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Legge antidiscriminazione in condominio: no al diniego di parcheggio per disabili se c’è un’area disponibile

È compito e dovere dell’amministratore garantire ai condòmini con difficoltà motorie parcheggi più comodi, evitando discriminazioni indirette nei loro confronti

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di Ivana Consolo

Non tutti, neppure gli stessi disabili, hanno compiuta cognizione e consapevolezza dei propri diritti, né delle leggi nazionali o sovranazionali che li garantiscono e li tutelano.
La particolarità della pronunzia in esame (Tribunale Civile di Roma n. 8863 del 7 giugno 2022), sta proprio nell’aver colto ed applicato una legge importantissima: la legge numero 67 del 2006, nota come “legge antidiscriminazione”.

I fatti di causa

La controversia che porta all’emissione del provvedimento dei giudici capitolini, vede contrapporsi una condòmina ed il condominio, in persona del suo amministratore. In sostanza, la condòmina aveva citato in giudizio la compagine condominiale perché sosteneva che non si sarebbe dovuto dare seguito alcuno alla richiesta avanzata circa la creazione di posti auto riservati ai disabili. Secondo la condomina, il cortile condominiale, adibito a posteggio, non presentava spazio e disponibilità di stalli sufficienti a realizzare anche tale riserva; l’amministratore stava dunque ledendo l’interesse generale dei condòmini a godere in modo paritario dei beni comuni, il tutto senza neppure convocare un’assemblea per raccogliere il consenso dei condòmini.

Si costituiva in giudizio il condominio, che dava piena e compiuta prova della presenza di spazio sufficiente a realizzare i posti riservati ai disabili, ma soprattutto, richiamava la necessità di dare attuazione alla legge numero 67 del 2006: la legge antidiscriminazione.A questo punto, appare doveroso aprire una parentesi esplicativa su questa importante legge nazionale.

La legge antidiscriminazione

Essa sancisce il diritto di chi vive una condizione di disabilità a non essere discriminato in alcun modo e, con l'importante riferimento all'articolo 3 della Costituzione, l'articolo 1 della normativa in esame intende garantire la piena attuazione della legge 104/1992, al cui articolo 3 viene definito disabile «colui che presenta una minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione». Introdotta nel 2006, anche e soprattutto in recepimento ed attuazione dei principi espressi dalla Convenzione Onu sui diritti delle persone disabili, la legge numero 67 è una legge di civiltà.

La legge distingue tra discriminazione diretta ed indiretta:
– si ha discriminazione diretta quando, per motivi connessi alla disabilità, una persona è trattata meno favorevolmente di quanto sia, sia stata, o sarebbe trattata una persona non disabile in una situazione analoga;
– si ha invece discriminazione indiretta quando una disposizione, un criterio, una prassi, un atto, un patto, o un comportamento apparentemente neutri, mettono un soggetto con disabilità in una posizione di svantaggio rispetto alle altre persone.

Sono, altresì, considerate discriminazioni le molestie, ovvero quei comportamenti indesiderati posti in essere per motivi connessi alla disabilità, che violano la dignità e la libertà di una persona portatrice di handicap, ovvero creano un clima di intimidazione, di umiliazione, e di ostilità nei suoi confronti. Il disabile che ritiene di avere subito un atto discriminatorio, sia da parte del privato, che da parte della pubblica amministrazione, grazie alla legge numero 67/06 può adire il competente Tribunale civile chiedendo, oltre alla cessazione del comportamento discriminatorio, anche il risarcimento del danno.

Il giudice adito potrà:
–ordinare la cessazione del comportamento, della condotta, o dell'atto discriminatorio, adottando altresì ogni altro provvedimento idoneo, secondo le circostanze, a rimuovere gli effetti della discriminazione;
–ordinare la pubblicazione del provvedimento di condanna, per una sola volta, su un quotidiano a tiratura nazionale, ovvero su uno dei quotidiani a maggiore diffusione nel territorio interessato, il tutto a spese del convenuto resosi autore della discriminazione;
–statuire circa la piena risarcibilità del danno, inteso come danno non patrimoniale nella sua categoria più ampia, comprensiva di ogni ipotesi in cui sia leso un valore attinente alla persona.

La decisione del Tribunale di Roma

Chiusa l’opportuna parentesi sulla legge antidiscriminazione, possiamo tornare al caso di specie, e soffermarci sul provvedimento con cui il Tribunale capitolino dirime la controversia condominiale.Anzitutto, i giudici rilevano che, a fronte della dimostrazione circa l’esistenza di spazio sufficiente a creare gli stalli riservati ai disabili, la condòmina appellante non avesse opposto alcuna formale contestazione, né tantomeno fosse stata in grado di offrire la prova del contrario.Ciò posto, il Tribunale giunge alla seguente conclusione: in caso di posti auto sufficienti per tutti i condòmini, ed in presenza della richiesta da parte di un disabile ad un posto auto riservato, l’amministratore di condominio, ai sensi dell’articolo 1130 del Codice civile (dunque operando nell’ambito delle attribuzioni a lui riconosciute dalla legge), deve provvedere ad assicurare che ciascuno dei condòmini possa godere dei beni comune nel migliore dei modi.

Per fare ciò, non è necessaria alcuna preventiva autorizzazione assembleare, essendo precipuo compito e dovere dell’amministratore garantire ai condòmini disabili di poter disporre e fruire di parcheggi più comodi, con ciò evitando eventuali discriminazioni indirette nei loro confronti. La necessità, nel caso di specie, di considerare ed attuare la legge 67/06, per prevenire ogni forma di discriminazione, viene dunque ravvisata anche dai giudici, che ritengono del tutto meritevole l’osservazione mossa in tal senso dal condominio appellato.

Preminente l’interesse del soggetto portatore di handicap

Il Tribunale sottolinea altresì che, l’articolo 1102 del Codice civile (che disciplina l’uso della cosa comune), deve essere interpretato in ossequio agli articoli 2, 3, 32, e 42 della Costituzione, affinché il diritto del portatore di handicap di parcheggiare in luogo più vicino possibile all’ingresso condominiale, possa essere rivestito di doverosa preminenza rispetto all’interesse di tutti gli altri condòmini, che non presentano alcuna difficoltà di vita e di salute.Il ricorso della condòmina viene dunque rigettato, con ciò scrivendo una pagina di diritto che, seppur nell’apparente semplicità della sentenza ivi esaminata, è destinata a lasciare il segno.Ogni sentenza che va ad attuare o implementare le leggi a tutela dei più fragili, rappresenta un passo avanti nel lungo e tortuoso percorso verso la piena inclusione sociale.