Condominio

Le spese prive di giustificativi saldate dal pregresso amministratore vanno restituite al condominio

L'amministratore è legato ai condòmini dal rapporto di mandato ed è tenuto ad eseguire gli obblighi contrattualmente assunti con la diligenza del buon padre di famiglia

di Fulvio Pironti

L'esborso di somme prive dei giustificativi saldate dal pregresso amministratore e non indicate nei rendiconti, perciò prive di riferibilità alla gestione condominiale, non è conforme al cànone di buona amministrazione per cui vanno restituite al condominio. È il principio reso dal Tribunale di Torino con sentenza 1230 del 21 marzo 2023.

Il caso

Non è infrequente che l'amministratore si renda inadempiente ai propri obblighi per negligenza ad espletare il proprio dovere. I condòmini possono tutelarsi destituendolo dall'incarico o, nei casi più gravi, spingersi a chiedere il risarcimento dei danni. Nella fattispecie in esame, un condominio convenne il pregresso amministratore dinnanzi al Tribunale di Torino per ottenere la restituzione di somme introitate e corrisposte a terzi senza giustificazione e per sentirlo dichiarare inadempiente agli obblighi di mandatario avendo gestito con negligenza.

Gli importi per i quali venne chiesta la restituzione comprendevano varie voci precisate e allegate con relazione contabile di parte e con gli estratti conto da cui erano evincibili gli esborsi. Inquadramento giurisprudenziale del caso di specie. Premesso che il fulcro della controversia si incentra sulla responsabilità del pregresso amministratore per aver effettuato, durante l'espletamento dell'ufficio gestorio, pagamenti privi di supporto giustificativo, il decidente perimetra l'àmbito giuridico entro il quale risolvere la questione evidenziando princìpi consacrati in vari indirizzi nomofilattici.

Gli obblighi del creditore e del debitore

Riguardo all'inadempimento di una obbligazione contrattuale, rammenta che le Sezioni Unite (Cassazione 13533/2001) hanno statuito che il creditore, agendo per la risoluzione contrattuale, risarcimento del danno o l’adempimento, deve provare solo la fonte del suo diritto e il relativo termine di scadenza allegando la circostanza dell’inadempimento. Sul debitore, invece, grava l’onere dimostrativo del fatto estintivo dell’altrui pretesa. Ribadisce altresì che l’amministratore non ha un generale potere di spesa in quanto spetta all’assemblea il còmpito di approvare il rendiconto valutando l’opportunità e congruità delle spese sostenute (Cassazione 18084/2014).

Soggiunge, infine, che il consuntivo rappresenta fonte di prova del rapporto di mandato per cui ad esso si riferisce per accertare quanto l’amministratore ha incamerato e deve restituire al termine dell’ufficio. L’obbligo di rendiconto si considera adempiuto qualora il mandatario fornisca prova e causale dei giustificativi degli incassi ed esborsi al fine di poter stabilire se l'operato sia stato rispondente ai criteri di buona amministrazione (Cassazione 1186/2019).

Ragioni decisorie

Riportandosi al delineato quadro giurisprudenziale, il giudicante rileva che a fronte dell'inadempimento contrattuale e contestazione degli esborsi privi di giustificativi, sull'amministratore ricade l'onere di provare la diligenza dell'operato gestionale.Dalla consulenza d'ufficio è emerso l'esborso di una cospicua somma priva di giustificativi utilizzata per saldare spese non indicate nei rendiconti, perciò prive di riferibilità alla gestione condominiale. Il consulente ha rilevato che tali somme non trovano riscontri nei rendiconti approvati.

Inoltre, non essendo presenti le matrici (cioè i relativi giustificativi degli assegni riscontrati nei conti correnti) non è possibile individuare se siano riferiti a spese approvate dalle assemblee. Consegue che il pregresso amministratore, non avendo versato in atti i giustificativi relativi al complessivo importo contestato, ha omesso di soddisfare l'onere probatorio. Oltre a non aver prodotto tale giustificazione sulla entità e causale dei versamenti, ha anche omesso di contestualizzare le operazioni ragion per cui vi è prova che il suo operato non risponde ai cànoni di buona amministrazione.

L'amministratore ha saldato spese relative alla gestione condominiale in contanti e mediante conti correnti estranei a quelli del condominio. Sebbene tali anomalie contabili non abbiano procurato danni tangibili al mandante, acclarano pur sempre la negligenza del mandatario integrando la violazione dell'articolo 1129, commi 7 e 12, Codice civile e la falsa rappresentazione dei movimenti contabili eseguiti e riepilogati nei rendiconti posti al vaglio e approvazione assembleare.

La prova dell’inadempimento contrattuale

In definitiva, l'esame dei documenti e l'esito della consulenza contabile d'ufficio corroborano la tesi coltivata dal condominio volta a sostenere l'inadempimento contrattuale dell'amministratore per aver gestito senza la diligenza del buon padre di famiglia e omesso di rendere il conto del proprio ed effettivo operato al mandante. In conseguenza, la domanda è risultata meritevole di accoglimento in ordine all'importo rilevato dal Ctu per cui il tribunale torinese ha condannato l'ex amministratore a restituirlo al condominio.

Considerazioni conclusive

L'amministratore di condominio è legato ai condòmini dal rapporto di mandato ed è tenuto ad eseguire gli obblighi contrattualmente assunti con la diligenza del buon padre di famiglia. In difetto, può essere chiamato a risarcire il danno nel caso in cui il condominio subisca un nocumento riconducibile al suo comportamento negligente od omissivo. Il condominio ha diritto ad agire nei confronti del pregresso amministratore per i danni procurati dall'inadempimento degli obblighi contrattualmente assunti. Sarà sufficiente allegare e provare il danno subìto in conseguenza della negligenza od omissione. Incombe sull'amministratore la prova della non ascrivibilità del danno al suo operato. È responsabile dei danni causati dal cattivo e improprio uso dei poteri e da qualsiasi inadempienza agli obblighi legali o regolamentari.

L'inadempimento, oltre ad essere fonte di responsabilità contrattuale e legittimare il condominio ad agire in risarcitoria, può comportare anche la richiesta di revoca dell'amministratore. L'uso deviato e inappropriato dei poteri dell'amministratore integra un fatto grave e determina la rottura del rapporto fiduciario intercorrente fra amministratore ed ente condominiale. L'inosservanza dei doveri è fonte di responsabilità contrattuale. L'amministratore risponde del suo operato verso il condominio, a titolo di colpa, quando agisce senza la diligenza del buon padre di famiglia. Durante il mandato dovrà tenere una condotta improntata alla diligenza media al disotto della quale scatterà la responsabilità.

È responsabile civilmente in caso di violazione dei doveri previsti dalle disposizioni civilistiche. Riguardano lo svolgimento del mandato gestionale, la tenuta contabile, i rapporti con dipendenti e fornitori, la tenuta di bilanci e scritture, gli adempimenti fiscali contributivi e previdenziali nonché l'esazione e gestione delle quote. La loro violazione comporta due distinte conseguenze: revoca dal mandato e risarcimento del danno. Quest'ultima, non essendo conseguenza di un automatismo, per ottenerla sarà necessario dimostrare che il condominio ha subìto un danno dalla cattiva gestione. Anche in presenza di illeciti acclarati, è impossibile agire contro il responsabile se non si dimostra (oltre alla condotta illegittima) anche il conseguente danno scaturito. È perciò inammissibile la tutela giudiziaria senza dimostrare il concreto pregiudizio economico.

Ammanchi di cassa e spese ingiustificate

Fra i danni che il condominio può invocare per avanzare l'azione di responsabilità contro l'amministratore si rammentano gli ammanchi di cassa e le spese ingiustificate. L'azione di responsabilità contro l'amministratore uscente può essere proposta sia dal condominio che dal singolo condomino che abbia interesse e ritenga di aver subìto un danno dai comportamenti negligenti. Perché tale condotta possa essere censurata, così da costituire titolo per un addebito risarcitorio, si richiedono i presupposti indicati dall'articolo 1223 Codice civile per il quale «il risarcimento del danno per l'inadempimento o per il ritardo deve comprendere così la perdita subita dal creditore come il mancato guadagno, in quanto ne siano conseguenza immediata e diretta».

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