Condominio

La controversa prededuzione degli oneri condominiali nel processo esecutivo

Non univoca la giurisprudenza, il legislatore deve chiarire a chi spetti il pagamento (custode o creditore procedente) nelle more del giudizio

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di Fulvio Pironti

La questione sulla prededucibilità degli oneri condominiali in àmbito esecutivo è oltremodo dibattuta nella giurisprudenza e in sede dottrinale. Accogliendo la tesi negazionista, si è recentemente chiarito che le spese per atti necessari del processo sono solo quelle strumentali alla conservazione dell'integrità materiale dell'appartamento pignorato con esclusione di altre rivestenti natura condominiali (Tribunale Benevento 24 novembre 2020).

Il giudice della esecuzione ha rilevato che, a differenza di quanto avviene in àmbito fallimentare (ove la Legge 220/2012, all'articolo 30 prevede espressamente la prededucibilità dei contributi per spese manutentive ordinarie e straordinarie ai sensi dell'articolo 111 del Regio decreto 16 marzo 1942, numero 267, sempreché siano divenute esigibili in forza dell'articolo 63 disposizioni attuative Codice civile), nel processo esecutivo non si rinviene una norma che contempli analoga disciplina.

I precedenti giurisprudenziali
Il tassello posto dalla pronuncia sannita si innesta nel più ampio solco tracciato dalla Cassazione ( 12877/2016) secondo cui «le spese necessarie alla conservazione stessa dell'immobile, indissolubilmente finalizzate al mantenimento in fisica e giuridica esistenza dell'immobile pignorato (con esclusione, quindi, delle spese che non abbiano una immediata funzione conservativa dell'integrità del bene, quali le spese dirette alla manutenzione ordinaria o straordinaria o gli oneri di gestione condominiale) in quanto strumentali al perseguimento del risultato fisiologico della procedura di espropriazione forzata, essendo intese ad evitarne la chiusura anticipata, sono comprese tra le spese per atti necessari al processo che, ai sensi dell'articolo 8 Dpr 30 maggio 2002, numero 115, sono anticipate dal creditore procedente per essere poi rimborsate come spese privilegiate ex articolo 2770 Codice civile».

D'altronde, anche la giurisprudenza di merito si era espressa in modo similare stabilendo che l'ente condominiale, qualora vanti crediti nei confronti di un condòmino scaturenti dal mancato pagamento degli oneri comuni, non beneficia di alcun diritto prededuttivo (Tribunale Padova 10 febbraio 2014).

La giurisprudenza di segno favorevole
Alla linea negazionista si contrappone quella possibilista. Parte della giurisprudenza di legittimità ha da tempo ribadito che «vi è un sostanziale parallelismo tra creditore procedente nella procedura esecutiva singolare e creditore istante nella procedura concorsuale» (Cassazione 6787/2000; Cassazione 26949/2016). Sulla estensibilità analogica della disposizione dettata in tema di fallimento al processo esecutivo, è stato rilevato che il credito condominiale, assolvendo alla funzione di conservazione delle parti comuni, ha la precedenza rispetto ad altri nella misura in cui costituisce un insieme di «oneri sostenuti nell'interesse di tutti i creditori per giungere alla fase liquidativa» (Cassazione 8634/2003 e 7707/2007).

Ciò mira ad evitare l'ingiustificato arricchimento del procedente il quale si avvantaggerebbe dell'attività posta in essere dal terzo, cioè il condominio.Una nota pronuncia di merito ha asserito che gli oneri condominiali continuano a maturare anche in epoca successiva all'avvio della espropriazione immobiliare per cui non possono essere posti a carico del condominio in quanto afferiscono ad un bene la cui alienazione beneficia i creditori del procedimento esecutivo (Tribunale Bologna 6 maggio 2000, numero 1471) mentre la Suprema corte ha statuito che l'onere delle spese manutentive ordinarie e straordinarie condominiali ricadenti sugli immobili pignorati spetti sempre, durante la pendenza del procedimento esecutivo, al creditore procedente e, nella ipotesi di sua inerzia, al custode il quale potrà successivamente chiederne il rimborso mediante presentazione del rendiconto (Cassazione 20 luglio 1976, numero 2875).

Il dibattito dottrinale
La dottrina (Amadei) sostiene che il custode deve versare all'amministratore gli oneri condominiali maturati a far data dal pignoramento. Vi provvederebbe attingendo dalla cassa (se presente) o pretendendo che le somme vengano anticipate dal creditore procedente per poi decurtarle in sede di liquidazione forzata. Gli oneri condominiali ordinari e straordinari sono spese processuali in ragione del fatto che nell'àmbito della espropriazione e alienazione di un immobile ricompreso in un plesso condominiale debbono ricomprendersi anche le parti comuni.

Altri (Bellè-Cardino) hanno asserito che la disposizione fallimentare trova applicazione con riferimento alla esecuzione individuale e, nel caso in cui sia stato designato il custode, anche gli oneri condominiali devono fare capo all'ufficio custodiale. La configurazione degli oneri condominiali come costi prededucibili risponde ad esigenze di equità e giustizia perché, diversamente, graverebbero iniquamente la compagine condominiale in misura esponenziale commisurata alla pluriennale durata temporale del procedimento espropriativo. Essendo collegati alla gestione del bene, gli oneri condominiali devono essere considerati come spese procedurali.L'espropriazione di un immobile esecutato ricadente in un plesso edilizio deve estendersi necessariamente anche alle parti condominiali. Parti che in forza dell'articolo 2919 Codice civile vengono trasferite all'acquirente mediante vendita forzata.

È inevitabile che l'attività custodiale debba riguardare l'immobile pignorato e giocoforza anche la relativa quota proporzionale riflettente le parti comuni edificiali. Le spese condominiali relative all'immobile pignorato sono spese processuali che il custode deve corrispondere (avendone disponibilità) oppure domandarne il pagamento al creditore procedente. Sulla estensibilità analogica dell'articolo 111, comma 1, legge Fallimentare, al processo esecutivo si sono profilati, tra gli altri, due significativi orientamenti dottrinali. Il primo, sofferma l'attenzione sul cennato disposto fallimentare ritenendolo espressione di un principio generale che troverebbe applicazione anche nell'àmbito del processo esecutivo. Tale tesi ha sortito riscontri positivi in varie pronunce di merito: il custode deve versare all'amministratore gli oneri condominiali maturati decorrenti dal pignoramento; a tanto provvede attingendo da una cassa (se presente) ovvero può pretendere che le somme siano anticipate dal creditore procedente, come ogni spesa processuale, e poi saranno detratte dalla somma ricavata dalla liquidazione forzata. ù

Altra tesi ritiene che la norma trovi applicazione con riferimento alla esecuzione individuale: se il custode è un soggetto-terzo, anche gli oneri condominiali, giustificandosi in ragione del possesso materiale del bene, devono far capo all'ufficio custodiale. Avverso le delineate tesi, si staglia una critica secondo cui nell'esecuzione individuale non vi sarebbe «spossessamento» similmente a quanto avviene nel fallimento. In contrario, si è giustamente obiettato che non è vero che con il pignoramento non muta la posizione civilistica del debitore rispetto al bene: l'esecutato non rimane nel possesso del bene in quanto viene ‘congelato', ovvero non è più del debitore, né del procedente e tantomeno della esecuzione fino a quando non verrà trasferito all'acquirente.

Conclusioni
In definitiva, la qualificazione degli oneri condominiali come costi prededucibili impedirebbe la progressiva sedimentazione delle morosità nel corso del pluriennale procedimento espropriativo ed eviterebbe di aggravare la compagine condominiale la quale, per fronteggiare i servizi, si vedrebbe costretta, nel corso di un dilatato ed esteso lasso temporale, ad anticipare le spese. Si auspica un intervento mirato del legislatore che ponga fine alla disparità di trattamento delle spese condominiali in sede fallimentare ed esecutiva.

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