Condominio

Nessuna soccombenza per il condominio nel caso in cui la delibera venga dichiarata inesistente

Se è tale di fatto è improduttiva di effetti, e non può dunque arrecare alcun concreto pregiudizio

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di Ivana Consolo

Con lordinanza civile numero 1367 emessa dalla Cassazione in data 18 gennaio 2023 , viene fornita esaustiva spiegazione a ciò che accade per il condominio qualora vi sia la declaratoria giudiziale di inesistenza di un deliberato d’assemblea. La Cassazione argomenta in modo puntuale circa l’impossibilità che il condominio possa risultare soccombente all’esito del giudizio avviato da un condòmino per l’impugnazione di una delibera, e conclusosi con una sentenza che va ad incidere pesantemente sulla validità dell’atto. È di tutta evidenza come un tale provvedimento appaia decisamente interessante, soprattutto in considerazione di quelle che possono essere le sue ricadute pratiche.

I fatti di causa

La vicenda che fa da sfondo alla pronunzia in esame, vede contrapporsi compagine condominiale e singola condòmina, ed ha ad oggetto l’impugnazione di ben due delibere assembleari: una in tema di ripartizione spese, e l’altra in tema di tabelle millesimali.Più precisamente, una condòmina aveva citato in giudizio il condominio contestando la validità delle delibere in parola, di cui chiedeva venisse dichiarata la nullità con sentenza.In primo grado, la domanda azionata dalla condòmina veniva accolta in parte: una delle due delibere (quella in tema di ripartizione spese) veniva dichiarata nulla e l’altra no. In appello, il condominio chiedeva che venisse revocata la declaratoria di nullità decisa dal Tribunale.

La Corte d’appello di Milano, nelle motivazioni della sua sentenza, argomentava circa l’inesistenza della delibera dichiarata nulla; in buona sostanza, i giudici di secondo grado sostenevano che affinché una delibera possa ritenersi affetta da un vizio di nullità, è pur sempre necessario che la stessa sia identificabile e qualificabile come espressione (sia pur viziata) della volontà dei condòmini riuniti in assemblea. Nel caso di specie, risultava dal verbale che non vi fosse stata alcuna manifestazione di volontà da parte dei condòmini a proposito della ripartizione delle spese; da qui la declaratoria di inesistenza.

L'appello del condominio veniva tuttavia rigettato, ciò in quanto era stato chiesto che venisse revocata la dichiarazione di nullità resa dal primo giudice, con la conseguenza di far rivivere un'ipotetica delibera assembleare di contenuto inesistente, e come tale inidonea a produrre qualsivoglia effetto giuridico.Per nulla soddisfatto dell’esito del giudizio d’appello, il condominio ricorre in Cassazione, adducendo quale unico motivo di ricorso l’esistenza di un contrasto tra il dispositivo del provvedimento e la sua motivazione.

La disamina della Cassazione

A questo punto diviene interessante capire come i giudici di Piazza Cavour dirimono la controversia sottoposta al loro autorevole vaglio.Ebbene, secondo la Cassazione, nella sentenza della Corte territoriale non è ravvisabile alcun contrasto tra dispositivo e motivazione; il provvedimento appare del tutto idoneo a consentire l’individuazione del concreto comando giudiziale di rigetto dell'impugnazione del condominio, in conformità con le considerazioni svolte nella motivazione.Ma questa prima valutazione, non deve condurre a conclusioni affrettate.La sentenza di secondo grado si presenta egualmente viziata, ed il problema sta tutto nella presenza di un contrasto irriducibile tra affermazioni del tutto inconciliabili fra loro.

Più precisamente, a fronte dell’impugnazione di una deliberazione di assemblea accolta dal giudice di primo grado con declaratoria di nullità, ed a fronte dell'appello del condominio soccombente che chiedeva di revocare la dichiarazione di nullità della delibera, la sentenza di secondo grado ha ravvisato addirittura l’inesistenza della deliberazione. E tuttavia, ha statuito che l'appello del condominio dovesse essere rigettato, per essersi questo limitato a richiedere di revocare la declaratoria di nullità pronunciata su domanda della controparte.A questo punto, gli ermellini ritengono di dover procedere con una disamina in punto di diritto.

La delibera inesistente

Una deliberazione condominiale può dirsi inesistente quando non possa proprio individuarsi in essa l'espressione di una volontà riferibile alla maggioranza.Nel caso di un delibera siffatta, i condòmini non hanno alcun interesse ad agire per l'impugnazione della stessa, in quanto essa è di fatto improduttiva di effetti, e non può dunque arrecare alcun concreto pregiudizio ai loro diritti.Ciò posto, i giudici di Piazza Cavour si soffermano sulle conseguenze di un giudizio che si concluda con l’accertamento dell'inesistenza della deliberazione assembleare impugnata da un condòmino.

Ebbene, l’esito di tale procedimento non può essere la soccombenza del condominio resistente; difatti, a restare soccombente deve pur sempre essere la parte che abbia azionato una pretesa accertata come infondata, o resistito ad una pretesa fondata, e si sia perciò vista negare o togliere un bene della vita a vantaggio dell’avversario. Alla luce di queste considerazioni logico-giuridiche, la Cassazione conclude nel senso che il ricorso del condominio meriti di essere accolto, e la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio alla Corte territoriale, in diversa composizione.

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