Condominio

La delibera che decide la soppressione del servizio di portierato legittima il licenziamento del custode

Verificate le condizioni addotte dal condominio e in assenza di irregolarità nel provvedimento, la fine del rapporto di lavoro è giustificata

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di Fabrizio Plagenza

Nella generalità dei casi, con il servizio di portierato, si assume un dipendente affinchè quest’ultimo controlli l’accesso in condomino, alle sale o ai piani dello stabile, predisponga un registro ove vengano indicati i visitatori esterni, sorvegli le entrate secondarie, fornisca un servizio di raccolta posta e pacchi e così via. Tante mansioni che spesso fanno nascere contrasti tra lavoratore e datore di lavoro, in merito all’inquadramento e alla retribuzione del lavoratore stesso. Le mansioni del portiere quindi non sono fisse. Esse sono regolamentate dal contratto che soggiace, nei termini essenziali relativi al rapporto professionale, al contratto nazionale collettivo di lavoro per i dipendenti da proprietari di fabbricati.

I fatti di causa

Nel caso del condomino, l’ente di gestione rappresenta il datore di lavoro che assume il dipendente con un contratto. Il Tribunale di Roma, in funzione del giudice del lavoro, con la sentenza 10157/2022 , si è pronunciato sulla legittimità del licenziamento del portiere dello stabile condominiale, nel caso in cui l’assemblea abbia deciso di sopprimere il servizio di portierato. Si legge, infatti, nella sentenza in commento, che il licenziamento del portiere era avvenuto per soppressione del posto, come deliberato dai condòmini e come riportato nel relativo verbale. Il provvedimento è stato documentato da parte resistente, la quale ha prodotto la delibera con cui l’assemblea ha deciso, per ragioni economiche, di optare per l’interruzione e liberare l’alloggio di servizio così da poterlo mettere a reddito. A queste condizioni, e in assenza di qualsivoglia elemento in ordine alla fittizietà della decisione assunta dal condominio, la risoluzione del rapporto deve dirsi giustificata dalla soppressione del posto di lavoro.

Licenziamento giustificato

«La decisione di sopprimere il servizio è in sé insindacabile». Secondo la Suprema corte, infatti, il controllo giudiziale sul licenziamento per giustificato motivo oggettivo comporta la verifica dell’assolvimento da parte del datore di lavoro dell’onere di provare l’effettività della dedotta ristrutturazione organizzativa, la sua incidenza sulla posizione rivestita in azienda dal lavoratore licenziato e la non utilizzabilità di quest’ultimo in un altro settore aziendale. Tale indagine, tuttavia, deve fermarsi alla verifica del dato oggettivo e non può estendersi a un sindacato sull’opportunità e la congruità delle scelte in materia di assetti produttivi e organizzativi, rispetto a cui l’imprenditore gode di una riserva di autonomia, garantita dall’articolo 41 della Costituzione e non limitata da una contrapposta posizione di vantaggio attribuita al lavoratore dalla legge ordinaria (Cassazione, 88/2002). Tale consolidato principio è estensibile anche a un datore di lavoro non imprenditore, come il condominio convenuto, in forza dell’articolo 1 della legge 604/66.

Il verdetto del Tribunale

Ciò posto, il Tribunale di Roma, nel decidere la controversia tra la lavoratrice e il condominio, nata sia in merito alla legittimità del licenziamento che in ordine alle pretese differenze retributive richieste dalla ricorrente, la quale lamentava anche l’essere stata adibita a mansioni superiori, accertava che doveva «ritenersi pacificamente valida la delibera (non essendo neppure dedotti elementi di segno contrario), correttamente la stessa è stata posta alla base del licenziamento e quindi il fatto è sussistente, con conseguente infondatezza della domanda».

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