Condominio

Non è obbligatorio inviare la richiesta di convocazione assembleare al domicilio dell’amministratore

Per essere valida basta farla arrivare al recapito comunicato dopo l’accettazione dell’incarico

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di Camilla Curcio

La richiesta di convocazione dell’assemblea non deve essere necessariamente inviata all’indirizzo di domicilio, residenza o dimora dell’amministratore ma può arrivare al recapito comunicato contestualmente all’accettazione della nomina. A chiarirlo è stata la seconda sezione civile della Cassazione con l’ordinanza 5319/2023, depositata il 21 febbraio.

I fatti di causa

Una condomina aveva impugnato, davanti al Tribunale di Roma, la deliberazione di nomina dell’amministratore approvata dall’assemblea convocata su iniziativa di alcuni aventi diritto conformemente alle prescrizioni previste dall’articolo 66, comma 1, delle Disposizioni di attuazione del Codice civile. La donna ha notificato l’invalidità dell’operazione, sottolineando come l’avviso di convocazione non riportasse i nomi di quanti avevano indetto il consesso. Provando che il conferimento dell’incarico era stato validato da una successiva delibera assembleare e dichiarando cessata la materia del contendere, il giudice di primo grado ha rigettato il ricorso. E, sulla base del principio della soccombenza virtuale, ha ordinato la compensazione delle spese di lite tra le parti.

La posizione della Corte d’appello

La contesa è arrivata davanti alla Corte d’appello, dove è stata denunciata una «violazione della normativa inderogabile in materia di autoconvocazione dell’assemblea». A detta della ricorrente, infatti, la richiesta di convocazione aveva infranto le regole previste dall’articolo 66. Pertanto, non poteva in alcun modo essere considerata valida perché inviata a un indirizzo non idoneo, quello del condominio, e non al domicilio dell’amministratore. Non solo: a corroborarne l’inefficacia, era subentrata anche l’assenza di sottoscrizione e/o di riferimenti ai soggetti che avevano spedito la richiesta e che non rappresentavano neppure un sesto del valore dell’edificio, come imposto dalla legge.

Respinto l’appello, la Corte ha chiarito che «l’articolo 66 non prevede alcuna forma particolare» per l’invio all’amministratore della richiesta di convocazione assembleare e per la convocazione diretta da parte dei condòmini. Sciolti anche i nodi del luogo di invio e della sottoscrizione: quanto al primo punto, i giudici hanno stabilito che potesse essere identificato con lo stabile condominiale, data la presenza di una portineria e di una sala dove organizzare le riunioni. Sul secondo, invece, hanno evidenziato come, contrariamente a quanto descritto, la richiesta non fosse anonima ma risultasse corredata di una lettera di chiarimento redatta dai soggetti che ne avevano assunto la paternità.

Regole per la convocazione dell’assemblea

Mettendo in discussione la pronuncia di merito in Cassazione, la condomina ha rinnovato l’accusa di falsa applicazione delle norme nei confronti della Corte d’appello. Che, a suo dire, aveva reputato valida una richiesta di convocazione che non era stata inoltrata a un recapito idoneo (al domicilio o allo studio professionale dell’amministratore). Tesi confermata anche dalla giacenza della raccomandata. E, immancabilmente, è ritornata sulla questione della mancata sottoscrizione.

Al netto di un esame congiunto, i due motivi sono stati reputati infondati. Secondo l’articolo 66, infatti, l’assemblea può essere convocata dall’amministratore, oltre che quando lo ritenga necessario, «anche quando ne è fatta richiesta da almeno due condòmini che rappresentino un sesto del valore dell’edificio». Nel caso in cui la richiesta non venisse accolta entro dieci giorni, è possibile procedere autonomamente con la convocazione tramite un avviso che riporti i nominativi di chi prende iniziativa (non è necessaria la firma di tutti i partecipanti) e i contenuti previsti dalla norma.

In ogni caso, come ribadito dagli ermellini, la normativa non impone alcuna forma tassativa per l’invio della richiesta e per la convocazione diretta da parte dei condòmini, «bastando evidentemente, perché produca l’effetto della decorrenza del termine dei dieci giorni, che giunga nella sfera di conoscenza dell’amministratore».

Vale il recapito comunicato dopo la nomina

Quanto al recapito, non deve necessariamente corrispondere al domicilio, alla residenza o alla dimora di chi si occupa della gestione del palazzo, identificandosi piuttosto con il luogo comunicato dopo l’accettazione del ruolo o col recapito appositamente affisso sul luogo di accesso al condominio (articolo 1129, comma 2 e comma 5 del Codice civile).

Il verdetto della Cassazione

La Cassazione, quindi, ha bocciato la domanda della condomina e, verificata la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ha predisposto a suo carico la corresponsione di un contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso.

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