Lo scioglimento del condominio: questioni processuali, sostanziali e tecniche
Una recente sentenza del Tribunale di Milano dichiarava lo scioglimento del condominio e accertava la perdurante comunione, tra i condòmini, di alcuni beni
Lo scioglimento del condominio: questioni processuali, sostanziali e tecniche.
Una recentissima sentenza del Tribunale di Milano (Trib. Mi., sez. XIII civ., 17 gennaio 2022, n. 238, dott.ssa Savignano) dichiarava lo scioglimento del condominio in due unità separate, di cui una di proprietà esclusiva degli attori, e l'altra di proprietà dei restanti condòmini. Al contempo, accertava la perdurante comunione, tra i condòmini, del portone d'ingresso, dell'androne/passo carraio, del cortile, della portineria, del locale in cui sono posizionati i contatori dell'acqua e della porzione dell'impianto fognario sito nel cortile comune.
Tale sentenza, seppur non discostandosi dai precedenti giurisprudenziali, offre l'occasione per l'approfondimento di alcune questioni - sostanziali e processuali - legate allo scioglimento di un condominio.
Gli aspetti tecnici
Lo scioglimento del condominio, disciplinato dagli artt. 61 e 62 disp. att. cod. civ., si realizza quando il condominio si scinde in due o più edifici, creando separati fabbricati caratterizzati da autonomia strutturale. Condizione essenziale affinché si possa procedere allo scioglimento è l'autonomia delle unità immobiliari costituenti l'edificio e tale disciplina si applica anche se “restano in comune con gli originari partecipanti alcune delle cose indicate dall'articolo 1117 del codice” (art. 62 disp. att. cod. civ.).Nel caso di cui alla citata sentenza, il condominio «si compone di due corpi di fabbrica indipendenti e di un'area cortilizia comune».
Uno di tali fabbricati era di proprietà esclusiva degli attori ed era adibito ad uso commerciale, mentre l'altro comprendeva le unità immobiliari di tutti i restanti condòmini, destinate ad uso residenziale, ad eccezione di quelle poste a piano terra che erano adibite a negozi. Tale conformazione del Condominio veniva confermata dalla relazione del consulente tecnico nominato d'ufficio, il quale accertava che «i due fabbricati sono autonomi dal punto di vista strutturale ed anche statico, che essi sono stati costruiti in epoche diverse, e che gli impianti elettrici ed idraulici sono separati e provvisti di autonomi contatori».
i conseguenza, il Tribunale decideva che le parti del fabbricato «potevano essere separati dando vita a due distinti ed autonomi edifici a gestione separata, ossia una unica proprietà e un condominio».
La legittimazione attiva e passiva
Dal punto di vista procedurale, lo scioglimento del condominio è subordinato ad una decisione in tal senso da parte dell'assemblea condominiale - con deliberazione adottata con la maggioranza ex art. 1136, secondo comma, cod. civ. (maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell'edificio) - o del giudice competente su istanza di almeno un terzo dei comproprietari della parte dell'edificio di cui si chiede la separazione (art. 61, secondo comma, disp. att. cod. civ.).
Con riferimento allo scioglimento giudiziale, l'art. 61 disp. att. cod. civ. prevede che può essere proposto da “almeno un terzo dei comproprietari di quella parte dell'edificio di cui si chiede la separazione”. Nella sentenza analizzata, Il giudice meneghino, poiché tra le parti attrici - oltre ai nudi proprietari - vi era anche l'usufruttuario, dichiarava il difetto di legittimazione attiva di quest'ultimo essendo titolare di soltanto un diritto reale di godimento.Parimenti veniva dichiarato il difetto di legittimazione passiva dell'amministratore, perché la legittimazione è spettante soltanto ai singoli proprietari «la rappresentanza attribuita all'amministratore del condominio dall'art. 1131, secondo comma, c.c., rispetto a qualunque azione concernente le parti comuni dell'edificio, non si estende all'azione di scioglimento del condominio prevista dagli artt. 61 e 62 disp. att. c.c.».
Tale estensione era esclusa poiché, nell'ipotesi di scioglimento del condominio, alla «perdita del diritto di proprietà […] da parte di alcuni dei partecipanti al condominio originario» non segue «l'acquisto in capo agli altri partecipanti, essendo costoro già titolari del diritto sulle stesse parti comuni». Infatti, sulle parti rimaste in comproprietà degli originari partecipanti continuava ad applicarsi la disciplina del condominio (Cass. civ., 7 luglio 2000, n. 9096; Cass. civ., 16 marzo 1993, n. 3102). All'esito dello scioglimento, sarà «indispensabile modificare la tabella millesimale esistente […] e creare una nuova tabella millesimale relativa alle sole parti, e servizi, che resteranno comuni tra gli originari condomini».
La inammissibilità della domanda riconvenzionale risarcitoria.Altro tema affrontato da tale sentenza era l'ammissibilità o meno dell'estensione del thema decidendum ad opera di una domanda riconvenzionale formulata dai resistenti. Nello specifico, i condòmini imputavano agli attori plurime violazioni dell'art. 4 del regolamento condominiale e degli artt. 844, 1102, 1117, 1118 e 1119 cod. civ., con conseguenti danni alle parti comuni.
In particolare, gli attori avrebbero
(i) prodotto immissioni intollerabili;
(ii) lesionato la pavimentazione del cortile condominiale, creando una situazione di pericolo peer la clientela e i condomini;
(iii) occupato illegittimamente una parte del cortile condominiale, utilizzandolo per lo stoccaggio di merci e attrezzature;
(iv) importo l'apertura del portone condominiale sino alle ore 21, al solo fine di consentire alla clientela l'accesso al supermercato;
(v) consentito alla clientela di parcheggiare biciclette, lasciare incustoditi cani e abbandonare involucri e residui di merci acquistate, all'interno del cortile condominiale ed (vi) installato illuminazioni natalizie nell'androne e nel cortile, senza alcuna autorizzazione.
Il giudice meneghino si orientava nel senso che «la domanda di accertamento delle molestie e di condanna alla loro cessazione ed al risarcimento dei danni, compresi quelli alle parti comuni, è inammissibile perché […] non è cumulabile a quella di scioglimento parziale del Condominio, ai sensi dell'art. 33 cpc, alla quale non è connessa per il titolo e nemmeno per l'oggetto. Ed infatti, il titolo della domanda di scioglimento è l'esistenza di edifici ed impianti autonomi che possano essere divisi senza la necessità di opere edili, mentre l'azione formulata ai sensi dell'art. 844 c.c. ha ad oggetto il risarcimento dei danni aquiliani prodotti da immissioni intollerabili da un fondo ad un altro ed è finalizzata ad inibirle».
In conclusione, il Tribunale di Milano accoglieva la domanda di parte attrice poiché sussistevano i presupposti legali per la proposizione della domanda, dal momento che «(a) gli attori sono nudi proprietari e titolari dell'intera porzione dell'edificio che chiedono di separare, e non di un terzo soltanto dello stesso (art. 61, secondo comma, disp. att. c.c.) e (b) la divisione si può attuare senza modificare lo stato dei luoghi e non occorre realizzare opere edili (art. 62, secondo comma, disp. att. c.c.)». In definitiva, «a seguito dello scioglimento del Condominio, gli attori non sono più tenuti a contribuire al pagamento delle spese comuni relative allo stabile che resterà condominiale […] non vantando più diritti reali sulle altre parti comuni».