ll vincolo pertinenziale tra un condominio e un’area accessoria non equivale a un titolo di acquisto
Rimane necessario procedere con le operazioni di accertamento del diritto dominicale per identificare il soggetto che ha pieni diritti sull’area in quanto effettivo intestatario
Il vincolo pertinenziale non si traduce in un modo di acquisto della proprietà perché la circostanza che un bene immobile sia destinato a pertinenza di un altro non costituisce un modo di acquisto. Ne consegue che il vincolo di pertinenzialità non fa venire meno la necessità di procedere all'accertamento del diritto dominicale sulla “cosa” accessoria. In questo senso si è espressa la Corte di Appello di Milano, nella sentenza 3223/2022 , avente ad oggetto un'area risultata di proprietà del Comune di Milano, ma utilizzata come accesso e come parcheggio da un condominio.
La vicenda
Un complesso condominiale ha citato in giudizio il Comune di Milano per far accertare che le aree identificate con specifici mappali (228 e 231) - menzionate anche nei titoli di acquisto - costituissero pertinenze esclusive di un complesso condominiale, essendo destinate a sede viaria e a parcheggio ad uso di tutti i fabbricati del comparto. Sotto questo profilo – aggiungeva il condominio - doveva considerarsi illegittima la condotta del Comune che aveva disegnato delle strisce blu sulle aree in questione per regolamentare il parcheggio delle automobili mediante pagamento di un ticket. Per il palazzo, infatti, tale comportamento configurava «un'occupazione usurpativa» contraria ai titoli di proprietà, sicchè il Comune doveva essere condannato all'eliminazione delle strisce blu e alla restituzione dell'area al legittimo titolare. La domanda del condominio è stata respinta dal Tribunale, ma una società condòmina ha presentato appello, sulla scorta dei poteri complementari di rappresentanza spettanti a tutti i condòmini a tutela dei diritti sulle parti comuni.
Il vincolo di pertinenzialità non equivale a un modo di acquisto
L'appellante ha insistito sul fatto che le particelle 228 e 231 costituissero aree di pertinenza del complesso condominiale, da annoverarsi tra i beni comuni. Sul punto, la Corte di appello milanese ha “bacchettato” il condòmino, rilevando che la domanda di accertamento della “condominialità” (o più correttamente “della proprietà condominiale”) non era stata proposta in primo grado, dato che si era limitato a contestare la condotta del Comune, consistita nell'apposizione delle strisce blu per regolamentare il parcheggio delle automobili. Detto questo, i giudici di merito hanno confermato l'orientamento giurisprudenziale secondo cui il vincolo di pertinenzialità non si traduce in un modo di acquisto della proprietà, perché la circostanza che un bene immobile sia destinato a pertinenza rispetto ad un altro bene di proprietà dell'istante non può essere considerato di per sé un modo di acquisto e tale destinazione non fa venir meno la necessità di procedere all'accertamento del diritto dominicale sul bene accessorio.
Il precedente
Messe da parte le questioni processuali, va tenuto in considerazione il precedente richiamato dal Tribunale di Milano (prima) e dalla Corte d’appello (poi) e costituito dall'ordinanza della Cassazione 7294/2011. Quest'ultima pronuncia ha chiarito – ancorchè in materia di usucapione – che nel giudizio volto all’accertamento della proprietà di un bene immobile per intervenuta usucapione, la circostanza che il bene sia destinato a pertinenza rispetto ad un altro bene di proprietà dell’istante non fa venire meno la necessità di procedere all’accertamento della proprietà, non potendo tale destinazione “pertinenziale” essere considerata, di per sé, alla stregua di un modo di acquisto della proprietà (conforme anche Cassazione, 3069/2006). Infine, sul tema vale evidenziare che gli articoli 817, 818 e 819 del Codice Civile non fanno alcun riferimento all'assetto proprietario delle pertinenze, limitandosi a fornire una descrizione del concetto di pertinenza, a chiarire che le pertinenze possono formare oggetto di separati atti o rapporti giuridici e/o a regolamentare i diritti dei terzi.
La decisione della Corte d’appello
L'appellante non ha fornito la prova di aver acquistato la proprietà esclusiva delle aree in oggetto (mappali 228 e 231) in base ad un valido titolo di provenienza. In proposito, si è limitato a richiamare gli atti prodotti in primo grado. I rogiti sono atti idonei a provare il trasferimento della proprietà delle unità immobiliari ivi specificatamente menzionate (e identificate), mentre la mera specificazione delle aree in essi contenute quali enti comuni ad uso di tutti i fabbricati del comparto non costituisce titolo specifico della proprietà esclusiva del condominio, se manca il titolo di acquisto delle medesime da parte del condominio. La Corte di appello ha quindi respinto l'impugnazione, confermando la sentenza di primo grado.