidiaria o in caso di inerzia del responsabile, anche sulla cosa comune) che versavano, da tempo, in uno stato di incuria di cui erano a conoscenza. Dettaglio che aveva convinto la Corte d'appello ad ascrivere ai quattro una condotta colposa, sollevando l'amministrazione di qualsivoglia responsabilità.
La decisione della Cassazione
I proprietari ricorrevano, dunque, in Cassazione, affermando che la responsabilità era da addebitare a tutti i residenti dello stabile che, tramite le assemblee, erano stati messi a conoscenza della situazione, trattandosi di lavori condominiali che interessavano i frontalini dei balconi. In più, sostenevano che il giudice non avesse accertato con esattezza quale fosse quello da cui era caduto il calcinaccio che aveva recato danno a una persona. Dichiarati inammissibili i ricorsi e condannati gli appellanti al pagamento di tremila euro alla Cassa delle ammende, la Suprema corte ha chiarito che l'amministratore è mandatario dei condòmini, deve intervenire per disciplinare l'uso delle parti comuni e adottare gli interventi urgenti per la sicurezza di chi ne usufruisce, a condizione che il relativo costo non superi l'importo minimale della cassa. Se, al contrario, il costo è ingente, ha il dovere di convocare l'assemblea per la deliberazione delle spese.
Nessuna responsabilità per l’amministratore privo di fondi
Quindi, come si legge anche in Cassazione, 50366/2019, «in tema di omissione di lavori in costruzioni che minacciano rovina negli edifici condominiali, nel caso di mancata formazione della volontà assembleare e di omesso stanziamento dei fondi necessari per porre rimedio al degrado che dà luogo al pericolo, non può ipotizzarsi la responsabilità del reato di cui all'articolo 677 del Codice penale a carico dell'amministratore di condominio per non aver attuato interventi che non erano in suo materiale potere, ricadendo su ogni singolo proprietario l'obbligo giuridico di rimuovere la situazione pericolosa, indipendentemente dall'attribuzione allo stesso dell'origine della stessa» (Cassazione, 50366/2019).
Perché l’impugnazione dei condòmini è stata rigettata
La sentenza impugnata risultava corretta per una serie di motivazioni: gli imputati non avevano diffidato l'amministratore a intervenire a titolo di precauzione, né avevano posto in essere, in via autonoma, interventi per evitare il crollo dei balconi; avevano ammesso che l'amministratore non era intervenuto in quanto i condòmini, nel corso delle assemblee, gli avevano negato la provvista economica necessaria ai lavori di risanamento e, dunque, nulla era la sua responsabilità penale. Al contrario, la condotta dei proprietari era da reputarsi colposa perché coincideva con un atteggiamento negativo all'adozione di opere necessarie, la cui esecuzione era stata procrastinata a tempo indeterminato.
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di Carlo Pikler - Centro studi privacy and legal advice