Condominio

Nell’esercizio di un’azione reale, il supercondominio deve dimostrare la titolarità del diritto ad agire

Nella fattispecie, l’ente di gestione citava in giudizio i proprietari di un fondo confinante che, nell’eseguire i lavori, avevano danneggiato alberi e marciapiedi di proprietà dello stabile

immagine non disponibile

di Rosario Dolce

Il Tribunale di Roma con la sentenza numero 12074 del 28 luglio 2022 rileva e dichiara il difetto di legittimazione ad agire dell'amministratore in tema di esercizio di un’azione reale contro il proprietario di un fondo limitrofo, illustrando la diversa tipologia di azioni di natura reale a disposizione e gli esatti equilibri probatori per legittimarne esercizio e tutela.

Il caso

Un supercondominio romano conveniva in giudizio la proprietà di un fondo confinante, chiedendo di accertare e dichiarare l'illegittimità di tutte le aperture e/o accessi realizzati che immettevano al relativo capannone industriale e, per l'effetto, domandando la condanna «alla chiusura delle aperture, ripristinando a perfetta regola d'arte il muro, la recinzione, il marciapiede e impiantando alberi dello stesso tipo e dimensioni di quelli abbattuti». L'impresa confinante - per quanto è dato leggere nella narrativa dell'atto – aveva, dietro autorizzazione amministrativa, smantellato parte del muro e della rete di confine, abbattuto alcuni alberi ed eliminato parte del marciapiede tutti facenti parte della proprietà dello stabile senza autorizzazione da parte di quest'ultimo.

La posizione del giudice

Il giudice capitolino, tuttavia, con la sentenza in disamina, dispone il rigetto della domanda del supercondominio per difetto di legittimazione attiva. In primo luogo, viene declinata in sentenza la distinzione tra la legittimazione ad agire (che individua la titolarità del diritto ad agire in giudizio e che manca tutte le volte in cui, dalla stessa prospettazione della domanda, emerga che il diritto vantato in giudizio non appartiene all'attore) dalla titolarità del diritto fatto valere in giudizio (che è uno degli elementi costitutivi della domanda). In secondo luogo, viene precisato che, per ottenere il riconoscimento di un diritto, è necessario allegare e provare i fatti che ne costituiscono il fondamento ex articolo 2697 Codice civile (il diritto reale non è il diritto oggetto della domanda, ma è un elemento costitutivo di quel diritto).

Le azioni di natura reale

In quanto tale, il giudice capitolino distingue l'azione negatoria servitutis , da quella di rivendica e dalla confessoria servitutis . Invero l'attore, con la prima, si propone quale proprietario e possessore del fondo, chiedendone il riconoscimento della libertà contro qualsiasi pretesa di terzi; con la seconda, si afferma proprietario della cosa di cui non ha il possesso, agendo contro chi la detiene per ottenerne, previo riconoscimento del suo diritto, la restituzione; con la terza, infine, dichiara di vantare sul fondo, che pretende servente, la titolarità di una servitù.

La proprietà del fondo è comprovata solo da un titolo valido

Pertanto, sotto il profilo probatorio, nel primo caso chi agisce in giudizio deve dimostrare, con ogni mezzo e anche in via presuntiva, di possedere il fondo in forza di un titolo valido. Allorché, invece, agisca in rivendica, deve fornire la piena prova della proprietà, dimostrando il suo titolo di acquisto e quello dei suoi danti causa fino ad un acquisto a titolo originario. Da ultimo, nell'ipotesi di confessoria servitutis, ha l'onere di provare l'esistenza della servitù che lo avvantaggia (Cassazione civile, Sezione terza, sentenza numero 472 /2017).

Orbene, posto che l'azione del condominio è stata qualificata come negatoria servitutis, quest'ultimo aveva l'onere di dimostrare la titolarità del diritto sul fondo servente, pur non essendo onerato di una vera probatio diabolica, come nell'azione di rivendica. Tuttavia, il supercondominio - per quanto si apprende in sentenza - non ha allegato alcun titolo in grado di dimostrare l'assunto sulla titolarità del fondo interessato alle opere (anzi, emergeva che lo stesso fosse stato ceduto, un decennio addietro, dal dante causa del supercondominio al comune di Roma per opere di urbanizzazione primaria), per cui la domanda formulata da parte dell'amministratore è stata respinta in via pregiudiziale per difetto di legittimazione ad agire.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©