Legittima la clausola regolamentare sull’ arbitrato irrituale per impugnare le delibere dell’assemblea
La formulazione corretta non esclude il ricorso all’autorità giudiziaria e delimita alle questioni relative all’applicazione del regolamento il ricorso all’arbitrato
Il regolamento assembleare può contenere una clausola compromissoria demandando ad un arbitrato irrituale (unico o collegiale) il compito di definire una controversia condominiale come alternativa al ricorso alla giustizia ordinaria e alla previsione contenuta nell'articolo 1137 Codice civile. L'importante principio di diritto si ricava dalla sentenza 2324 del 26 maggio 2022 della Corte d’appello Napoli, sezione VI.
L'impugnazione
Tizio impugna la delibera adottata dall'assemblea dei condòmini, con la quale era stata approvata, a maggioranza qualificata, la correzione delle tabelle millesimali allegate al regolamento condominiale, sul presupposto che l'area del terrazzo condominiale di sua proprietà, finora destinata a parcheggio, aveva mutato destinazione e doveva essere dunque considerata, ai fini della determinazione del valore proporzionale del piano, quale semplice lastrico solare.Il condominio, costituendosi, in giudizio eccepiva, pregiudizialmente, la tardività dell'impugnazione e, comunque, l'improcedibilità della domanda perché non era stata preceduta dal tentativo di conciliazione obbligatorio previsto dal regolamento condominiale con devoluzione ad arbitrato irrituale delle controversie tra i condòmini e il condominio.
Il regolamento
Nello specifico, il regolamento di condominio prevedeva che le controversie sorte in seno al condominio, dipendenti dall'applicazione della legge o del regolamento, escluse quelle che non potevano formare oggetto di transazione e quelle che hanno per oggetto la concessione di sequestri o di altri provvedimenti cautelari, siano risolte su iniziativa di chi ne ha interesse, da un giudice arbitrale irrituale composto con un solo membro o con tre membri, che decidono secondo equità.
Il testo adottato dall'assemblea dei condòmini, con delibera del 2014, prevedeva, altresì, che: «Le deliberazioni contrarie alla legge o al regolamento possono essere impugnate da ciascun condomino assente, dissenziente o astenuto mediante ricorso al giudice arbitrale, e questi può annullare o dichiarare nulle le deliberazioni stesse (articolo 64). Ciascuna parte, infine, può ricorrere all'autorità giudiziaria a norma dell'articolo 1137 Codice civile per le questioni che non possono essere risolte per via arbitrale o per ottenere l'adempimento del lodo irrituale emesso dall'arbitro o dagli arbitri (articolo 67)».
La sentenza di primo grado
Il giudice di primo grado (Tribunale di Avellino) accoglieva la domanda del condòmino e respingeva le eccezioni del condominio. In particolare, con riguardo alla pregiudiziale sul ricorso all'arbitrato aveva cura di precisare che «la clausola del regolamento condominiale che preveda, per i casi di contrasto tra condòmini, l'obbligo di esperire un tentativo di amichevole composizione …, non integra una clausola compromissoria, la quale presuppone la rinuncia all'azione giudiziaria e dà luogo ad una cognizione di carattere arbitrale e suscettibile di definire la controversia», sicché una simile disposizione non è idonea a fissare preclusioni all'esercizio della tutela giudiziaria, i cui presupposti, stabiliti nel pubblico interesse, possono trovare il loro fondamento esclusivamente nella legge e non nella autonomia privata (in punto, sono richiamati questi precedenti Cassazione 388/77, Cassazione 8476/92).
Vi è più che il decidente irpino interpretava la disposizione del regolamento come una norma senza valore cogente, tesa a riconoscere la mera “possibilità” di presentare ricorso al “giudice arbitrale”, senza possibilità di vincolare l'accesso alla giurisdizione statale.Il condominio, pertanto, ricorreva alla Corte di appello di Napoli, la quale, con la sentenza in disamina, ribalta l'esito del giudizio.
La sentenza di II grado
La Corte partenopea, per dirimere la questione che gli è stata sottoposta, parte dalla base, e, pertanto, individua il rapporto sussistente tra lo strumento arbitrale (articolo 808 e seguenti Codice procedura civile), per come rimesso all'autonomia privata, e quello della giurisdizione statale, che, in ambito condominiale, con riguardo, alle azioni volte ad impugnare le delibere adottate da parte dell'assemblea dei condòmini, è cristallizzato nella previsione contenuta nell'articolo 1137 Codice civile.
A tal riguardo viene precisato che, in via più che astratta, non può che ritenersi legittima la norma regolamentare che preveda una clausola compromissoria con il correlativo obbligo di impugnare le relative delibere innanzi all’organo designato in quanto lo stesso articolo 1137 Codice civile, secondo comma, nel riconoscere ad ogni condomino dissenziente la facoltà di ricorrere all’autorità giudiziaria avverso le deliberazioni dell’assemblea del condominio, non pone alcuna riserva di competenza assoluta ed esclusiva del giudice ordinario e, quindi, non esclude la compromettibilità in arbitri di tali controversie, le quali, d’altronde, non rientrano in alcuno dei divieti sanciti dagli articoli 806 e 808 Codice procedura civile (da ultimo, Cassazione 28508/20).
Ad ulteriore scrutinio di quanto sostenuto viene argomentato che l’articolo 1138 Codice civile nel negare che le norme del regolamento possano menomare i diritti di ciascun condomino e derogare alle disposizioni degli articoli 1118, secondo comma, 1119, 1120, 1129, 1131, 1132, 1136 e 1137 Codice civile - e che, quindi, possano impedire in alcun modo l’impugnabilità delle delibere assembleari - non impone che l’impugnazione, sempre proponibile, debba necessariamente proporsi in sede giudiziale.
L'interpretazione della clausola
Ciò premesso, il giudice collegiale partenopeo evidenzia i limiti dell'attività ermeneutica posta dal giudice di primo grado sulla clausola compromisssoria in disamina, rilevando il corretto modo di interpretare la stessa, per come inserita in un regolamento assembleare, come quello in disamina.La disposizione in questione – la quale rimanda all’esclusione dalla competenza arbitrale delle controversie che non possono formare oggetto di transazione e di quelle che hanno per oggetto la concessione di sequestri o di altri provvedimenti cautelari (articolo 61), ossia, nella sostanza, ai limiti legali dell’arbitrato (riguardo ai diritti indisponibili, ex articolo 806 Codice procedura civile, e alla riserva della giurisdizione statale in materia cautelare, ex articolo 669-quinquies Codice procedura civile) – viene così intesa secondo un senso dinamico e funzionale.
I giudici napoletani, a tal proposito, riferiscono che una interpretazione difforme alla applicabilità nella fattispecie della clausola compromissoria in luogo del ricorso alla previsione dell'articolo 1137 Codice civile sarebbe, infatti, priva di significato e valore. In altri termini, «la facoltà espressamente riconosciuta ai condòmini dall’articolo 64, di ricorrere al giudizio arbitrale per impugnare le deliberazioni che ritengano contrarie alla legge o al regolamento, non può essere intesa come un’opzione alternativa a quella dell’azione innanzi all’autorità giudiziaria, tanto più che lo stesso verbo (potere) è usato dall’articolo 67 riguardo alle azioni da proporre necessariamente in sede giudiziale».
Conclusioni
Per mera completezza argomentativa, c'è da annoverare anche un passaggio (finale) nella motivazione della sentenza di rilievo incidentale rispetto quanto sopra argomentato, che riguarda l'esatta portata della materia del contendere e/o l'omessa sollevazione di alcune eccezioni specifiche (tra cui quella della insussistenza del potere della maggioranza di cui all’articolo 1138, terzo comma, Codice civile di incidere sui diritti propri di ciascun condomino). Tanto è stato affermato sul presupposto che l’eventuale rilievo d’ufficio della nullità deve fondarsi sul riscontro di fatti allegati e provati o, comunque, emergenti ex actis. Nel caso di specie, invece – per come segnatamente riportato - la parte appellata, oltre a sostenere la tesi del carattere facoltativo dell’arbitrato (non condivisa dal collegio), si è limitata (in comparsa conclusionale) a richiamare l’origine assembleare del regolamento, per dedurre l’approvazione di esso dopo l’acquisto dei singoli immobili, e ad invocare una disciplina (quella delle “clausole vessatorie”) che, tuttavia, non è parsa applicabile alla fattispecie (Cassazione 395/93 e 8279/99).
Il precedente
Il precedente in commento non è l'unico sul tema; anzi, si annovera una recente sentenza della Cassazione nr 8698 del 17 marzo 2022 (giudice relatore Scarpa) che conferma l'idoneità del regolamento quale fonte negoziale per l'introduzione, in materia condominiale, delle clausole compromissorie in tema di impugnazione delle delibere assembleari, enunciando il seguente principio di diritto: «la clausola compromissoria per arbitrato irrituale contenuta in un regolamento di condominio, la quale stabilisce che siano definite dagli arbitri le controversie che riguardano la interpretazione e la qualificazione del regolamento che possano sorgere tra l'amministratore ed i singoli condòmini, deve essere interpretata, in mancanza di volontà contraria, nel senso che rientrano nella competenza arbitrale tutte le cause in cui il regolamento può rappresentare un fatto costitutivo della pretesa o comunque aventi causa connessa con l'operatività del regolamento stesso, il quale, in senso proprio, è l'atto di autorganizzazione a contenuto tipico normativo approvato dall'assemblea con la maggioranza stabilita dal secondo comma dell'articolo 1136 Codice civile e che contiene le norme circa l'uso delle cose comuni e la ripartizione delle spese, secondo i diritti e gli obblighi spettanti a ciascun condomino, nonché le norme per la tutela del decoro dell'edificio e quelle relative all'amministrazione (articolo 1138, comma 1, Codice civile )».
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